68 - Una chiamata inattesa

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Una volta raggiunti gli altri in sala mi sistemai nel centro del divano. Notai subito l'assenza di Lei ma non feci domande, non ne avevo il diritto. Potevo capirla se fosse confusa, spaventata, incazzata.

Ero assente, ero perso nei miei pensieri ma colsi subito le parole di Andrea quando chiese a Lei di unirsi a noi.

Alzai lo sguardo sui di Lei che prontamente voltò il capo altrove. Non voleva guardarmi e io non potevo fargliene una colpa.

Seguii i suoi movimenti, un moto di frustrazione mi invase quando la vidi sedersi accanto ad Andrea e confabulare con lui.

Poi i sensi di colpa divennero quasi insopportabili quando udii distintamente le sue parole taglienti, velate di rancore e disappunto, certamente indirizzate a me.

-Non è successo assolutamente niente- disse calcando la voce sulle ultime parole. 

Tutti si voltarono a guardarla attoniti mentre Andrea cercava, inutilmente, di capire cosa fosse accaduto.

-Non ho nulla da dire- rispose con sprezzo.

Allora fu il turno di Manuel di intervenire.

-Sei arrabbiata?-  chiese preoccupato.

I suoi occhi si addolcirono all'instante quando li fissò in quelli di mio fratello.

-No Manu- rispose in un sussurro -non sono arrabbiata, sono solo un po' stanca, ho dormito male stanotte-

Approfittai di quella sua piccola apertura per farmi avanti e chiederle di seguirmi in terrazza.

Contro ogni mia più oscura previsione Lei annuì lasciando il divano per venirmi dietro.

Il silenzio che ci lasciammo dietro sembrava surreale, era pesante e quasi gelido.

Quando entrambi ci sedemmo sul divanetto da esterno quel silenzio si fece persistente, quasi tangibile.

-Ti va di parlare?- chiesi dopo un po'.

-E di cosa?-  domandò sprezzante.

-Di quello che è accaduto stamattina-

-E, di cosa in particolare?-  insisté Lei.

-Ce l'hai con me?- 

-Dovrei?-

-No che non dovresti, mi pare ovvio!- dissi frustrato -oggi abbiamo parlato tanto ma ci sono delle cose di cui ancora non possiamo parlare-

-Perché?- 

-Perché adesso ci faremmo solo del male e farlo a te è l'ultima cosa che voglio-

-Odio questi stupidi discorsi, che significa che ci faremmo del male?- era arrabbiata e la sua voce tuonò come non aveva mai fatto.

-Ti fidi di me?- dissi cercando di trasmetterle tutta la mia convinzione.

I suoi occhi si sgranarono leggermente per un attimo per poi volgere altrove, persi in chissà quale lontano pensiero.

-Guardami- ne richiamai l'attenzione -ti fidi di me?-

-Si, purtroppo si- sussurrò guardandomi ancora una volta.

-E' già qualcosa- mimai un sorriso -ti prego, non ho voglia di litigare con te adesso-

Lei non parlò ma le sue mani dissero più di mille parole.

-Ho una cosa per te- le dissi allora addolcendo il tono di voce.

Lei inclinò il capo e mi guardò con quegli occhi che sapevano farmi perdere il lume della ragione.

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