John girò e rigirò fra le dita quel biglietto di San Valentino per la milionesima volta. Ormai aveva perso il conto di quanti ne avesse ricevuto, in quell'anno. Quello era uno dei tanti. Era anche l'unico, però, ad aver catturato tutta la sua attenzione. Lo poggiò lentamente sullo scrittoio dove era sistemato e riprese a leggerlo, per la millesima volta da quando lo aveva notato per la prima volta.
Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, né quando né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.*
A: John Lennon DA: Anonimo
"Cosa ti prende, Johnny?" lo interrogò George, guardandolo di sottecchi. Con una rapida occhiata capì che quel biglietto che l'amico stava leggendo e rileggendo era la causa di quell'insolito silenzio. Non era da Lennon, dopotutto, essere così pensieroso e meditabondo: quello, di solito, era il suo ruolo nella band.
"Niente" fu la risposta secca e poco attenta di John, che non distolse minimamente lo sguardo da quel bigliettino color cielo e da quelle parole scritte in una calligrafia rotonda e ordinata.
George fece un cenno a Ringo, seduto dietro il tavolino da tè insieme a lui. Era un uggioso e piovoso San Valentino, uno dei tanti che i quattro trascorrevano lontani da casa per colpa del tour e delle incisioni. Ormai, vivendo praticamente insieme da mesi, tutti e quattro avevano imparato a conoscersi e a capirsi con un semplice scambio di sguardi. E come Harrison era riuscito a notare la stranezza nei comportamenti di John, così Ringo aveva realizzato dal cenno dell'amico che, in qualche modo, avrebbero dovuto risollevare Lennon dai suoi pensieri chiaramente neri.
Perciò Richard, senza farsi troppi problemi, si alzò e si avvicinò a grandi passi verso lo scrittoio su cui era poggiato John. Appena questo notò lo spostamento d'aria ed intuì le intenzioni del batterista, però, si affrettò a voltare la cartolina, mostrando il suo lato bianco e vuoto.
"Dai, John, apri il tuo cuore con noi" insistette Ringo, palesemente insoddisfatto della mancata riuscita della sua missione impossibile. Quando quel testardo di Lennon decideva qualcosa, quella doveva essere. E se, quel pomeriggio, aveva deciso che quel biglietto non doveva essere letto, nessuno lo avrebbe fatto. E questo comportamento quasi infantile innescava negli altri componenti della band un ancor più infantile bisogno di andargli contro, spesso facendo i capricci. Ma, in realtà, non vincevano quasi mai.
"Secondo voi si può amare qualcuno senza nemmeno saperlo?" domandò John, placido, freddo. Sembrava non aver minimamente ascoltato le parole dell'amico che, ora, lo guardava con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata. "Ma che cazzo di domanda è?" inveì, perplesso, il batterista e "Richie! Cosa sono queste brutte parole?" lo canzonò George, scoppiando poi a ridere. Era proprio vero: i ruoli si erano invertiti. Di solito era John quello scherzoso e dal tono perennemente canzonatorio. Ringo, quasi offeso da quell'imbeccata, tornò al tavolo dove era seduto Harrison ed iniziò a lamentarsi con lui per quei toni poco carini che aveva utilizzato.
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If I fell
FanfictionPer John scrivere una canzone d'amore è sempre stato un gioco da ragazzi. Quello che però Lennon non sa è che parlare dei propri sentimenti in un testo non è così facile: aprirsi al mondo, rivelare ciò che più nascosto c'è nella testa e nel cuore, p...