velocità.

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Sapete quale è il gesto più difficile ch'io abbia mai dovuto affrontare nella mia vita?

Allacciarmi le scarpe.

Uno degli ultimi gesti prima di mettersi a camminare, un momento di pochi istanti in effetti ma pregno di un pathos immenso.                 In quei pochi secondi si sancisce una scelta, si riflette per l'ultima volta su cosa si sta facendo, ben sapendo che poi non ce ne sarà più il tempo.                    Bisogna decidere se fare un nodo stretto che calzi con forza il piede, un nodo che permetta un passo lento ma dalla lunga portata o un nodo più leggero pronto per una corsa sfiancante.        Ho dovuto allacciare il mio cuore in questi pochi giorni utilizzando varie tecniche perché presto lo lancerò in una corsa folle, incontrollata, ma che dovrà essere in grado di percorrere molte miglia.   Spero di aver fatto un buon nodo, non vorrei perdermi per strada...

Ma passando ai fatti, eccovi le stringhe con cui ho legato il mio cuore:

Purtroppo vi sono persone al mondo che soffrono di sindrome di dispersione; persone che per quanto siano nel posto a loro più congeniale avranno sempre necessità di essere altrove.     Sono praticamente cresciuto sulla strada, senza una famiglia e senza una casa, senza un posto da chiamare patria né qualcuno da cui tornare e per quanto ormai mi sia concessa la possibilità di avere tutto ciò mi ritrovo costretto ad ammettere che una parte di me ormai è rimasta incrinata e ciò che più desidero non fa che provocarmi dolore.        La vicinanza, l'affetto, il più banale contatto fisico mi sono diventati così estranei da non riuscire più a sopportarne la presenza; l’impressione che le ossa debbano saltarti fuori dal corpo ad ogni abbraccio, la sensazione della carne che si scioglie sotto un acido al più piccolo tocco di ogni carezza, la rabbia profonda quando leggo stima e affetto negli occhi delle persone...... non so cosa si deve fare, so ormai bene come affrontare dolore o fatica, solitudine e silenzio, ma l’affetto….            … l’affetto, i sentimenti non li conosco, non sono stato educato né preparato ad affrontarli.

Vi chiedo quindi scusa per tutte quelle volte che non ho saputo come reagire, per quando mi sono bloccato, per quando non c’ero e per quando ho scelto il silenzio.         Vi chiedo scusa per questa partenza, per questa ennesima scomparsa che altro non è che uno dei tantissimi sintomi del mio essere vuoto.

Ma so una cosa: questi uomini dalle suole al vento, vagabondi, raminghi, rover ogni tanto piantano delle radici e so ormai di aver messo una piccola radice nella vostra casa; so che continuerò come un ossesso a correre per questo mondo mentre quella radice si allungherà man mano che mi allontano da qui.    Come un elastico spirituale continuerà eternamente a tirarmi verso di voi mentre io lotterò per tenermi aggrappato con mani e denti al primo appiglio disponibile.                 Ma un giorno, forse prima ch'io sia troppo vecchio, prima ch'io venga completamente distrutto, sentirò il vento lambire quella radice; la farà vibrare come la corda di un violino con una nota struggente.        In quella nota rivedrò i vostri volti e rivivrò tutta la strada percorsa sino ad ora, quella nota spaccherà in due il mio cuore, spezzerà il mio spirito e frangerà la mia volontà.   Senza ch'io lo voglia dovrò lasciare il mio appiglio e quell'elastico, con un colpo di frusta, mi riporterà là dove sono partito. Tornerò con le ossa mischiate e lo spirito straziato, umiliato sin nel mio angolo più intimo e profondo, tornerò in ginocchio solo per chiedervi veramente scusa finalmente conscio della mia colpevolezza, tornerò con la voce spezzata a chiedere la vostra assoluzione, non più il vostro conforto né il vostro benvenuto che più non meriterei.         Ma voi potete decidere, a voi lascio ora in mano una lama, a voi lascio la possibilità di tagliare quella radice perché non abbiate ad affrontare quel momento.

Ora invece voglio ringraziarvi, perché avete saputo darmi qualcosa che non credevo neanche più esistere, avete dato forma a parti di me che avevo ormai dimenticato, avete accolto in casa un vagabondo (vi assicuro sono poche le persone che lo fanno) e per un attimo avete saputo regalarmi qualcosa cui non riesco a dare un nome.

Vi avrei volentieri evitato questo momento, ho cercato anche di avvisarvi più e più volte, cercando di convincervi a non affezionarvi, dicendovi che non ne sarebbe valsa la pena; certe ch’io ospitassi un demone dentro di me, sicure fosse uguale al vostro vi siete  accanite convinte di aver trovato un  vostro simile ma ciò che porto dentro è ben più ignobile, la cui sola esistenza è un insulto al creato, la perversione di un angelo incapace di provar compassione……

Con una testardaggine che supera di gran lunga la mia avete deciso di non ascoltarmi e, lo ammetto, mi avete tolto il fiato. Spero solo in questo poco tempo di aver fatto abbastanza da poter meritare tanta fiducia, spero di aver costruito più di quanto io non distrugga oggi, spero per una volta di essere stato degno.

Camminerò ora su questa terra lasciando delle orme molto più profonde perché non solo il mio peso graverà sui miei passi, ma in parte anche il vostro.                Perché una parte di voi me la sono messa nello zaino, la porterò dietro con me lungo la strada ed ogni tanto la tirerò fuori dalla sacca per farmi un po' di luce e per lasciare a bocca aperta coloro che incroceranno il mio cammino, mostrerò loro chi ho incontrato, mostrerò loro la vostra persona e finalmente il mondo potrà capire che realmente vi sono degli angeli in terra (anche se purtroppo quegli stessi angeli hanno dimenticato chi realmente siano).

Ecco!

Le tre parole che più sono abituato ormai a dire nella mia vita: scusa, grazie, addio.

Ma questa volta, per la prima volta, non riesco a finire la mia triade.

Oggi creo una nuova parte di me, oggi mi metto in gioco, oggi cambio

Il grande carroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora