Capitolo 2- Flashback

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Qualche minuto dopo Gioia era ferma sul marciapiede, le gambe incrociate, e batteva nervosamente la punta del piede in attesa della madre. Per la prima volta da quella mattina notò com'era vestita. Si trovò bella e se ne compiacque, con quel narcisismo insicuro che talvolta affiora anche nelle persone meno vanitose. In quel momento sentì una voce che la chiamava provenire proprio da dietro le sue spalle. Si voltò: si trovò davanti una ragazza alta e snella, dai lunghi capelli biondi e dall'aria sveglia. La conosceva bene: era Francesca, quella che, ahimé, era stata la sua migliore amica per buona parte delle scuole medie. Era un incontro inatteso e sul volto di Gioia si dipinse un'espressione meravigliata. "Ehi, da quanto tempo non ci vediamo" esordì Francesca. Era chiaro che la ragazza voleva chiederle qualcosa, ma Gioia non lasciò trasparire la propria impazienza. "Già, tutto bene?" rispose allora, con fare distaccato. Superati i convenevoli, Francesca proseguì: "Ti andrebbe di uscire oggi pomeriggio? Solo io e te, come ai vecchi tempi". Panico. Gioia non sapeva assolutamente cosa rispondere, tuttavia qualcosa nel tono della ragazza le suggerì che potesse essere cambiata da quella volta e, d'istinto, disse che le avrebbe fatto molto piacere. "4:30 sotto casa tua allora" esclamò l'altra, e sorridendo si allontanò.

Non appena Gioia si accomodò sul sedile dell'auto, fu tempestata di domande dalla madre. Ancora elettrizzata per gli incontri avvenuti poco prima, rispose con grande entusiasmo. Era una bella giornata e, finito di mangiare, la ragazza si precipitò in camera come faceva sempre: amava la solitudine, soprattutto negli ultimi tempi, ma sentiva che il richiamo della vita stava tornando irresistibile. Osservò la stanza, immersa nella piena luce del primo pomeriggio e pensò se sarebbe cambiata insieme a lei, con il passare degli anni. Allora, colta dalla nostalgia per quei ricordi che era determinata a lasciare dietro di sé, osservò gli oggetti sparsi per la camera come se fosse l'ultima volta. In un angolo erano impilati dei libri dalle copertine sgargianti, mentre su una mensola giaceva la sua vecchia Wii, tutta impolverata. L'irrealtà tangibile di quel momento le ricordò un racconto che aveva letto per caso qualche tempo prima: "Eveline", le sembrava si chiamasse. Sentì sbattere la porta e suo fratello minore, Simone, entrò di corsa.
"Ciao Gioia! Allora, com'è andata?"
"È stato fantastico. Beh, almeno credo...Non si fa granché il primo giorno di scuola. Hai per caso visto la mia chitarra?"
"Sì, è in camera mia"
Gioia guardò il fratello con sguardo di rimprovero, ma quello scrollò le spalle divertito.
"Quante volte ti ho detto che non devi toccarla? Spera di non aver combinato qualche guaio, o finisce male". Parlava cercando di rimanere seria, ma l'indifferenza del fratello rendeva la scena irresistibilmente comica.
Suonò il campanello al piano inferiore. Gioia sentì la porta aprirsi e la madre gridare. Scese le scale e salutò Francesca, immobilizzata nell'ingresso dall'imbarazzo. La madre di Gioia sapeva che cos'era successo, quasi un anno prima? Il dubbio le stringeva lo stomaco: di certo si era accorta della fine della loro amicizia. Nonostante ciò, la donna si comportò con grande gentilezza e le due ragazze uscirono di casa come se non ci fosse nulla di insolito. Gioia sbuffò al pensiero che avrebbe dovuto parlare con sua madre dell'incontro con Francesca al suo rientro a casa. Ora però doveva cercare di godersi il momento; forse poteva addirittura illudersi che tutto sarebbe tornato a posto, ma sentiva che qualcosa con quella persona si era guastato definitivamente. Ragionava su tutto ciò e contemporaneamente parlava con Francesca: si sa, le donne sono multitasking...Fu un piacevole momento, l'inizio della rivincita di Gioia. Percorsero molti dei viali alberati che circondavano gli isolati e che in quel periodo dell'anno cominciavano a tingersi dei piacevoli colori autunnali. Il vento in sottofondo adagiava le prime foglie sull'asfalto e le due giovani, non badando al ciclo della natura che volgeva alla fine, discutevano del più e del meno, colmando a poco a poco il vuoto che si era creato fra di loro. Parlarono di scuola, di musica, di film e di molte altre cose. Quando Francesca iniziò a parlare dei propri amici maschi e delle sue prime esperienze, Gioia non poté fare a meno di ripensare alla mattinata appena trascorsa: quel ragazzo aveva risvegliato in lei desideri che ancora ignorava; le aveva fatto perdere completamente la testa. Proprio quel tema così delicato che sono i ragazzi evidenziò una volta per tutte la differenza che si era formata tra le due: Francesca chiacchierava con disinvoltura di qualsiasi argomento, mentre Gioia manteneva quel pudore che l'inesperienza nel "settore" aveva conservato.
Insomma, fu una gran bella giornata e si divertirono un sacco. Fecero anche un salto al vecchio parco giochi, che conservava una gran quantità di ricordi. Gioia rivisse quegli istanti giusto prima di addormentarsi e lo fece con una spensieratezza che non conosceva da tempo. Inoltre, i discorsi di Francesca le avevano fatto provare il brivido della trasgressione: stupendo.
La notte non trascorse però altrettanto bene. L'incubo sin troppo reale che aveva affollato le sue nottate per parecchio tempo, trasformandole in veglie insonni, era tornato. Gioia tornava a rivivere le prese in giro dei compagni, sempre più pesanti, l'isolamento forzato delle ricreazioni, le umiliazioni a cui era stata sottoposta. Sì, era stata vittima di bullismo e a nulla era servito rivolgersi ai professori. Ma no, non ce l'aveva con loro, e nemmeno troppo con i genitori che avevano protetto i propri figli a qualunque costo, in fondo in fondo convinti che trattarla in quel modo non fosse nulla di così grave. Ce l'aveva a morte soltanto con i ragazzi che in prima persona la avevano resa quel che era, una ragazza ancora piena di speranze ma priva di amici. Ricordava ogni singola volta che era stata rinchiusa in uno sgabuzzino o nell'armadio di classe, che qualcuno le aveva rubato le scarpe in spogliatoio e le aveva messe sotto la doccia, che era stata costretta a sentirsi rivolgere qualsiasi insulto o apprezzamento sconcio. E soprattutto ricordava quanto avesse sofferto quando anche Francesca le aveva voltato le spalle per essere parte del gregge. Sentì ancora pulsare la ferita sul cuore quando nel sonno le ritornò in mente quell'episodio. Si trovava ad una festa, nella grande villa di Victoria, la figlia di papà che tanto la disprezzava ma che alla fine non aveva avuto le palle di non invitarla. Gioia non era il tipo di ragazza che si scatenava in pista, perciò se ne stava tranquilla in un angolo, la schiena appoggiata al muro, con in mano un bicchiere di Coca-Cola. La musica ad alto volume faceva vibrare le casse e le luci colorate illuminavano la pista da ballo. Alcuni ragazzi di sfregavano l'uno sull'altra o si baciavano appassionatamente, mentre lei stava lì come una perfetta sfigata. Ecco, un gruppo di ragazze, tra cui la padrona di casa, le si avvicinarono, visibilmente ubriache. Non aveva visto alcol alla festa, evidentemente avevano preferito tenerlo tutto per sé. Tra di loro c'era anche Francesca.
"Ehi bella, non ti fai nessuno stasera? Ti vedevo bella carica, pronta a fare la zoccoletta come sempre"-le disse Victoria con disprezzo. Francesca rise sguaiatamente e l'altra decise di metterla alla prova:"Ma quindi tu saresti sua amica?"
"Ma ti pare? Io nemmeno l'avrei invitata 'sta scema. Andiamocene" rispose.
Fu come uno schiaffo in pieno viso: era tutto così reale. Il respiro di Gioia divenne affannoso e la ragazza si svegliò, tutta sudata.

A life in troubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora