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«Papi, perchè si mette l'acetone nella coca?»


Maria era una graziosa piccerella. Occhi vispi, capelli neri, mossi, lucenti, dai riflessi verdi, azzurri, gialli, che alla luce del sole diventavano splendenti. Profumavano di balsamo alla ciliegia, di zucchero, vaniglia, e aveva un sorriso così innocente, fragile come cristallo,disarmante come un paesaggio estivo, come il sole che affoga nel mare al tramonto. Era di una bellezza acerba e prorompente, fresca come l'acqua di sorgente. Insomma, con quel basso buio, umido e freddo,nascosto in uno stretto vicoletto di Forcella, non c'entrava proprio niente. Era piuttosto difficile credere che Maria fosse la figlia di Totore Bunghete Banghete, noto spacciatore della zona. Un vero fetente.

«Marì, tu sei troppo piccola per questi discorsi. Piuttosto, se la maestra a scuola ti chiede che lavoro fa tuo padre, tu che le rispondi?»

«Che sei disoccupato. Come mi hai sempre detto.»Rispose la bimba ingenuamente.

«Brava.Sei una bambina in gamba, intelligente. Adesso vieni, presto, le bustine, devi nasconderle sotto la maglietta. Te lo ricordi che devi fare se bussano gli sbirri?»

«Sì, devo prendere le bustine e buttarle nel gabinetto. Poi devo correreda zio Totonno. Lui farà il resto.»

«Si o'core mio.» Disse il padre accarezzandole la testa. Poi la strinse forte, la prese in braccio, e le diede un bacio fortissimo sulla guancia.

«Adesso vai, tuo fratello ti sta aspettando.»


Maria non aveva capito bene che lavoro faceva il suo babbo. Lo vedeva armeggiare con tutta quella polvere, bianca come il marmo. Chiuso in una stanza piccola, senza finestre. Lo vedeva indossare sempre una strana maschera di plastica. Poi lo vedeva pure armeggiare con una bilancia. E lo sentiva fare strani discorsi. «Discorsi da grandi» le diceva quando faceva troppe domande.

«Forse in quelle bustine papà ci mette il borotalco.»

Disse una volta la bimba giocando con le bambole. Poi, pensandoci bene, realizzò che non poteva essere. Primo, perché  il borotalco ha un gradevole profumo di lavanda. Secondo, perché non ci sarebbe stato niente di male nel dirlo alla maestra.

«Papà spaccia bustine al borotalco.»

Era la frase che ripeteva sempre allo specchio, da sola, nella sua stanza.

Avrebbe tanto voluto dirlo a tutti. Come faceva Rosaria, la sua compagna di banco. Suo padre faceva il pizzaiolo al Trianon. E lei era molto fiera quando parlava del babbo, le brillavano gli occhi quando spiegava come faceva l'impasto, come infornava le pizze, quando descriveva quanto erano buone e quanti complimenti riceveva dai turisti.

«Tuo padre, invece, di che si occupa?» Le chiese un giorno la supplente.

«Mio padre non si occupa di niente.»

«E tua madre?

«Mia madre è casalinga.» Mentì spudoratamente. Allora abbassò gli occhi, sul banco, e si mise a piangere.


«Marì, datti una mossa, si sta facendo tardi.»

Suo fratello stava diventando insofferente. A proposito, si chiamava Alfonso. Era un tipo mingherlino, tutto cresta e tatuaggi, perché voleva assomigliare al suo idolo, a Marek Hamsik. Peccato che con il pallone era davvero una schiappa. Tanto che, quando giocava nella piazzetta, i suoi amici lo mettevano sempre in porta. Così, per fare lo scemo con le ragazze, era solito impennare sulla ruota posteriore del mezzo, un SH taroccato che faceva i fossi a terra tanto era potente.

Quel giorno i due fratelli sfrecciavano per il quartiere facendo le consegne. Via Duomo, Largo Donnaregina, Quattro Palazzi. E stavano molto attenti a non farsi notare dagli sbirri.

Sì perchè da quando avevano inventato internet, per lo spaccio della droga si era aperto un nuovo mondo, una nuova prospettiva di business. Consegne a domicilio, a qualsiasi ora, sfruttando SnapChat o il Deep Web. Il sistema funzionava in questo modo. I tossici mandavano il messaggino con l'ordinazione. Totore rispondeva con il prezzo delle dosi, concordava il luogo di consegna, poi mandava i figli sul motorino perché lui non poteva uscire. Doveva scontare una condanna ai domiciliari. Due anni per tentata rapina, giudicato per direttissima.

Anche quella volta i due virgulti avevano fatto la loro parte. Più diventi consegne, tutte lisce come l'olio. Solo uno aveva fatto storie,un certo Carletto Visitòrs,un tossico delle Case Nuove che non aveva neanche gli occhi per piangere.


«Abbiamo un problema con Visitòrs»disse Alfonso al telefono palando con il padre. «La prossima volta che non paga, lo abboffo di mazzate.»

«Calmati Fofò, Visitòrs ci serve. Suo fratello è un poliziotto amico nostro. Ne abbiamo già parlato. Lascia perdere. Fino a quando compra da noi, lo teniamo perle palle.»


Già,le palle. Fofò aveva sempre creduto di averle belle grosse. Forse perchè pensava di essere un gangster. Forse perché col ferro intasca si sentita invincibile. Intanto la sua arroganza stava cominciando a dare sui nervi a tanti.

«Hamsìk si sta allargando troppo. Non lo vuole capire che il Mercato é zona nostra.»

«Voi glielo avete spiegato bene?» Disse Banana Joe mentre si rullava una canna.

«Glielo abbiamo spiegato tante volte, con le buone, per rispetto del padre. Abbiamo fatto come hai detto tu ma a quell'orecchio Hamsìk non ci sente.»

«Allora glielo spieghiamo come abbiamo fatto con quell'altro.»

Banana Joe se l'accese, poi tirò di brutto.



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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 23, 2023 ⏰

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