18. Hibiscus

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Liam


Era trascorsa mezz'ora e ancora non avevo preso una decisione. L'idea mi era sopraggiunta all'improvviso, quando poco più di un'ora prima il mio aereo di ritorno dall'Arizona stava per atterrare. Avevo fissato il cartellone luminoso delle partenze mentre aspettavo di ritirare il mio bagaglio, lo sguardo fisso sull'annuncio del volo delle 17.35, destinazione Tampa.

Si trattava di poco di più di tre ore di volo, per le 21 sarei arrivato a destinazione. In fondo potevo concedermi ancora un paio di giorni di ferie e senza dubbio lei sarebbe stata lì, di questo ero sicuro. Ciò di cui non ero certo era la reazione che un mio arrivo improvviso avrebbe scatenato.

Chiedere non costa nulla, mi dissi, e così voltai le spalle alle porte d'uscita e mi diressi verso l'area check-in.

La signorina allo sportello mi chiese di pazientare qualche secondo, mentre digitava sulla tastiera i dati che le avevo fornito. Osservò attentamente lo schermo e poi spostò lo sguardo sul sottoscritto, il verdetto non fu positivo perché la sua espressione si fece dispiaciuta e la sua bocca si stirò in un sorriso di scuse.

«Purtroppo la Business Class è già al completo, sa con la storia delle feste e del 4 luglio in famiglia...», mi spiegò cortese.

Infastidito dal suo comportamento, chiesi sbrigativamente: «Biglietti Economy ce ne sono?»

Lei parve delusa dalla mia domanda e, dopo un ultimo sguardo diretto al mio portadocumenti Gucci in pelle e al mio orologio da polso, si limitò ad annuire e a comunicarmi il prezzo.

Avevo con me solo un piccolo trolley pieno di vestiti ricoperti di sabbia mista a sudore, gentile dono dei paesaggi di terra rossa dell'Arizona, ma non mi scoraggiai.

Decisi che non era il caso di mettere in moto la mia efficientissima Diane, avrei impiegato più tempo, ma perlomeno le avrei concesso qualche giorno di riposo in più. Così cercai in internet il numero di telefono del Grand Hyatt Tampa Bay, in cui mi ero trovato piuttosto bene durante il mio ultimo soggiorno, e prenotai una delle poche camere ancora disponibili.

Rinunciai all'idea di richiedere il servizio autista e mi dissi che potevo farcela ad andare fino agli uffici della Hertz e noleggiare un'auto oppure fermare un taxi e farmi portare in albergo.

Senza pensarci troppo scrissi un sms a Felicity.

Cosa fai stasera?

Dovevo ammettere che Donovan aveva guadagnato punti regalandole un telefono cellullare e permettendomi così di rintracciarla in tempi che non superassero le ventiquattr'ore.

Stavano iniziando ad imbarcare i passeggeri del mio volo e, non avendo l'accesso prioritario, recuperai la mia borsa e mi misi in fila. Tempo mezz'ora e sarei stato obbligato a spegnere il telefono, quindi Felicity faceva meglio a sbrigarsi nel digitare una risposta.

Quei giorni in Arizona era stati inaspettatamente meravigliosi, anzi tutto era stato così bello e familiare da farmi rimpiangere amaramente tutte le occasioni passate che mi ero perso perseverando nei miei stupidi timori.

Io ero cambiato, ero cresciuto e tutto quello che era stato il mio passato mi aveva reso chi ero ora. Era stato stupido pensare che fare ritorno nel luogo dove avevo tanto sofferto mi avrebbe improvvisamente trasformato di nuovo in chi ero stato un tempo. Ero fuggito poco più che ragazzino, ma gli anni erano passati, nuove cose erano successe e il ricordo, sebbene vivido, restava sempre un ricordo, figlio del passato. L'Arizona, la mia casa e la mia famiglia non c'entravano nulla con quel continuo senso di fallimento ed inadeguatezza che aveva caratterizzato la mia adolescenza.

Se son rose fioriranno altrimenti...in bocca al lupo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora