Ordinazioni al bar come scarpette di cristallo

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C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un bel principe, ricco e potente, che scelse la propria moglie in base al numero del suo piede e a come calzava una scomodissima scarpetta di cristallo.

E poi ci sono io, in una terra con un nome e in un'epoca decisamente catastrofica, che dovrò scegliere mio marito in base all'ordinazione che effettuerà al bar.

Strano, vero? Assurdo, direi io. Ma andiamo per gradi.

C'è un bar, in un viale trafficato di Londra. Un po' generica come indicazione, ma tengo alla mia privacy. Il bar, comunque, si chiama Little Things. È uno di quei classici caffè letterari che vanno tanto di moda nei film e nei libri. Sono disponibili decine di bevande diverse, tanti infusi, una montagna di dolci e di cupcakes, un posto al caldo e tranquillo ed un'infinità di libri meravigliosi. L'arredamento è semplice, essenziale, così come genuine sono le emozioni che si provano entrando qui dentro. Se state sognando ad occhi aperti di venire a passare un po' di tempo qui dentro vi ringrazio e vi accolgo a braccia aperte. Già, perché questo bar l'ho aperto io, in società con una mia cara amica che ha avuto la brillante idea di seguirmi in questa pazza idea di una vita londinese.

Essendo una delle proprietarie del posto, ovviamente è mio compito passare qui dentro più tempo di quanto i miei nervi me lo permettano. Ma questa è un'altra storia.

C'è poi il giorno in cui l'assurda proposta si fa avanti. Scegliere il marito in base all'ordinazione, ricordate? È un giorno come un altro. Il mese è indefinito, tanto a Londra piove sempre e comunque, e il giorno è decisamente irrilevante. Fatto sta che è un giorno feriale come tanti. Gli uomini d'affari hanno preso un caffè e sono corsi via, le donne affaccendate di mille cose hanno avuto giusto il tempo di prendere un pasticcino con le amiche e gli studenti sono passati a prendere la merenda per il break di metà mattina. Fino all'ora di pranzo il locale è sempre abbastanza desolato, salvo qualche ragazzo che ha marinato la scuola o qualche signora di mezza età che ha deciso di concedersi un po' di relax. Quello è il momento in cui mi avvantaggio col lavoro: pulisco le ultime tazzine, dispongo i muffin in modo da mostrare il loro lato più appetibile, controllo le scorte in magazzino e così via.

E proprio in magazzino mi trovavo, lontana dalla sala, quando accadde l'imprevisto. Più imprevisto di un elefante che inizia a svolazzare in un tendone da circo durante uno spettacolo di pagliacci. Ok, no. Forse Dumbo non lo batte nessuno. Fatto sta che mi raggiunge Elaine, una delle cameriere, e mi informa dell'arrivo di una decina di nuovi clienti. Corro in sala insieme a lei, ben consapevole della sua incapacità cronica nel servire più di un tavolo per volta. Sì, probabilmente dovremmo licenziarla, ma siamo davvero troppo buone per farlo, perciò ce la teniamo e ci limitiamo a recuperare ai suoi danni e alle sue mancanze. Ma questo, di nuovo, non c'entra granché con la mia storia, perciò lasciamo stare.

Torniamo a noi, e a me che corro in sala. La sorpresa iniziale è vedere, all'incirca, dieci ragazzi, ognuno seduto ad un tavolo singolo, leggere il menù. Nessuna divisa, nessuna squadra di calcio: ognuno di loro è solo e attende di essere servito. La sorpresa si moltiplica, poi, quando riesco a mettere a fuoco ognuno di loro. Sì, sono un po' miope e particolarmente lenta a realizzare le cose, ma questi sono dettagli. Fatto sta che, osservandoli uno ad uno, mi rendo conto che quelli lì non siano ragazzi normali, bensì tutte mie vecchie cotte. Sì, ho sempre avuto l'innamoramento facile, se è questo che vi state domandando.

Ma tutti insieme lì, manco si fossero messi d'accordo? Vi chiederete ancora. Bene, questa è una domanda che mi sono posta anch'io. L'assurdità della situazione, però, mi ha portata a non ricevere risposta da me stessa. Anche perché, francamente, ho dieci tavoli da servire e non posso di certo rimuginare troppo sui bizzarri scherzi che il Destino mi gioca.

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