Capitolo 1: Il 10 Ottobre

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Oscurità.
Cammino insicuro nell'oscurità, lentamente.
È così buio che riesco a malapena ad intravedere le mie mani.
Le tenebre mi avvolgono così maestosamente, che sento che potrei diventare un tutt'uno con esse.
Rimango immobile, a fissare l'infinito.
Poi improvvisamente, luce.
Una scia luminosa striscia nella notte, scattando come un fulmine e rompendo quell'oscuro equilibrio che stavo contemplando. Uno stormo di stelle cadenti riempie il cielo e la maestosità del buio viene spenta dal calore della luce. Una stellina, molto più fioca e timida delle altre, si stacca dal suo gruppo e si fionda verso terra, come se volesse raggiungermi. Inizio a correre, sempre più veloce verso quella rondinella sperduta, cercando di afferrarla. Finalmente, quando siamo ad un passo di distanza...

<<NARUTOOOOOOOOOO!>>

Apro violentemente gli occhi e un brivido mi passa per tutto il corpo. Disorientato, cerco di realizzare dove mi trovo e che ore siano. Dopo una manciata di secondi, ripresomi dallo shock del risveglio, inizio a ragionare. È mattino, e come al solito quella delicatissima madre che mi ha partorito mi ha svegliato molto dolcemente con la sua voce soave.
<<Kushina! Quante volte devo dirti che il risveglio è tutto per un adolescente? Non puoi martirizzarlo così ogni mattina!>> sento bisbigliare mio padre dalla stanza accanto.
<<MINATO! E QUANTE VOLTE DEVO DIRTI CHE CI VAI TROPPO LEGGERO CON LUI? Sono le 8! È in ritardo per scuola! Non sopporto l'idea che mio figlio venga considerato un ritardatario!>>
Sposto velocemente lo sguardo sulla sveglia. Segna le 7:17.
E quindi sarei in ritardo? Ah.
Mi riavvolgo nelle coperte, mi giro sull'altro fianco e mi rimetto a dormire.
<<Lo so, lo so! Però almeno oggi potresti essere più clemente...sai che giorno è. Su, vai in camera sua e cerca di essere un po' più dolce!>>
<<Humpf! E va bene!>>.
Sento passi veloci e pesanti sul pavimento in legno. La porta della mia camera si spalanca.
<<Naaaruuuto!>> fa mia madre, con tutta la dolcezza che può darmi.
Digrigno i denti. Perché non possono lasciarmi dormire in santa pace?
Borbotto qualche parola ancora assonnato e cerco di girarmi, ma mi ritrovo con mia madre che mi abbraccia e mi dà un bacetto sulla guancia.
<<Buon compleanno, Naruto!>>.
Anche se non la posso vedere, sento il calore del suo sorriso. Ritira le braccia, ma io mi giro e la stringo in un altro abbraccio fortissimo.
<<Hey piano, piano giovanotto!>> la sento ridacchiare.
Scoppio a ridere anche io. Sono troppo felice. Gli abbracci di mia madre sono la mia medicina. Anche se ho avuto la giornata più storta del mondo, anche se mi sento così giù da poter toccare il fondo, ci sono sempre i miei genitori che con il loro affetto riescono a darmi la carica. È come se il loro amore prendesse forma, ogni volta che li guardo in volto.

<<Beh, Naruto! Scendi, ti ho fatto i tuoi pancake preferiti>>.
<<Quelli con panna, nutella e a forma di elefante?>> chiedo, ciondolandomi come un bambino a cui è stato regalato un nuovo gioco.
Mia mamma assume un'espressione seria per un secondo. Mi prende le mani come si fa quando si deve dare una brutta notizia e bisbiglia: <<Proprio quelli>>. Sorrido ancora, esco dal letto in fretta in furia e mi precipito di sotto.
Amo il 10 Ottobre. Amo sentirmi al centro dell'attenzione. Cioé, non intendo dire che voglio che il mondo ruoti attorno a me. Ma il giorno del mio compleanno, quando tutti pensano solo a me e mi riempiono d'affetto, posso sentire che conto qualcosa e sono importante per qualcuno in questo mondo e mi sento vivo.

Mi siedo al tavolo della cucina e alzo la mano per prendere qualche pancake, ma vedo una figura seduta a capotavola.
<<Buongiorno, Naruto! Auguri!>> mi parla mio padre tutto sorridente.
Come diavolo ha fatto ad arrivare qui? Cinque secondi fa era di sopra. A volte sembra teletrasportarsi random in punti della casa.
Mi alzo per abbracciare anche mio padre e dargli un bacio sulla guancia. Mio padre è una di quelle persone che nascono una volta ogni mille anni. È un modello per me, una delle persone, insieme a mia madre, per cui darei la vita e anche più.
Scende anche mia madre e iniziamo a fare colazione tutti insieme. Evento raro, dato che mi sveglio sempre molto tardi e tante volte non ho nemmeno il tempo di mangiare un toast prima di andare a scuola.
<<Ah, Naruto>> inizia mia madre.
<<Hmm?>> la guardo confuso con una fetta di pancake in bocca.
<<Sta per arrivare il freddo. Dovresti iniziare a metterti un pigiama, non puoi dormire a torso nudo o ti verrà un malanno. E NON PUOI PERMETTERTELO, DATTEBANE!>>
Io e mio padre ci guardiamo straniti perché mia madre ha iniziato ad urlare all'improvviso senza rendersene conto, e scoppiamo a ridere. Mia madre è tutta rossa in volto, ma inizia a ridacchiare anche lei. Ciò che mi piace di più di lei, oltre ai suoi capelli color rosso acceso, è il suo modo di parlare. È molto spontaneo, pieno di colore. Ha una sorta di tic verbale, quello di dire in continuazione "dattebane!" a fine frase, cosa che ho ereditato anche io con il mio "dattebayo", e me ne rendo conto. Ma è una cosa speciale, unica e non la cambierei per nulla al mondo. I nostri tic verbali sono una firma della famiglia Uzumaki e resteranno per sempre parte della nostra personalità.
<<Sì, sì, mamma. Dovrei comprarmi un pigiama nuovo però, sono cresciuto parecchio negli ultimi mesi>>.
<<Oooh, il mio ometto!>> mi prende in giro mio padre.
<<M-ma->> arrossisco.

La risposta è nelle stelle (Sasunaru)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora