"Perchè sono ore che tremo
Pensando che ci rivedremo."
-Mecna, Chilometri
Quel giorno sorridevo, me lo ricordo perfettamente.
Sembrava quasi che fossi tornata quella di due anni prima, la stessa Camilla che rideva per ogni piccola cosa. Prima di quel giorno mi piaceva prendere con leggerezza qualunque cosa; ero giovane, bella, spensierata, avevo tutta la vita davanti e non mi spaventava l'idea di viverla a pieno. Poi quell'incidente, il rumore improvviso dei freni, l'odore acre del sangue e dopo nulla più. Ma era arrivato il momento di andare avanti, se solo l'avessi capito prima, se solo non avessi aspettato due fottutissimi anni, se solo non avessi mai conosciuto lui.
Camminavo per le vie di Venezia, il cappuccino caldo appena acquistato tra le mani e gli auricolari nelle orecchie, quasi a isolarmi dal resto. I capelli castani ricadevano morbidi sulla schiena, sfiorando lievemente il bacino, e per quanto mi sforzassi per metterli al loro posto finivano sempre per cadermi davanti agli occhi. Sospirai afflitta per la quinta volta di seguito, valutando l'idea di mettermi a piagnucolare per strada come una bimba, aggiustando poi il maglioncino chiaro che avevo addosso.
Qualche minuti, autobus e bestemmie dopo mi ritrovai davanti alla boutique di libri nella quale lavoravo e- come di routine- alzai la serranda, entrando nel piccolo negozio. Il tepore dell'ambiente e l'odore forte della carta mi avvolsero dolcemente, suscitando istantaneamente un piccolo sorrisetto soddisfatto in me. Amavo il mio lavoro -nonostante non fosse quello che avevo sempre sognato fare- e ci mettevo tutta me stessa per farlo al meglio e meritarmi quei quattro spicci che guadagnavo. Tolsi il cappotto pesante, aggiustandomi appena i capelli dietro le orecchie e rimisi al loro posto un paio di libri prima di sentire il tintinnio fastidioso del campanello che segnalava l'ingresso di qualcuno. Mi affacciai appena, nascosta dietro agli scaffali, e non vedendo nessuno tornai a quello che stavo facendo, appuntandomi mentalmente di andare a controllare una volta finito.
"C'è qualcuno?" Domandai, cauta, consapevole che quella sembrasse proprio una scena degna di un film horror. Poggiai Il giovane Holden sulla pila di libri ancora da riordinare, avviandomi verso l'ingresso. Probabilmente mi sarei dovuta munire di una mazza da baseball, ma la mia principale non era esattamente favorevole alla violenza, quindi me la sarei dovuta cavare da sola. Cercai di ricordare tutto quello che avevo imparato nei due mesi di corso anti-aggressione, prima di superare l'ultimo scaffale che mi divideva da un potenziale assassino.
Mi piacerebbe dire che quel giorno stesi un uomo, mi piacerebbe dire di essere stata una vera e propria eroina e di aver evitato un possibile stupro e quello che sarebbe stato l'ennesimo furto, mi piacerebbe poter dire di aver messo in atto anche solo una di quelle improbabili mosse di difesa che ricordavo vagamente.
E invece no. Era solo un ragazzo, di qualche anno più grande di me, probabilmente, chino su un libro dalla copertina nera, con la musica a tutto volume sparata nelle orecchie. Non ero mai stata una persona molto credente- ad essere onesti non andavo in Chiesa dal giorno del funerale dei miei genitori- ma mi ritrovai a ringraziare qualsiasi divinità mi passasse per la testa per avermi salvata anche quel giorno. Forse mi sarei potuta ricredere sull'esistenza di Zeus.
"Ciao, posso esserti utile?" Feci cordiale, muovendomi appena per attirare la sua attenzione. Lo vidi togliersi entrambe le cuffie, chiudere di scatto quel libro e alzare lo sguardo su di me. E, per l'amor del cielo, che non l'avesse mai fatto. I suoi occhi scuri, color nocciola, mi fissavano incuriositi al di sotto delle lunga ciglia castane e le sue labbra- cazzo, quelle labbra- improvvisavano un sorriso tirato, insicuro. Possibile che mi perseguitasse ovunque?
"In realtà dovrei essere in università, ma avevo proprio voglia di comprare qualcosa." Spiegò, imbarazzato, grattandosi la nuca e scompigliandosi i capelli con le dita affusolate. Dovevo avere una faccia piuttosto idiota, in quel momento, perchè lo vidi trattenere una risata e distogliere velocemente lo sguardo, evitando di fissarmi. La sua voce era... calda. Non c'è un modo per descriverla, semplicemente calma, avvolgente. Per un attimo dimenticai tutto, socchiusi gli occhi e mi concentrai sulle sue parole, come se potessero in qualche modo avere un effetto benefico su di me. Li riaprii subito, ma desiderai non averlo mai fatto.
Il suo sguardo era fuoco liquido, bruciava, riuscivo a percepire il suo calore anche a quella distanza, lo sentivo scorrere lentamente sul mio corpo, toccando anche qualcosa di più profondo. Era come se una sola occhiata fosse bastata per capirmi, per arrivarmi dentro, fin dentro le ossa, come se solo due minuti fossero bastati per leggermi. E mi sentivo nuda davanti ai suo occhi intensi, nuda davanti a tutte quelle attenzioni, quando in realtà probabilmente il suo unico scopo era realmente quello i vedermi senza vestiti.
Se solo l'avessi capito prima, non mi sarei ridotta in quel modo. Se solo l'avessi capito prima, non mi sarei totalmente innamorata di lui. Cosa mi hai fatto, Michele, cosa mi hai fatto?