Settembre - Marco

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"I'd give away a thousand days

just to have another one

with you."

Summer Paradise – Simple Plan

Voglio isolarmi dal resto della spiaggia. Gli schiamazzi dei bambini, i fastidiosi granelli di sabbia che si incollano ai piedi ancora umidi, il fumo della sigaretta di Antonio, l'odore pungente di crema solare. Cerco di concentrarmi solo sul calore dolce del sole pomeridiano e lo sciabordare delle onde.

Ci siamo solo io, e il mare.

«Oh, Marco! Te la fai una partita a 'beach?» urla Giorgio come se dovesse farsi sentire tra la folla di un concerto rock.

«Già, ti ho detto che non ne ho voglia».

In questi ultimi giorni ho solo voglia di niente.

«Sei strano ultimamente» ribatte Giorgio. Sembra avermi letto nel pensiero.

Da quando tu e Chiara ve ne siete andate, non sono più lo stesso. L'estate è finita con voi.

L'estate più bella di sempre.

Agosto è sempre stato il mio mese preferito. È il mese dell'alta stagione, dei tormentoni, delle stelle cadenti. Le spiagge si affollano, i bar non chiudono mai e, dopo un anno, ho l'occasione di rivedere Chiara, la mia ragazza preferita: la sorella che ho sempre desiderato di avere. Ci siamo conosciuti poco più che bambini, io avevo quasi undici anni, lei nove. Ricordo che se ne stava sola soletta, sotto l'ombrellone dei suoi genitori intenti a prendere il sole, con un cappellino azzurro calato sul viso diafano. I piedi piccoli e bianchi si muovevano ritmicamente sulla sabbia, spostandola in modo da formare delle piccole dune.

Era chiaro che si stesse annoiando.

Poco più in là un gruppo di bambine, in compagnia di ragazzine più grandi, sedevano sedute in cerchio, ridendo e scherzando.

Mi avvicinai: «Perché non vai a giocare con le altre bambine?» le chiesi.

Una parte di me si aspettava che mi ignorasse o che mi rispondesse in modo sgarbato.

«Mia sorella dice che sono troppo piccola per ascoltare i loro discorsi» mi rispose lei con voce tranquilla. «Tanto lo so di che parlano».

«Ah, sì?»

La bimba abbassò il tono di voce e si avvicinò un po' a me.

«Di fidanzati» mormorò leggermente disgustata.

Non saprei più dire cosa successe poi, soltanto che, da quel momento, non ci siamo più lasciati. È diventata la mia compagna d'estate, la mia migliore amica, la mia confidente e, nonostante condividiamo un solo mese l'anno, i ricordi più belli li ho costruiti con lei. Mi sono più volte chiesto se tra noi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ho provato a fantasticare su di lei, ma senza risultati.

È un pensiero troppo innaturale.

Il mio corpo non freme quando sto in sua compagnia, non sento l'istinto di aggiustarmi i capelli, non mi si blocca lo stomaco.

Non mi fa l'effetto che mi fai tu.

Prima di tornare qui, mi aveva detto che quest'anno avrei avuto una bella sorpresa, ma non aveva specificato quanto fosse bella. Quanto fossi bella.

Spero di non esserti sembrato un maniaco, la prima volta che ti ho incontrato. Non riuscivo a smettere di guardarti. Avevi un vestitino bianco che ti copriva appena le gambe lunghe e snelle, i capelli scuri, intrisi di salsedine ti ricadevano sulla schiena in una cascata di boccoli, i lineamenti imperfetti e quella piccola cicatrice sul mento rendevano il tuo viso così particolare.

Volevo toccarti.

Ti ho teso la mano e l'hai stretta.

«Piacere, Marco».

«Cassandra».

"Sembra un nome importante" pensai. Non sapevo che lo saresti diventata per me. Un altro giorno, un giorno soltanto e le mie labbra avrebbero avuto il coraggio di cercare le tue. Noi che le abbiamo usate solo per parlare, nonostante avessimo avuto un milione di occasioni per fare qualcosa di più.

L'ho realizzato troppo tardi, quando la mattina mi sono alzato e sono corso a casa di Chiara, ma voi non c'eravate più. Mi sarebbe bastato solo un altro giorno. O forse, guardandoti negli occhi, così grandi e ridenti, mi sarebbe mancato di nuovo il coraggio.

Mi avresti respinto?

Non lo saprò mai.

A volte correre il rischio è meglio che rimpiangere le opportunità perse. Eri il rischio che avrei dovuto correre, come quel tuffo dalla scogliera: te lo ricordi? Non volevi farlo, avevi paura. Ti ho promesso che sarebbe andato tutto bene, ti ho convinto e ti sei tuffata.

Sei un turbine di allegria, intelligenza e sensibilità. Sorridi al mondo e il mondo sorride a te. Senza mai promettermi nulla, sei riuscita a convincermi, eppure, non ho avuto il coraggio di buttarmi.

«Hey, a che pensi?» la voce di Giada mi risveglia dai miei pensieri.

Avrei voluto continuare a dormire.

«Niente» mento. «Sono solo un po' stanco».

«Sei strano ultimamente».

A quanto pare non sono molto bravo a nascondere le mie emozioni.

«Sarà il periodo» dico cercando una scusa, «tra pochi giorni ricomincia la scuola. Ti immagini a stare sui banchi con i jeans lunghi, quella capra della prof di lettere e 30 gradi fuori?»

«Beh, allora direi che sei più che giustificato!» ride. «Vado a prenderti un gelato?»

Non ho molta fame, ma accetto volentieri la proposta. Almeno la smetterà di farmi domande.

«Grazie».

Conobbi Giada in prima media, poco dopo aver stretto amicizia con Chiara. Per tre anni fu lei la mia vicina di banco e, nonostante fosse una ragazza piuttosto vanitosa e ficcanaso, provavo una certa simpatia nei suoi confronti. Non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno da bambina. È sempre stata sfrontata, schietta e divertente. Chiara non l'ha mai sopportata più di tanto, i loro caratteri forti cozzavano appena iniziava una discussione sull'argomento più banale. Invece con te si è trovata bene: non storcevi le labbra quando ti parlava di scarpe e condividevi il suo strano senso dell'umorismo.

«I soliti gusti?» mi chiede prima di dirigersi verso il chioschetto più vicino alla spiaggia.

«Sì, crema e pesca».

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 01, 2018 ⏰

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Un anno senza te - quel che restaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora