Sto correndo lungo un sentiero poco battuto nel bosco per prendere la rincorsa e saltare per arrampicarmi su un muro alto poco più di due metri e lungo qualche chilometro, dove in certi punti c'è una grande concentrazione di rampicanti mista a fiori. Conto i passi che mi separano dal salto. Quattro. Tre. Due. Uno. E salto. Mi aggrappo con le mani sui rilievi più sporgenti e, facendo leva sulle braccia e sulle gambe, mi isso sul bordo. Oltre il muro vedo quella pianura che aspetto con grande voglia ogni mattina: ci sono alcuni alberi immensi che adornano il paesaggio assieme ad un fiumiciattolo dai riflessi limpidi che serpeggia nelle vicinanze. Amo la campagna: m'infonde tranquillità.
Sinceramente non so come abbia scoperto questo posto, volevo trovarne uno per me.
Scendo dal muro e m'incammino lungo il pendio, verso la radura, assaporando il dolce calore del sole.
***
Nuvole.
Particelle d'acqua condensate nell'aria.
Queste sono le parole che definiscono una nuvola in modo scientifico. Eppure vedendole, sembrano più un qualcosa di soffice, per nulla razionale, che si lasciano trasportare dal vento in mille forme. Prima in una tigre, poi in una ninfea, poi in altre sagome troppo belle per descriverle.
Sono su un albero, sul ramo più alto che riesco a raggiungere e che più mi sostiene. Su di esso ci sono alcune incisioni a forma di onde; le ho fatte un paio di anni fa, mi ricordano il tempo: di come prima o poi qualsiasi cosa riaccade nella stessa maniera.
Tengo la testa verso l'alto, le gambe che ondeggiano e il vento che mi soffia aria calda su tutto il corpo. È un giorno di luglio, nella terza settimana di un anno che per me non ha molta importanza.
Nelle ultime settimane ho migliorato la mia abilità di arrampicata: riesco in pochissimi secondi a raggiungere la cima dell'albero, portandomi anche una borsa che nascondo dentro una cavità del tronco. Quando è bel tempo, tiro fuori da lì il blocco e le poche matite che ho a disposizione e inizio a fare qualche schizzo. Alcuni di questi li avevo fatti vedere a mio nonno che, dopo averli guardati per bene, si era congratulato con me. Era una piccola soddisfazione sentirlo. Può sembrare un gesto da egoista, esserne soddisfatti, ma era l'unico motivo per non abbandonare tutto. E lo è tuttora.
Il sole sta piano piano tramontando ed è così bello ammirarlo, vedere quelle sfumature rosa diventare sempre più vive, fino a quando non si spegne oltre l'orizzonte; poi iniziano a farsi strada piccole lucciole. Sorrido non appena le vedo: sembrano le stelle.
Quando danzano, capisco che è l'ora di andare. Nascondo il materiale e, come un piccolo scoiattolo, scendo in men che non si dica. Corro veloce per la rincorsa, salto e afferro una sporgenza, ma mi accorgo tardi che è acuminata. Soffoco un grido e cerco di scavalcare il muro. Quando sono dall'altra parte controllo la mano: a quanto pare si tratta di un taglio non troppo grave e vedo che escono dei rivoli di sangue; con il dito ne traccio il bordo e decido di fasciarla con del muschio che c'è nei solchi del muro. A pensarci, poteva andare peggio: potevo scivolare e scavarmi un solco lungo il braccio.
Pensando all'accaduto e alla mia buona sorte, ripercorro indietro il sentiero. Dopo un paio di minuti, stranamente mi ritrovo al muro. Aggrotto la fronte e visualizzo mentalmente il percorso appena fatto: forse mi sono confusa con la direzione, anche se non trovo l'errore che ho commesso. Prendo quella giusta e arrivo di nuovo al muro. Appena lo vedo mi percorre un brivido lungo la schiena. Mi avvicino e mi accovaccio con cautela trovando soltanto le erbacce alla base. Tocco con le punte delle dita la superficie di roccia: oltre a percepire la sua ruvidità e il frinire dei grilli, non trovo nulla di strano. Poi alcune lucciole si avvicinano e iniziano a girarmi intorno. Sono sorpresa che non abbiano paura di me. Ricordo che mio nonno mi aveva detto tempo fa di catturarne qualcuna con il barattolo di vetro, ma per me, a quei tempi, era troppo difficile. Correvo più veloce che potevo, ma loro erano furbe e si alzavano in alto. Ed io senza fiato mi stendevo sull'erba fresca per riposarmi.

STAI LEGGENDO
Le gocce di luce e i muri color bordeaux
Krótkie Opowiadania"Nuvole. Particelle d'acqua condensate nell'aria. Queste sono le parole che definiscono una nuvola in modo scientifico. Eppure vedendole, sembrano più un qualcosa di soffice, per nulla razionale, che si lasciano trasportare dal vento in mille forme...