Come sempre, mentre torno a casa, seguo il solito ragazzo verso la fermata dell'autobus, e sta volta pensando a ciò che è successo neanche due ore fa.
Decido di sedermi su una piccola scalinata dietro alla fermata e di accendermi una sigaretta.
Prendo le cuffie e metto la solita riproduzione casuale. Mentre canticchio sulle note di "Chunky" di Bruno Mars e guardo Instagram sul mio telefono, sento due piccoli tocchi sulla spalla destra.
Alzo la testa e i miei occhi si illuminano. Ancora lui. Sempre lui.
"Ei" dice.
"Ei" rispondo, imbarazzata.
"Avresti una sigaretta?"
"Si, tieni." dico ponendogliene una.
Si siede di fianco a me, prendendo dalla tasca del cappotto grigio un accendino nero, della BIC, noto.
All'inizio stiamo per qualche minuto in silenzio, ma poi, fortunatamente, lui decide di rompere quel pesante silenzio che si è creato.
"Giornata pesante oggi eh?" Chiede.
"Non tanto dai."
"Beh.. comunque, il mio autobus sta per passare."
Mi pone un bigliettino.
Lo guardo, sbigottita.
"Chiamami." Conclude, mentre arriva il suo autobus e lui ci balza su velocemente prima che le porte si chiudano.
Apro il foglietto e inconsciamente sorrido.
Più che sorridere, gioisco, sbatto i piedi a terra, e tiro urletti vari.
Quindi non ero proprio non consapevole di aver esultato.
Però... c'è un piccolo problema. Non so il suo cazzo di nome.
Distolgo la testa dal pensiero di quel problema e, riprendendo il sorriso di prima, mi alzo dallo scalino e continuo a camminare verso casa, realizzando quello che è appena successo. Non riesco ancora crederci. Ha lasciato a me, Benedetta Vincenzini, il suo numero di telefono. Quando in questa scuola ci sono 250 ragazze, se non 300.
Entro nel cortile di casa con ancora il pensiero e il sorriso soddisfatto di quanto accaduto poco prima. Sono felicissima, è impossibile crederci. Magari poi mi sta solo illudendo. O meglio, mi sto solo illudendo. - Però per ora, godiamoci il momento - mormoro tra me e me.
Passo la sera pensando cosa fare: gli scrivo, lo chiamo, sto ferma.. che faccio?
Mi addormento tra i miei pensieri.
***
"Allora? Com'è andata ieri a scuola?"
Chiede Marta, prendendo in mano il bicchiere di vino bianco davanti a lei.
Sono le 21.37 di Sabato sera, sono seduta davanti una pizza con le patatine fritte, una bottiglia di vino bianco da un litro e Marta che beve, ribeve e strabeve.
Come sempre, anche questo sabato sera lo passiamo tra ragazze.
Non è da noi andare a ballare in posti squallidi, strusciarsi su sconosciuti e arrivare a casa barcollanti.
Preferiamo stare davanti alla televisione, a guardare un film, mangiando dei pop corn al burro, oppure davanti ad una pizza, come sta sera.
"Bene! Mi sono anche dimenticata di dirti che un ragazzo mi ha lasciato il numero." Dico, facendo spallucce, come se non fosse nulla di importante.
Marta sbarra gli occhi.
"Benedetta Lea Vincenzini, un ragazzo ti da il numero e tu non mi dici niente?! Ti rendi conto?!"
Odio quando le persone mi chiamano col nome intero, e Marta lo fa sempre quando si arrabbia con me.
"Quante volte ti ho detto di non chiamarmi Lea?"
"Quante volte ti ho detto che non me ne frega un cazzo?" Sbotta, finendo la frase ridendo.
"Comunque, chi è? Il ragazzo, intendo. Come si chiama?" Chiede.
"Boh" sbarra gli occhi una seconda volta.
"Come boh? Bene, un ragazzo ti ha dato il numero! Sai cosa vuol dire questo? CHE BENEDETTA LEA VINCENZINI PIACE A QUALCUNO!" urla, praticamente.
"Marta, abbassa la voce, ci stanno fissando tutti." La fulmino.
"Ups." Sussurra, ghignando.
"Comunque non so il suo nome", continuo, "Non so chi sia, quanti anni abbia, in che classe sia.. non lo conosco."
"Scrivigli no?"
"No", rispondo secca, "se vorrà, mi scriverà lui."
"Che noiosa che sei." Conclude.
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Solita Routine
Genç Kız Edebiyatı"Ti amo, Benedetta Lea Vincenzini." "Quante volte ti ho detto di non chiamarmi Lea!" Lo fulmino. "Sei così bella quando ti arrabbi, mi piace farti incazzare." Ridacchio. "Ti amo anche io, Luca Tartassi."