Situazione

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Dylan's pov

Aspettavo con ansia il suono del campanello.

Erano quasi le 20 e Tyler sarebbe arrivato a minuti. Ero stato davvero felice di ricevere il suo messaggio di scuse, non riuscivo a pensare ad altro che a quella sera.

Avevo paura di averlo spaventato con il mio interesse verso di lui e che non si aspettasse attenzioni di quel tipo invece quel messaggio mi aveva spinto a credere che anche lui infondo provasse qualcosa per me. Avevo inoltre immaginato, ad essere sincero, che il suo comportamento fosse dettato dallo stupore dei sentimenti che non immaginava di provare ma questo era un discorso molto pretenzioso e avevo promesso a me stesso di non fantasticare troppo con la mente per evitare di rimanere completamente deluso.

C'era anche da dire che non avrei accettato che quello che era accaduto la sera prima si ripetesse.

Avevo tutte le intenzioni di mettere le carte in tavola o quanto meno di far capire a Tyler quali fossero i miei propositi.

Per questo motivo indossavo la mia camicia preferita, bianca, stirata e profumata, controllavo il mio aspetto ogni due minuti aggiustandomi i capelli e avevo scelto una playlist di musica soft-romantica che donasse l'atmosfera giusta alla situazione.

Finalmente il campanello suonò e correndo verso la porta quasi inciampai.

Quando aprii l'immagine di Tyler che aspettava in piedi sull'uscio mi ricordava in qualche modo come sarebbero dovuti essere i Bronzi di Riace che aspettavano di essere recuperati dal mare.

Indossava anche lui una camicia, ma nera, e dei pantaloni, neri. Aveva un sorriso dipinto in volto a metà fra l'imbarazzo e la seduzione o forse così mi piaceva immaginare.

I suoi occhi blu mi fissavano aspettando che dicessi qualcosa ma questa volta toccava a me ad essere senza parole.

Tornai in me prima che la situazione diventasse troppo imbarazzante, fortunatamente.

<<Benvenuto.>> riuscii a dire con un sorriso nervoso. <<Grazie>> il suo non fu da meno.

Feci un passo indietro e lui entrò in casa fermandosi di fianco il ripiano della mia cucina. Mi accorsi che aveva portato delle birre così mi sporsi per prenderle mentre gli dicevo che aveva avuto un'ottima idea e quando le afferrai, per sbaglio o no, le nostre dita si sfiorarono e automaticamente i nostri occhi si fissarono. La tenzione era decisamente alta.

<<Forse dovremmo aprirne una>> propose.

<<Si certo, volentieri.>>

Andai a prendere l'apribottiglie e ne aprii due. Le facemmo scontrare e bevemmo un sorso.

Stranamente fu lui ad aprire il discorso: <<Sono veramente dispiaciuto per come sia andata ieri. Sono felice di essere qui.>>

Mi aveva colto alla sprovvista. Risposi d'impulso: <<Non preoccuparti, non avrei dovuto andar via in quel modo... È solo che non riuscivo a capire cosa ti prendesse>>.

La sua espressione tornò per un attimo quella confusa della sera prima e poi, come se si fosse fatto una promessa e avesse deciso di mantenerla, divenne serio, bevette un altro sorso di birra e disse: <<In realtà neanche io so cosa mi sia preso. Immagino che fossi soltanto stupito di vedere quanto sei cambiato rispetto a come ti ricordassi>>. Dicendo queste parole mi lanciò uno dei soliti sguardi alla Derek Hale. Uno di quelli che ti incatenano e ti fanno credere di essere ammanettato ed incapace di muoverti anche se in realtà non è così.

Non era previstoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora