scendo dal treno e una leggera brezza mi scopiglia la chioma verde. indosso una camicia bianca e un jeans chiaro. Ho un po' caldo, dopotutto siamo alla fine di agosto e in Inghilterra c'era molto più freddo.
sono appena arrivato nella città in cui vive mia madre, New York. pronto ad iniziare una nuova vita, dinuovo. prima vivevo con mio padre in inghilterra, quindi parlo bene l'inglese.
la stazione è abbastanza affollata, anche se sembra vuota. le persone sono vuote, tutte impegnate in qualcosa, tutte di fretta o arrabbiate.
vicino all'entrata scorgo la esile figura di mia madre, Inko.vado lentamente verso di lei, trascinadomi dietro la valigia e lo zaino.
Indossa un pantaloncino in jeans fino al ginocchio e una maglietta rosina a maniche corte.appena mi vede riesce a stento a trattenere un urletto di gioia ma comunque un ampio sorriso le nasce in viso. quando la raggiungo mi abbraccia forte e io ricamio l'abbraccio, lasciando un attimo la maniglia della valigia.
-ciao tesoro- mi saluta scoccandomi un bacio sulla guancia e scogliendo l'abbraccio.
-ciao mamma- le sorrido mentre ci dirigiamo all'esterno della stazione.
Fuori fa ancora più caldo. Ho addirittura dovuto coprirmi gli occhi per la luce del sole che mi è stata sbattuta in faccia all'apertura delle porte scorrevoli.
Dopo averli abituati, vedo un taxi giallo e sporco in una strada affollata e rumorosa. Mia madre si dirige verso esso e io la seguo. Sto per aprire la portiera quando lei mi fa notare che ho lasciato la valigia all'entrata della stazione. Il solito sbadato.Torno indietro e, quando sto per arrivare alla valigia, un ragazzo mi arriva addosso, facendomi cadere a terra.
-ahi!- mormoro massaggiandomi il punto dolorante.
-GUARDA DOVE VAI MOCCIOSO!- mi grida quello. Alzo la testa per vederlo meglio, è alto e avra pochi anni in più di me. Ha i capelli biondi tutti scompigliati e due grandi occhi rossi e fumanti di rabbia in un viso stanco e sporco. porta una canottiera nera e larga e dei pantaloncini corti da tuta neri, anch'essi un po' sporchi. deve aver fatto a botte con qualcuno.
-sei te che mi sei venuto addosso, almeno scusati invece di darmi la colpa- farnetico io alzandomi, ma il ragazzo se n'è gia andato.
in fretta prendo la mia valigia e torno al taxi, stando attento a non andare addosso a chiunque entri nel mio campo visivo.
quando mi siedo sui sedili posteriori dell'auto, tiro un sospiro di sollievo.
-va tutto bene?- mi domanda mia mamma guardandomi.
annuisco sorridendole, per poi recuperale le mie cuffiette dallo zaino e ascoltare della buona musica per distrarmi.
lungo il tragitto, vedo di nuovo quel ragazzo correre come un pazzo nel marciapiede difianco alla strada. perchè corre cosi? da chi scappa?
mi sporgo un po' più in avanti e giro la testa per vedere chi c'è dietro al ragazzo.un uomo sulla quarantina, corporatuta robusta e muscolosa, con capelli scuri spinti su un lato da chili di gel e occhiali sul naso. dei baffi alla hitler completano il quadro di un uomo poco raccomandabile.
guardando meglio noto che ha una scopa in mano e che, per correre dietro al ragazzo, sta spintonando tutte le povere persone che si ritrovano sulla sua strada che ovviamente non fanno nulla per impedire al quel pazzo di inseguire il ragazzo che molto probabilmente picchierà con una scopa. sti neworkesi non li capisco. vorrei andare io ad aiutarlo ma non posso buttarmi giu da una macchina in corsa.mi rivolto verso la strada, fissando il vuoto e perdendomi nelle canzoni della mia playlist.
[...]
scendiamo dal taxi dopo circa mezz'ora e mi ritrovo davanti una graziosa casetta di campagnia, ha due piani ed è fatta in mattoni rossicci. davanti c'e un portico in legno con un tavolino e una sedia a dondolo altrettanti in legno.
sulle pareti e sul tetto c'è un po' di edera infestante, ma la cosa non mi dispiace.
dietro c'è un fienile, con all'interno dei botoli di fieno, e una stalla, in cui alloggiano mucche e cavalli.
tutto intorno invece c'è un campo coltivato.
oltre il quale si estende un boschetto che dovrò assolutamente visitare in futuro.guardo mia madre chiedendomi come possa badare lei da sola a tutto questo. intuendo la mia sorpresa si affretta a dire -non faccio tutto da sola, ogni giorno vengono alcuni amici a darmi una mano, siamo una specie di grande famiglia che si aiuta a videnda- mi sorride dolcemente facendomi cenno di andare verso il portico.
la porta è doppia, prima c'è la porta vera e propria poi la porta-zanzariera.
varcata la soglia, rimango sbalordito dall'ordine e dalla bellezza della stanza.
anche se non è nulla di diverso da una qualsiasi casetta di campagna a me piace tantissimo.a Londra vivevo con mio padre in un appartamento al settimo piano di un edificio altissimo, tutto in vetro e super tecnologico.
-allora ti piace?- mi chiede lei ad un tratto.
-se mi piace? la adoro!- la guardo con occhi sognanti.
-mi fa piacere- allarga il sorriso che le si era formato sul viso -di sopra, ultima porta a destra. è la tua camera. spero ti piaccia anche quella- detto cioè se ne va in cucina.
io corro di sopra fremente di vedere la mia nuova camera.
arrivo all'ultima porta del corridoio sulla destra e apro la porta.
una camera abbastanza grande e di legno mi si presenta davanti. le pareti sono dipinte di blu, mentre il pavimento è solo stato lucidato.
ai lati ci sono due letti con i rispettivi comodini e le rispettive scrivanie.
in mezzo ai letti c'è una grossa finestra con sotto un baule. al centro della stanza c'è un tappeto circolare.vicino al letto di destra ci sono delle mensole con sopra delle foto. mi avvicino per vederle meglio. sono foto di famiglia in cui io ero ancora piccolo e mamma e papa stavano ancora insieme.
appoggio la valigia sul letto di sinistra e mi sistemo su quello di destra.
nonostante tutto si è gia fatto tardi, quindi penso che andrò a dormire appena finito di cenare.dopotutto domani sarà il mio primo giorno a New York e tra una settimana sarà il mio primo giorno di scuola.
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buongiorno a tutti. essendo la mia prima storia, spero vi piaccia.
alla prossima e scusate per eventuali errori grammaticali.
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i need you || bakudeku
Fanfiction{bakudeku completa} L'ho scritta a quindici anni, se fa schifo, non è colpa mia. izuku midoriya, 16enne timido e disordinato, si trasferisce nell'affollata New York, città in cui vive sua madre. li inizierà una nuova scuola e tenterà di fare anche...