È sabato sera

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Compone, per quella che è la sesta volta, il numero di telefono di Benjamin e si porta il telefono all'orecchio in attesa di una risposta.

È seduto a gambe incrociate sul pavimento freddo del piccolo monolocale che da sei mesi a quella parte è diventato solo suo con addosso una felpa leggera. Le mani gli tremano, ha l'intero corpo coperto di brividi a causa del freddo, ma ora quella è l'ultima delle sue preoccupazioni. Il battito del cuore è decisamente troppo veloce, ha una pistola puntata sotto il mento che sente bruciare a causa del contatto con questa. Calde lacrime gli scorrono lungo le guance arrivando fino al collo, forti singhiozzi lasciano le sue labbra rosse.

Non sa precisamente da quanto tempo sia in quella posizione, completamente immerso nel buio, in attesa di una risposta da parte del moro; sa solo che non ha intenzione di smettere di chiamarlo, non finché non sente la sua voce, almeno.

«Federico?» il telefono suona a vuoto ancora per un paio di volte prima che il moro gli risponda, con il tono di voce poco più alto di un sussurro.

Nella sua mente è tutto confuso, non riesce a pensare lucidamente: non sa cosa sta facendo, il suo è un gesto dettato puramente dalla nostalgia che ha di Benjamin, dalla nostalgia che ha del loro rapporto. Dalla sua nuova ragazza, Demetra, con la quale ha saputo che il moro convive, che è felice. Che ha intenzione di formare una famiglia con lei, perché la considera la donna della sua vita.

Federico era, ed è, così innamorato di Benjamin. Così innamorato che ha paura di esserne addirittura ossessionato; glielo hanno detto in tanti: gli hanno detto che il loro stava diventando un rapporto malato a causa sua, a causa delle sue ossessioni, delle sue paure, dei suoi demoni. Gli hanno detto che Benjamin si sarebbe stancato, che aveva bisogno di una persona che si prendesse cura di lui, che lo facesse felice, non aveva bisogno di una persona a cui rivolgere continuamente tutte le sue attenzioni, non aveva bisogno di rassicurare, aveva bisogno di essere rassicurato.

Federico ci aveva provato, ci aveva provato a cambiare per lui, aveva provato a rinchiudere tutti i suoi pensieri in un angolo recondito della sua testa, e ci era riuscito, sì, ci era riuscito, ma troppo tardi. Benjamin aveva già trovato qualcun altro con cui essere felice, qualcuno che lo rassicurasse, qualcuno che lo amasse come davvero si meritava, e al contempo aveva rotto Federico definitivamente.

Il biondo sorride tra le lacrime, pensando per un momento di star commettendo lo sbaglio più grande della sua vita: si rende conto di aver in mano l'oggetto che potrebbe mettere fine alla sua vita, fine a ciò che di più prezioso ha; e poi Benjamin non ha cancellato il suo numero, o se lo ha fatto se lo ricorda a memoria, si ricorda il suo nome, si ricorda di lui, potrebbe sistemarsi tutto.

«Benjamin» la sua voce è spezzata dal pianto e dal bruciore che gli attanaglia la gola «è la sesta volta che ti chiamo» lo informa offeso, aggrottando le sopracciglia.

«Lo so, Federico..» sospira, alzando di poco la voce «perchè mi hai chiamato?»

«È sabato sera» singhiozza il biondo «e sono le due e mezza» lancia un'occhiata all'orologio appeso accanto alla porta d'entrata «ti ho chiamato adesso perché è sempre stata l'ora in cui finivamo di fare l'amore e ci stringevamo stretti, te lo ricordi?» sbatte le palpebre più volte «non so dove cazzo sei, spero almeno che tu ti stia divertendo» tira su con il naso mentre si asciuga il viso con la manica della felpa «perché io non mi sto divertendo affatto»

«Cosa stai dicendo?» gli chiede confuso Benjamin, «dormi, Federico» dice duro, quasi a volerlo rimproverare.

«Io sono seduto sul pavimento» ridacchia Federico, nonostante non ci trovi niente di comico in quella situazione «stavo pensando a quanto è triste questo monolocale» un singhiozzo gli fa vibrare il petto «i tuoi disegni sono ancora tutti qui, dove li hai lasciati tu» punta lo sguardo sui fogli macchiati d'inchiostro appesi di fronte a lui «proprio davanti a me c'è ancora quel mio ritratto che dovevi finire» ridacchia mentre si focalizza sul disegno al centro della parete che lo raffigura, ma solo per metà.

Calibro nove; fenji OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora