Chiunque resta fuori dall'edificio fermo immobile.

«La riuscita del piano stà nel silenzio.

Primo, entrare alle poste.

Secondo, mettersi in fila.

Terzo, togliersi la giacca.

Quarto, osservare le reazioni degli astanti alla vista della poco sofisticata bomba.

Quinto, premere il bottone.

Tutto nel più assoluto silenzio.»

Chiunque veste di verde, il giubbotto largo gli va oltre la cintola. I pantaloni sono strappati sulle ginocchia e il suo ciuffo moro non fa altro che fermarsi sul suo occhio destro. Ha diciassette anni, una buona carriera scolastica in un liceo qualunque e una casa col frigo sempre pieno. Chiunque vuole farsi esplodere.

«E' nel silenzio che tutto questo ha senso. Come nell'inizio, questa dovrà essere la fine»

Entra sorpassando con unico passo deciso le porte a scorrimento. Nel plasticoso arredamento si trovano solo quattro persone, senza contare il furioso cagnolino bianco di una impellicciata signora sulla cinquantina che, alla sua vista, comincia ad abbaiare.

«''Buono Taffi!''» Fa la signora impellicciata con stridula voce e, rivolgendosi alla ventiquattrenne seduta vicino a lei, dice «''Sai, è un cagnolino così buono! Solo che dopo qualche ora in un posto che non conosce si irrita!''»

La ragazza si chiama Giulia, è di un anno fuori corso ad architettura ed è lì per pagare le tasse universitarie. Non si era potuta laureare l'anno prima perché la sua convivente, nonché padrona di casa, l'aveva sfrattata per far posto ad una masnada di sudamericani. 'E' per un fatto politico' aveva detto, ma Giulia sapeva bene che era solo per farsi sbattere da quattro palestrati dalla pelle scura. Insomma, aveva trovato un lavoro full-time in un ristorante cinese e si era tirata su. Si sarebbe laureata da lì a tre mesi.

«''Senta signora, a me non frega un cazzo se il suo cane si irrita. O lo fa stare zitto, o giuro che gli schiaccio il cranio.''»

L'energumeno rasato dice la frase con la massima naturalezza, senza nemmeno guardare la signora mentre mima la minaccia con l'anfibio.

«''Animale!''» La vocetta stridula della signora e' appena udibile mentre lo dice.

La signora si chiama Rosa e ha cinquantasette anni. La pelliccia che indossa gli e l' ha regalata il marito, morto qualche anno prima di incidente stradale. E' in posta per ritirare l'ultima pensione di lui, con la quale potrà pagare solo l'ultima rata di avvocati con i quali ha difeso la proprietà della casa in cui abita. I fratelli di lui volevano farci dei miniappartamenti.

Taffi non smette di abbaiare.

«''Ehi, fascio! Pure a me stà sul cazzo la signora e il suo cane di merda, ma non per questo la minaccio!''» La voce di Giulia risulta ferma e pacata, per quanto imperativa.

Mentre Rosa biascica un 'grazie' piuttosto dubbioso, il rasato risponde «''Lasciami perdere zecca.''»

Il rasato si chiama Pietro, ha trentadue anni ed è fascio da dodici. In prima superiore aveva scelto lo schieramento di destra andando a fare ''Pulizia Etnica'' il sabato notte invece di occupazioni, chitarrine e canne. Pensava di fare davvero la differenza, anche se le sue convinzioni vacillarono quando un gruppo di red-skin lo picchiarono a sangue, e l'unico che chiamò l'ambulanza fu un senegalese che si trova lì per caso. Nel dubbio continuava a rasarsi il cranio.

Nel frattempo Chiunque rimane ad occhi spalancati, osservando la scena quasi come in trance.

«Il silenzio, non c'è il silenzio.»

Chiunque, lentamente, tira fuori una pistola.

Rosa vede tutto e prova ad avvisare i due, ma il litigio fra Giulia e Pietro è già partito.

«''E' per colpa di quelli come voi se la nostra grande nazione stà navigando nella merda! Siete solo un gruppo di viziati figli di papà che non fanno altro che parlare di accoglienza, di integrazione. E intanto i soldi di quelli che lavorano vanno a chi non fa un cazzo, se non rubare e vendere dosi ai tossici come voi! Ecco perchè li amate tanto, altrimenti chi vi foraggerebbe?!''»

Taffi continua ad abbaiare.

«'' 'Foraggerebbe', cazzo un fascio che è arrivato alla lettera F del dizionario. Peccato che quella tua acculturata bocca la riempi solo di stronzate. Figlia di papà a chi? Sono io quella dei due che è venuta in autobus, mentre tu vai in giro con la tua bellissima Audi. L'ho vista fuori, nera e traslucida. Se credi così tanto nell'Italia perchè cazzo non ti prendi una Punto?! E poi quella dei soldi che vanno agli extracomunitari è la balla più vecchia che esista! Perchè non mi dici quella sugli alberghi o sui cellulari ultima generazione! O magari le scie chimiche!''»

«''Ecco appunto, gli alb..''» Pietro non riesce a finire la frase, mentre esplode il primo colpo.

E' diretto al cane, che rantola un ultimo respiro ringhiante.

Rosa grida con tutto il fiato che il suo petto, una volta una quinta abbondante, gli permette.

«Il silenzio è necessario.»

Chiunque spara il secondo colpo, questa volta in testa alla signora. Rosa si affloscia sulla salma del fu-una-volta cagnolino Taffi.

Ora nella stanza regna il silenzio.

Chiunque si toglie il giubbotto e mostra agli astanti una salopette di tubi di vetro pieni di chiodi e pietre, collegati gli uni con gli altri da fili di rame. Lascia il giubbotto per terra e osserva.

Giulia ha già visto una bomba del genere. La fece un suo ex-ragazzo delle superiori per un corteo antimilitarista. L'aveva fabbricata con lui, divertendosi in quel gesto insurezzionalista. Provarono a farla brillare fra i celerini durante la carica, ma avevano sbagliato qualcosa nell'innesco e ci era passato un loro compagno che l'aveva raccolta. Loro erano tornati a casa di lui per un amplesso che per Giulia fu il migliore della sua vita, mentre il compagno stava scontando vent'anni per tentata strage. Sarebbe uscito fra dieci anni.

Anche Pietro ha già visto una bomba così. Era un passaggio d'obbligo fabbricarne una e andare allo stadio per mostrare quanto fosse grande l'amore per la propria squadra. Il suo era così grande che quando la bomba esplose mozzò tre dita e amputò una mano. Ci aveva messo due settimane per metterla a punto e fare in modo che non venisse scoperta dai controlli agli ingressi. Il proprietario della mano si chiama Fabio, e non torna più allo stadio per picchiare gli extracomunitari abusivi. Il possessore delle dita, invece, si chiama Diego. Ora ha ventidue anni, e a undici era una delle più grandi promesse del pianoforte in Italia.

«Finalmente, ecco. Il silenzio.»

Chiunque preme il bottone, e il resto è buio.

Hamir ha trentasette anni, ed è alle poste per pagare le tasse sul suo negozio di articoli sportivi. E' nato in Italia, anche se sua madre viene dallo Sri Lanka e parla correttamente il cingalese. Gli è stato sempre insegnato di farsi i fatti suoi, di non farsi notare. Così ha fatto anche quel giorno, mentre faceva la fila alle poste. Appena ha visto il ragazzo estrarre la pistola si è diretto verso l'uscita, lentamente. Non ha detto una parola mentre sentiva i vetri infrangersi dietro di lui.

Adesso Hamir è dietro la sua scrivania, nel suo negozio di articoli sportivi, e pensa:

«La riuscita del piano stà nel silenzio.

Primo, entrare alle poste.

Secondo....»

FINE

Cinque Passi Nel SilenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora