Capitolo II

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Capitolo 2.

Mi recai a scuola per tempo.
La struttura era ubicata vicino Central Park e, nonostante i pochi fondi a nostra disposizione, papà aveva insistito perché frequentassi una scuola privata.
Diceva che anche la mamma lo avrebbe voluto, ma sinceramente a me non importava affatto.
Avrei benissimo potuto frequentare una scuola pubblica un po' come tutti.
La cosa che odiavo di più delle scuole private era indossare una divisa scolastica, ma fortunatamente alla "Saint Anne High school" ciascun studente aveva il diritto di poter scegliere.
«Ehi, Max! Che si dice?» Incrociai Richard all'ingresso della scuola.
Era un compagno di scuola con cui ogni tanto scambiavo due chiacchiere.
A parte lui, effettivamente non potevo dire di conoscere qualcun altro.
A dire la verità intrattenevo migliori conversazioni con le anime dei defunti, piuttosto che con i vivi.
«Ti trovo molto bene. Come hai passato questa estate?» continuò, poggiando una mano sulla mia spalla.
Ogni ricciolo castano dei capelli gli ricadeva sugli occhi azzurri mentre parlava.
Era davvero molto carino, e non avevo idea di come fossimo finiti a parlare durante quegli anni.
«Ehi, buongiorno Richard!» Gli sorrisi imbarazzata. «Beh, non male a dire la verità. Io e papà siamo stati per quasi tutto il tempo in campeggio e poi abbiamo fatto tappa per qualche giorno al mare...»
«E infine ho passato tutto il resto dell'Estate a veder trapassare gente verso l'aldilà e, come ciliegina sulla torta, la nostra vicina di casa è morta ieri sera per soffocamento di un'oliva.» «Interessante! Deve essere stato magnifico.» Sfoggiava un bel sorriso.
Sentii le guance divampare all'improvviso. «Sì, dai. È stato divertente. Tu, invece? Qualche attività sorprendente che non implichi il campeggio o il mare?»
Ci incamminammo per il corridoio della scuola.
In giro era pieno di ragazzi che parlavano tra loro per gruppi.
Alcuni mi rivolgevano delle occhiatacce che all'inizio mi avvilivano, ma ormai ero abituata a non dargli peso.
Ero stata additata come quella "strana" da quando, una volta, qualcuno mi aveva visto parlare da sola nel bagno delle ragazze.
Inutile specificare con chi stessi parlando.
«A dire la verità, sì.» rispose Richard, risvegliandomi da quel ricordo.
«Sono stato in Italia, precisamente a Roma. Lì ho dei parenti Italiani che sono la fine del mondo, un po' come il cibo. Credo di essere ingrassato almeno due chili... Tu ci sei mai stata?»
Certo, che idiota ero stata.
Me lo aveva detto che ci sarebbe andato proprio quell'estate e io, come una stupida, l'avevo dimenticato.
Richard di cognome faceva Grimaldi, un nome italiano.
Da quel che ne sapevo aveva ereditato il nome da suo nonno paterno, anche lui un italiano emigrato in America da parecchi anni.
«No, mai. Sarebbe elettrizzante poter volare in Italia. Vorrei tanto vedere il Colosseo... E poi mi piacerebbe assaggiare i piatti locali come la vera pizza.» gli dissi sorridendo mentre mi fermai al mio armadietto.
«Beh, la prossima volta potresti venire con me. Allora, che ne dici?»
Quella domanda così su due piedi, mi fece solleticare lo stomaco per un secondo.
«Eh? Ma dove? A Roma?»
Continuava a sorridermi. «Certamente.»
«Ehm... Sì, perché no. Magari, un giorno...»
«Ehi, aspetta! Non volevo metterti in imbarazzo... » disse in fretta. «Sarebbe molto bello, sì. Ma solo se per te non è un problema!»
«Certo che non lo è.» riuscii a dire, ancora senza parole. «Volevo solo dire che... Ecco, mi piacerebbe. Non credo ci sia nessun problema.» Gli sorrisi sincera e infine scoppiammo a ridere assieme.
Certo, nessun problema a parte il permesso di mio padre.
Ma ci avrei pensato dopo.
Chi avrebbe mai immaginato che Richard avesse chiesto proprio a me di andare con lui quando sarebbe andato nuovamente in Italia.
«Bene. Allora...» La campanella suonò per indicare l'inizio delle lezioni. «Ci vediamo a pranzo!»
«Ci sarò!» gli dissi prendendo gli ultimi libri dall'armadietto.
Infine lo salutai e mi diressi alla prima lezione, la prima di quell'ultimo anno scolastico al liceo.
Entrai nell'aula sperando di non essere la prima, ma nemmeno l'ultima ad arrivare.
Sarebbe stato imbarazzante in entrambi i versi.
Per mia fortuna gli ultimi banchi erano ancora liberi e così presi posto lì vicino per avere a disposizione tutto lo spazio di cui avessi avuto bisogno.
L'aula di Anatomia si andava riempiendo velocemente di studenti, quando una faccia familiare entrò verso la fine e si venne ad accomodare nell'ultimo posto libero.
Non poteva essere una coincidenza, non dopo l'incontro di quella mattina.
Lucian, quel ragazzo che avevo incontrato mentre aspettavo la metropolitana, si era seduto nel banco accanto al mio e non mi aveva degnata neanche di uno sguardo.
«Che tipo insopportabile. Non posso credere frequenti la mia stessa scuola.» pensai.
Presi una penna e un quaderno dallo zaino, e subito dopo iniziai a fissarlo con la coda dell'occhio.
A guardarlo meglio non sembrava americano.
Il suo viso ricordava più un europeo, forse per via dei capelli chiari e dei suoi occhi verdi.
«Bene, ragazzi. Ora che vi siete accomodati tutti, vi auguro che questo anno scolastico possa aprire nuove porte a tutti voi.» disse il professore alla cattedra.
«Oggi, però, come prima cosa vorrei presentarvi un nuovo compagno. Avvicinati pure, ragazzo.»
Al richiamo dell'Insegnante, Lucian fece come gli venne detto.
«Lui è Lucian Klein.» L'insegnante indicò il ragazzo. «Si è trasferito da poco dalla Germania e adesso vive qui con i suoi genitori. Parla un perfetto Inglese, quindi non avrete nessun problema di comunicazione. Mi auguro che lo aiuterete ad ambientarsi nella nostra prestigiosa scuola nel miglior modo possibile. Questo è tutto. Puoi andare a sederti, Lucian. E adesso incominciamo con la lezione...»
Lucian calò la testa e ritornò al suo posto.
Tutti lo fissavano con l'aria inebetita, soprattutto le ragazze.
Chissà cosa avrebbero potuto pensare, invece, se avessero saputo che era come me.
Il fatto che potesse parlare con i morti avrebbe cambiato la loro opinione, o non gli sarebbe importato nulla?
Era una cosa che mi chiedevo spesso.
Magari, se fossi riuscita a nascondere meglio il mio segreto e a comportarmi normalmente in pubblico, a quell'ora nessuno mi avrebbe guardata come facevano solitamente.
Mentre ci riflettevo su, Lucian mi guardò.
«Ci si rivede.» gli sussurrai socchiudendo gli occhi, indispettita. «Il tuo amico non è con te questa volta?»
«Se già non lo sapessi gli spiriti non frequentano la scuola.» mi rispose con una smorfia.
«Sai com'è... Non si sa mai nella vita. Alcuni prendono pure la metropolitana.»
Alzò un sopracciglio. «Perché? Che c'è di male nel farlo?»
«C-cosa? Che c'è di male?!» quasi non squittai. «Stai scherzando, vero? I fantasmi dovrebbero oltrepassare questa vita e andare non so dirti esattamente dove, ma teoricamente in paradiso. O almeno credo... Non scorrazzare per tutta la città insieme ad un umano che può vederli.»
Lucian si voltò verso il professore e la sua espressione mutò.
«Sei convinta che vadano per davvero in paradiso?» Si fece serio.
«Beh... che ne so. La Religione, la Bibbia, Internet? Tutte queste cose ti fanno pensare di sì.»
«Internet?!» Scoppiò a ridere.
Il Professore guardò di traverso Lucian, che riprese immediatamente ad essere silenzioso.
«Tu sì che sei proprio strano.» gli sussurrai infine, intenta a concentrarmi sulla lezione.
«Forse lo sarai tu, che non capisci ancora cosa sia davvero il tuo dono.» Si accigliò.
Da quel momento in poi non parlammo più fino alla fine della lezione.

A pranzo mi ero seduta da sola fino a quando Richard non si avvicinò con il suo vassoio in mano.
La mensa era piuttosto grande e piena zeppa degli schiamazzi di tutti i ragazzi.
«Posso?» mi chiese gentilmente.
«Certamente! Accomodati pure.» Gli feci spazio accanto a me.
«Allora racconta un po', come è andata questa prima lezione? Io avrei voluto buttarmi sotto un camion per tutto il tempo. Non ne potevo più.» mi chiese con la bocca piena dello sformato di patate.
A quelle parole mi sentii un attimo trasalire. Non adoravo quelle battute sulla morte, specialmente se si riferivano in qualche modo al suicidio.
Dentro di me si creava una sensazione di disagio che mi riportava alla mente la mamma, legata ad un cappio e con gli occhi aperti e privi di vita.
«Oddio, Max.» Richard inghiottì tutto velocemente. «Mi dispiace, non volevo...»
«Non preoccuparti. Non fa niente...» gli dissi bevendo un po' d'acqua e accennando un sorriso.
«Davvero? Scusami davvero, a volte so di essere un po' indelicato.»
Di certo non era colpa sua. Era mia, che dopo dieci lunghi anni non ero ancora riuscita a superare la cosa.
«Sì, stai sereno. Non ti devi scusare.» gli dissi sviando il discorso. «Comunque anche a lezione da me è stata una noia terribile. Il professore Smith è soporifero.»
«Posso immaginare. Smith riesce a fare addormentare classi intere.» Abbozzò un sorriso, ancora imbarazzato.
«Hai programmi dopo la scuola? Io pensavo di passare un attimo in fumetteria. Ti andrebbe di farci un salto?»
«In fumetteria, dici? Beh, dai perché no. Si potrebbe fare!» Ricambiai il sorriso mentre ingurgitavo una cosa simile ad un polpettone di carne.
E pensare che quella roba la pagavamo profumatamente. Papà spendeva così tanti soldi per la retta, che una scuola pubblica sarebbe stata esattamente lo stesso!
«Posso sapere in quale fumetteria vorreste andare?» chiese Lucian mentre prendeva posto di fronte a noi. Aveva una mela in mano, mezza morsa.
«E tu saresti...?» gli chiese Richard, confuso.
«Lucian. Lucian Klein, molto piacere.» si presentò mentre dava un altro morso alla mela.
«Ehm, Richard... Lui è un nuovo studente che si è trasferito nella nostra scuola. Viene dalla Germania ed è nella mia classe di anatomia.»
Non capivo cosa fosse venuto a fare. Che voleva da noi? O meglio, da me?
Mi sentivo perseguitata.
«Wow. Fantastico, amico! Da che parte vieni precisamente?» Richard sembrava entusiasta.
«Del Nord. Vengo da Amburgo, ci sei già stato?»
«Mmh, no. La conosco solo di nome.» Rise sincero.
«Bene. Ma piuttosto...» Lucian mi osservò in una maniera che mi fece venire i brividi.
Quel tipo iniziava a darmi fastidio. E poi qual era il suo obiettivo? Rubarmi l'unico amico che avessi?
«Per quanto riguarda quella fumetteria di cui stavate parlando? Dov'è che si trova esattamente?» aggiunse.
«È vicino la scuola, se vuoi puoi unirti a noi questo pomeriggio.»
Non so se Richard volesse davvero che Lucian fosse dei nostri, ma era troppo gentile per far sì che non glielo chiedesse.
«Tanto ci andrò in ogni caso con questa bella ragazza, giusto... Max?»
Mi sentii la faccia esplodere.
«Sì, come no. Comunque per me va bene.» Gli sorrisi immaginando di scomparire all'istante.
Non avevo la più assoluta voglia di voltarmi e incontrare lo sguardo già fisso su me di Lucian.
«Allora ci vediamo più tardi.» Lucian diede un ultimo morso alla sua mela e si alzò.
«Richard, corretto?» gli chiese.
«Sì, Richard Grimaldi. Piacere di conoscerti!» Richard sorrise. «Allora a più tardi? Ti va bene per le diciassette?»
«Perfetto. Alle diciassette, allora. Ciao, ragazzi.» Lucian fece un mezzo sorriso salutandoci, poi ci diede le spalle dileguandosi nella folla della mensa.
«Quel ragazzo è un tipo alquanto strano.» dissi senza pensarci due volte.
«Perché? A me non sembra tanto male. Magari vuole solo fare amicizia con qualcuno.»
«È solo una sensazione, tutto qua.» risposi. «Piuttosto, prima che suoni la campanella vado un attimo in biblioteca. Devo cercare un libro. Ci si vede dopo!»
Ci salutammo in fretta e infine corsi fuori dalla mensa, con la speranza di trovare quel che avessi in mente. 

Obstacle, all'ombra del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora