CAPITOLO 1. Angie

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La luna non c'era, la notte del 4 agosto 1978, l'estate dei miei quattordici anni. Il buio era così profondo che sembrava di poter toccare le stelle.

Mi divertivo a giocare con il firmamento come se fosse una tela costellata di puntini da unire con il dito, tracciando linee immaginarie che creavano contorni di oggetti. Non conoscevo né le costellazioni, né i loro nomi. Li inventavo io. Con il tempo e l'esercizio sono diventati tutti dello stesso tipo: aerei, astronavi, elicotteri.

Ero riuscito a trovare il percorso per disegnare un bellissimo jet affusolato, con l'ala a delta. Sognavo che quell'aereo mi avrebbe portato da Beatrice.

Ero a Soverzene, un piccolo paese sulle Prealpi Bellunesi, dove avevo trascorso l'infanzia e dove, durante l'adolescenza, tornavo per le vacanze estive.

A Verona, città in cui al tempo vivevo, questo gioco non era mai così bello e divertente: la tela era troppo piccola, perché i palazzi nascondevano ampie fette di spazio e mancavano tanti puntini, perché le stelle sparivano sovrastate dalle luci della città.

Quella sera, alla vista delle stelle cadenti che interrompevano le mie linee, rinnovavo per ognuna, con fermezza e fiducia, il desiderio di abbracciare al più presto Beatrice. Non lo sapeva nessuno, in famiglia. Era il mio segreto, gelosamente custodito dalla timidezza e dal pudore.

Mentre disegnavo, la mente si era tuffata indietro di due anni, a rievocare come questa storia aveva avuto inizio. Era poi curiosa la coincidenza che il cielo notturno nitido, con tutte le sue costellazioni ben distinguibili, con la scia biancastra della via lattea, tempestata di infinitesimali puntini brillanti, con Marte e Venere, visibili anche senza cannocchiale, stava accompagnando alcuni episodi importanti della mia vita.

Il ricordo mi portava alla fine del mese di luglio del 1976. Era sera tardi. Anche allora ero appena giunto dalla città ed ero rimasto a lungo in giardino a far volteggiare l'indice nell'aria per tracciare linee fantasiose nel cielo e sognare di volare. Il pomeriggio del giorno seguente avevo inforcato la bici per andare a cercare gli amici che avevo in paese. Giro classico: parco giochi, bar del paese, casa di Ferro, casa di Franz – i due amici a cui ero più legato. Non avevo trovato nessuno. Allora rotta verso le rive del Piave, a vedere se stavano tutti a refrigerarsi nelle fredde acque del fiume. Il posto più bello era una pozza vicino ai laghetti De Pra, fuori dall'acqua corrente. Niente, anche alla pozza gli amici non c'erano. C'erano però una donna e una ragazzina. Da lontano, nascosto dietro i cespugli di ginepro e di pino mugo, mi ero fermato a osservarle.

"Chi sono queste due foreste qua?" fu il mio primo pensiero. "Non le conosco, cosa ci fanno due straniere nella nostra pozza?" Come imboccavo il ponte che conduce a Soverzene, ricalcavo fedelmente i pensieri e gli atteggiamenti dei suoi abitanti. Guardavo con curiosità e sospetto qualsiasi persona ignota. L'estraneo poteva essere una minaccia alla tranquillità quotidiana.

Soverzene è un'isola. Il paese è immerso nella vegetazione che cresce fitta fra la sponda sinistra del Piave e le montagne che svettano a est. È lontano dalle normali vie di comunicazione, raggiungibile attraversando un ponte stretto dove passa solo una vettura per volta. I cinquecento abitanti si conoscono tutti fra loro, e sono una comunità chiusa. Soverzene è un'isola xenofoba.

Così osservavo inizialmente le due figure femminili. Ma questa sensazione mi abbandonò ben presto, lasciando spazio all'ammirazione, al rapimento per il fascino della ragazzina. Era longilinea, con un corpo sinuoso ed elegante. Aveva la carnagione scura, i capelli lunghi corvini. Indossava un costume intero bianco, e si muoveva dolcemente dalla riva verso l'acqua sotto lo sguardo attento della signora, che data la somiglianza doveva per forza essere sua madre. Una volta in acqua, la ragazzina scivolava soavemente sulla superficie, senza nessuno sforzo apparente. Sembrava completamente fondersi nelle calme acque. A guardarla, mi venivano in mente le storie delle sirene. Come un piccolo Ulisse rimasi ammaliato da tanta bellezza. Cosa avrei dato per poterla conoscere!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 15, 2023 ⏰

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