Fragment 4

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Perdonami.

Ci sono così tante cose che vorrei dirti..

Ma parto dicendoti grazie.
Grazie per essermi stata accanto quando ne avevo più bisogno, grazie per avermi sostenuta quando tutti gli altri sembravano essersi dimenticati della mia esistenza.
Mi sei rimasta accanto dal primo fino all'ultimo giorno di agonia in quelle quattro mura spoglie, hai continuato a tenermi la mano, nonostante tu stessi scomoda su quella sedia, sulla stessa sedia su cui hai dormito per un po' fino a quando finalmente ci hanno trasferite in un posto più accogliente. Quella specie di lettino pieghevole è stato testimone di ogni singhiozzo ed ha accolto ogni tua lacrima versata la notte. Ti ho sentita spesso piangere durante la notte, ma non ti ho mai detto nulla perché sapevo che non volevi ti sentissi.. Hai passato tante notti insonni insieme a me, a chiamare le infermiere quando avevo dolori lancinanti, quando puntualmente la febbre si rialzava, quando la ago cannula ormai era da cambiare..
Ricordo quando dissero che dovevo essere operata e ti ho cercata subito con lo sguardo, per cercare conforto nei tuoi occhi, cosa che in realtà non trovai perché eri spaventata quasi quanto me.
Ti spiegarono tutto fuori dalla stanza e ti chiesero di firmare dei documenti, poi rientrasti e mi accarezzasti la testa guardandomi negli occhi spiegandomi che dovevo farlo, che dovevo farmi forza e che poi sarei stata bene.. peccato che non fu proprio così, dopo quell'intervento ce ne fu un altro che sembrò non cambiare molto le cose, e così ce ne fu un terzo, l'ultimo.
Non sembravo migliorare molto.. eppure eravamo lì già da due mesi.

Ricordo perfettamente quel giorno.

Era ora di pranzo, avevano appena posato il cibo sul mio solito tavolino. Ultimamente stavo cercando di riprendere a camminare.. ma avevo dolori ovunque e mi era difficile.
Ero stanca, debole, magra e perdevo capelli..
Fissavo il piatto davanti a me, mentre ogni tanto guardavo fuori dalla finestra osservando come l'estate ormai era alle porte. Mi resi conto che il tempo passava per tutti, ma non per me. Mi accorsi di quanto mi mancasse respirare l'aria inquinata di Roma, che nonostante tutto fosse meglio dell'odore costante di disinfettante.
Mi guardasti e mi chiedesti "perché non mangi?" e io ti risposi che ero stanca.
Stanca.
Stanca.
Stanca.
Ti guardai negli occhi e cominciai a piangere, ormai senza speranze. Non ce la facevo più.. erano mesi che ormai che prendevo medicine su medicine, che mi facevano così tanti prelievi di sangue che ormai le mie braccia erano diventate a chiazze.. chiazze viola, rosse, blu, verdi.. non avevo più nemmeno una vena integra da cui prelevare, i miei bei capelli folti ormai non c'erano quasi più, ero dimagrita di 11 chili e il mio viso era irriconoscibile.. e della mia voce era rimasto solo un flebile suono, sussurrato. Avrei voluto urlare in quel momento, ma mi era stato privato pure questo privilegio.
Avrei voluto urlare "BASTA" ma ne uscì solo un leggero sussurro spezzato dai miei singhiozzi.
Stringevo il mio pugno così forte che riuscii a percepire le mie unghie quasi penetrarmi nel palmo della mano.

Sembravi non capire.. o forse facevi finta? o magari non volevi capire.

Ti dissi che non ce la facevo più, che volevo tornare a casa e che non volevo stare lì dentro un minuto di più.
Continuavi a far finta di non capire mentre io con gli occhi ti imploravo di togliermi quella dannata flebo, di chiamare papà per farci venire a prendere con la macchina e tornarcene a casa, che potevo pure sforzarmi a camminare nonostante avessi dolori lancinanti alle caviglia, alle ginocchia, all'addome, alle braccia, alla schiena.
Io avrei soltanto voluto uscire da lì.. e poi lasciarmi andare.

E te lo dissi.

Te lo dissi con il mare negli occhi e il cuore in mano, tre parole che avevi sperato non sentire mai..



"Mamma, preferisco morire".

...

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