1 Come tutto é iniziato

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JACOPO

  My secret side I keep hid
under lock and key
I keep it caged but I can't control it
'Cause if I let him out he'll tear me up, break me down
Why won't somebody come and save me from this, make it end?  

I feel like a monster*

- SKILLET -


Il mio cervello ormai funziona meglio di una sveglia. Si attiva da solo alle cinque e mezza di mattina, come se lo avessi programmato. Mi preparo per uscire di casa, pantaloncini sintetici del calciatore che non sono mai diventato, e felpa con il cappuccio scura. Il vento mi alita sul collo, come uno sgradito vicino, uno di quelli che non ti togli di torno neanche se lo ignori. Metto una cuffia dell'Ipod nell'orecchio, l'altra mi penzola sul petto andando a ritmo corsa.

Il sabato mattina il quartiere è in letargo, le strade sgombre sono un miraggio, di solito pullulano di motorini che fanno lo slalom tra le auto in coda. Corro intorno alle case popolari, mentre gli Skillet pompano i miei muscoli che vogliono smaltire l'adrenalina accumulata.

Il sabato è il giorno che preferisco, non ci sono gli occhi della gente che si soffermano sui miei tatuaggi, quelli che mi ricoprono entrambi gli stinchi e le braccia, oppure sul piercing che mi divide in due il sopracciglio.

Mi sento in pace, libero.

Ma tutto finisce quando sento vibrare il cellulare. Lo prendo dalla tasca, leggo sul display il nome di mia madre e per un attimo sono tentato di non rispondere.

Poi controvoglia accetto.

C'è confusione intorno a lei, qualcuno urla, in modo straziante. Lei non riesce a mettere due parole in fila, è agitata, confusa. Allora mio padre le strappa il telefono di mano: «si tratta di Giulio, devi venire al Pronto Soccorso».

Il mio cuore accelera, come una moto ferma ai blocchi di partenza che si prepara per la gara. Faccio la strada per tornare verso casa, con i muscoli doloranti come se avessi due pitbull a mordermi le caviglie. Prendo la mia Ducati, salgo in sella e mi fiondo come un proiettile impazzito, mangiando l'asfalto, ignorando i semafori.

«Che cazzo è successo?» grido entrando nella sala d'aspetto del pronto soccorso con il casco ancora in mano. C'è odore di malato, ho sempre odiato la puzza stantia degli ospedali. Ho il voltastomaco.

Mia madre è su una sedia, buttata lì come se fosse lei ad avere bisogno di aiuto. Ha il viso paonazzo e sembra invecchiata di vent'anni. Una foglia secca che è volata via con l'arrivo del freddo.

Mio padre invece è sempre lo stesso, imperturbabile, ancorato su quella sedia a rotelle con le dita affondate nei braccioli.

Non mi parla quasi più da anni ormai, ma adesso non può rifiutarsi. Lo prendo per il collo della polo, strattonandolo come una bambola di pezza. «Mi spiegate cosa è successo? Dov'è Giulio?».

Non risponde.

Mi guardo intorno ma nessuno fa caso a me. Sembro solo uno dei tanti. Poi il mio sguardo si posa dalla parte opposta della sala. C'è una ragazza con i capelli tinti di blu, è seduta su una delle poche sedie libere, muove le gambe facendo dondolare gli anfibi davanti a sé. Sembra piccola, forse troppo per la sua età.

Quelli sbagliati #1 (COMPLETA) - L'amore tra le macerie -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora