Anche stamattina mi sveglio sola. Apro gli occhi lentamente e li stropiccio accartocciandomi tra le coperte.
Un leggero picchiettio sulla parte sinistra del cranio mi ricorda che ieri sera ho bevuto troppo; sento pesantezza e dolore non solo fisico.
Mi giro e mi rigiro e decido di rimanere chiusa in questo bozzolo ancora per un po'.
La mente offuscata, ricordi sbiaditi di una serata di fine anno.
Il ronzio nelle orecchie e la musica rimbombante, che mi risuona dentro come la grancassa di una banda di paese.
Cerco rifugio nel tepore del cuscino, che col suo colore pastellato azzurro cielo mi trasmette un pizzico di calma; mi rendo però conto di essere infastidita dal senso di solitudine e di silenzio che aleggia nella mia camera da letto.
Ho creduto di averci fatto l'abitudine ed invece il vuoto profondo che ho nell'anima é oramai smisurato paragonato al Gran Canyon e quindi, assai difficile da colmare.
I miei occhi secchi e sbavati di trucco si inumidiscono a tal pensiero ed il mal di testa si fa più opprimente, costringendomi ad alzarmi a prendere una bustina di quel pesante antinfiammatorio, che hanno persino ritirato dal commercio.
Lo stomaco mi si contrae, gli arti intorpiditi faticano a coordinarsi.
Torno a letto senza accorgermi dell'insistente squillo del telefono di casa.
Indifferente a qualsiasi stimolo esterno proseguo la mia quiescenza.
Due ore dopo riapro gli occhi e lo spettacolo é il medesimo.
L'aria della stanza gelida e il mio cuore in pezzi.
Non riesco a reagire.
Lo squillo del telefono interrompe i miei pensieri e questa volta mi costringe a rispondere.
Valentina preoccupata mi chiede che fine avessi fatto.
Lui é lì, nella mia mente. Indelebile come un tatuaggio.
Singhiozzo al telefono come una bambina e tra una parola e un'altra fatico a respirare.
Valentina cerca di calmarmi e si offre di passare a farmi visita in mattinata.
Arriva dopo un paio d'ore, durante le quali sono riuscita a farmi una doccia e un caffè.
Acciambellata sul divano sotto alla coperta le racconto come lui se n'è andato, recitando le esatte parole come una poesia imparata a memoria.
Valentina cerca di infondermi coraggio screditando quel soggetto che fino a qualche mese prima era il mio mondo, la mia linfa, la mia ragione di esistere.
Concordo su molte sue affermazioni, ma non ho la lucidità o la freddezza di ammetterlo a me stessa.
Che non fosse il tipo adatto a me l'avevo capito fin da subito, ma come in ogni inizio, ci si butta a capofitto e ci si plasma ad immagine e somiglianza dell'altro, oltre che per compiacerlo, anche per dimostrare a se stessi e al mondo intero di aver finalmente trovato l'anima gemella e di non essere così complicate da non reperire, in un universo di persone, quella che più rispecchia il nostro ideale.
Valentina non era certo una donna ambiziosa o sofisticata e, sistemandosi prima dei trent'anni, si era infatti accontentata di stare con un bravissimo ragazzo, ma con limiti oggettivi dati da una mentalità ed educazione vecchio stampo, che la tarpavano, la condizionavano e che prima o poi sarebbero stati la sua clausura.
Ma, la sua disponibilità ed il suo conforto ora sono a mia disposizione e quanto sto male è il motivo per cui lei si trova nel mio salotto, non certo per analizzare i limiti del suo fidanzato.
"Non ti sei ancora stancata di piangere?"
"No! Piangerò finché avrò lacrime."
Valentina se ne va all'ora di cena dimostrandosi poco comprensiva e per nulla clemente nei confronti di Marcello, date le pessime condizioni in cui mi trovo a causa sua.
Mi addormento sul divano infagottata come in un sacco a pelo al campeggio in una notte estiva.
Con Marcello é stato amore a prima vista. Al bar della stazione mi ha offerto la colazione senza nemmeno sapere chi fossi perché ero in difficoltà con la moneta.
Tutte le mattine prendeva il treno delle 7,19, quello strapieno di pendolari.
Io andavo dalla parte opposta ma, da un binario all'altro ci scrutavamo.
Intellettuale per natura, biondo come uno svedese, fumatore incallito e parlantina da agente immobiliare qual è.
Io ho sempre odiato il fumo ma, era eccitante l'odore della sigaretta sulle sue labbra quando mi baciava.
Mi desto di soprassalto, sudata come dopo una corsa, con palpitazioni al centro del petto e malessere diffuso.
Tento di raggiungere il bagno al piano di sopra, prima che i conati di vomito generino una tempesta di schizzi che nemmeno un esorcista ha mai domato durante un maleficio.
Scavallo il tappeto bianco del bagno per un soffio ed abbraccio la tazza del water per almeno 45 minuti.
Mi rendo conto di aver bisogno di un supporto psicologico per affrontare la delusione e l'assenza provocata da Marcello, ma soprattutto per aumentare la scarsa autostima che mi ritrovo dopo le motivazioni addotte per lasciarmi.
Soffro di gastrite, colite nervosa, somatizzo emozioni negative e situazioni non elaborate, diventando ogni giorno più magra, irrequieta, nevrotica ed ansiosa e dopo le sue accuse ho il dubbio di essere addirittura frigida.
Il suono del telefono mi sveglia dal mio sonno avvenuto tra il bordo del tappeto bianco del bagno e le fredde piastrelle bianche e nere, che sono sempre state il mio sogno, ma che in quel momento mi fanno sentire come una pedina rovesciata a testa ingiù su una scacchiera.
Non so che ore sono e da quanto tempo sono riversa a terra.
Il telefono non smette di suonare.
Valentina non può essere, perché l'ho vista ieri sera.
Può essere Marcello, che con questa insistenza mi vuole comunicare qualcosa di importante.
Scendo le scale e arrivo all'apparecchio telefonico.
È mia madre.
Mi riferisce qualcosa a proposito del pranzo domenicale; non l'ascolto se non quando mi spiffera che per l'occasione verrà anche un amico del cugino Andrea.
Faccio una smorfia e penso tra me e me che mi vogliono appioppare l'emarginato di turno.
Riaggancio la cornetta e mi affloscio sul divano.
Fuori nevica e la mia intenzione è di ritornare sotto alle coperte.
Non ho idea dello scandire del tempo.
Dormo, mi sveglio, dormo e mi risveglio.
Nella testa gli stessi pensieri da giorni.
È inaccettabile dirmi che sono frigida sulla base del fatto che mi ci vuole un po' prima di raggiungere l'orgasmo.
Lui, uomo d'esperienza, chissà quante volte è stato fregato dalle donne che hanno finto simulando versi, gemiti e mugulii e l'hanno rassicurato sulle sue doti di grande amatore.
Beh, non siamo tutte uguali.
Io ho i miei tempi.
Ad esempio in piedi, nemmeno dopo un'accurata stimolazione riesco a provare davvero piacere.
Mi assillo. Mi arrovello di ipotesi e domande.
Non mangio.
La prossima settimana dovrò tornare al lavoro; non posso di sicuro farlo con questa faccia.
Mi guardo allo specchio e ho gli occhi contornati di marrone scuro ed il volto scavato.
Decido di farmi una doccia e di ripulire casa.
Domenica sembrava così lontana ed invece oggi è già sabato.
Questa è stata la settimana del riordino, mentale e fisico.
Salgo sulla bilancia e risulto dimagrita di tre chili, non mangiando, vomitando e piangendo, ma non consiglio a nessuno questo regime dietetico.
Oggi ho deciso di forzarmi a mettere il naso fuori di casa.
Indosso pantaloni di velluto neri, maglioncino a righe bianco e nero, giaccone, scarponcini e guanti.
Tutto rigorosamente nero.
L'aria è pungente, ma piacevole sul viso.
Passo dal fruttivendolo di quartiere e compro tutto ciò che mi serve per rimettermi in forma: arance per spremute, carote, cipolla, sedano e zucchine per un minestrone di stagione.
Ho deciso di risorgere dalle ceneri come l'araba fenice, di riscattarmi e di nuovo lucida, capisco che non si può ridursi a larva dopo giorni e giorni di reclusione per un uomo che ti accusa di essere tecnicamente incapace, fisicamente insensibile e ti tradisce con la prima sciacquetta che trova in discoteca.
Con questo pensiero propositivo svolto l'angolo e me lo trovo davanti, che condivide con lei un bicchiere di fumante vin brulé.
Sono in ritardo per il pranzo domenicale.
Ho faticato a prendere sonno e le condizioni al rientro a casa non erano per nulla buone dopo aver incontrato Marcello e futura consorte che si scambiavano effusioni per scaldarsi.
Non sono riuscita a sostenere lo sguardo ed ho inforcato il marciapiede di fronte pur sapendo che casa mia si trova dall'altro lato del parco.
Ora, oltre ad essere in ritardo, non so cosa indossare di ampio ed abbondante per mimetizzare i chili persi e che si intoni col colore verdognolo-marrone che ho sotto agli occhi.
Fortunatamente siamo in una stagione in cui ci si può coprire con maglioni larghi e opto per questa soluzione, sfinita, dopo aver riversato l'intero armadio sul letto.
La casa dei miei genitori si trova fuori città e, dato l'uso eccessivo di ansiolitici e sonniferi dei giorni precedenti, decido di prendere il treno per raggiungerla, accumulando però ulteriore ritardo; il paesaggio delle campagne circostanti spruzzate di neve, osservato dal finestrino opaco, mi provoca malinconia e torpore.
Ad aprirmi la porta il cugino Andrea con un sorriso beffardo di chi ha in mente un piano diabolico.
Dopo i saluti e le mille scuse per i miei tempi dilatati, dato che stanno già tutti mangiando il secondo, mi ritrovo seduta di fianco a Giovanni.
Non si può dire che è brutto, ma io sono nauseata al pensiero di investire di nuovo il mio tempo, i miei sentimenti e le mie emozioni con un uomo, quindi mi dimostro antipatica e poco socievole.
All"arrivo del secondo con verdure di stagione, mi confida, di sua spontanea volontà, che ha appena chiuso un relazione durata anni con una musicista professionista, che spesso partecipava a concerti all'estero, trascurando lui, la casa ed il gatto che avevano comprato insieme.
Dopo un bicchiere di vino rosso, scopro anche che alcuni uomini hanno una sensibilità e una fragilità tipicamente femminile.Al primo boccone di formaggio e miele, avendomi scambiata per una psicologa mancata, mi bisbiglia dettagli intimi di una storia finita tra mancanze e silenzi.
Mi rincuora sapere di non essere l'unica persona il cui rapporto è naufragato per problemi legati alla sfera sessuale.Mi accorgo che come sempre l'apparenza inganna e la forma è ben diversa dalla sostanza.
Molte unioni proseguono per evitare scandali familiari e la distanza e gli impegni musicali di lei, sono solo alcuni dei tanti motivi che hanno fatto naufragare il loro rapporto.Dopo il tortino al cioccolato, annuisco col capo comprendendo appieno le ragioni del suo sfogo e la voglia di raccontare a tutti la sua parte di verità.
È la stessa sensazione che provo anch'io ed in una frazione di secondo mi scorrono nella mente i mille fotogrammi della mia storia, di come sarebbe potuta andare avanti nonostante le nostre diversità e di come tristemente si è invece conclusa.Giovanni parla, parla, parla; io mi assento tra i miei pensieri e le ipotesi amare e reali del mio epilogo.
La noia secondo me è quasi sempre laprincipale causa; ci si stanca e ci si rifugia in una terza persona che si insinua nel rapporto.
Al caffè, ho voglia di andarmene a casa, di ritornare tra quelle quattro mura che mi fanno sentire protetta; probabilmente è stato troppo presto evadere, trovarmi a contatto con altra gente.Giovanni ha fatto riaffiorare il malumore e la diffidenza nei confronti dell'intero genere umano e le sue parole ora suonano fastidiose alle mie orecchie.
Senza essere maleducata, all'arrivo del limoncino, mi alzo, saluto e scappo all'aria aperta, rinunciando all'opportunità di offuscare il mio cervello lievemente con l'alcool.
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SIMONA
Short StorySimona la protagonista Valentina l'amica del cuore Marcello ex fidanzato Andrea cugino Giovanni nuovo amore