7 Agosto 2017
Nora si era svegliata troppo presto per far colazione, ma il lavoro chiamava come ogni lunedì e lei non poteva evitare di rispondere. Aveva acceso la piccola televisione della cucina per farle compagnia mentre il latte bolliva sul fuoco.
Odiava parlare di prima mattina, quando aveva ancora gli occhi gonfi, i capelli di una forma non ben specificata e la voce impastata dal sonno, quindi la tv offriva una valida alternativa a una persona in carne e ossa a cui avrebbe dovuto rispondere prima o poi. Se non si prestava ascolto alla televisione, questa non si offendeva.
«Tragedia avvenuta ieri sera. Un aereo della compagnia...» versò il latte ormai caldo nella tazza e si portò al tavolo, dove c'erano già i cereali appoggiati sul piano accanto alla zuccheriera. Dopo quel momento il mondo poteva iniziare a scocciarla «...Partito da Malpensa, si è schiantato sul suolo spagnolo prima di giungere a destinazione».
Una fitta alla bocca dello stomaco le impedì di ingerire ciò che aveva in bocca, il giornalista si era assicurato la sua attenzione, il cuore batteva tanto da far male. Era solo una coincidenza, si stava preoccupando per nulla. «Non si tratta di errore umano, quanto più di un guasto improvviso al motore. Nonostante i piloti abbiano fatto del loro meglio, non ci sono superstiti. Il volo era occupato perlopiù da turisti italiani, la destinazione era Ibiza».
Le cadde il cucchiaio nel momento in cui le salì un conato di vomito. Non era possibile, non poteva essere vero. Non si trattava dell'aereo su cui viaggiava Eleonora, quelle cose succedevano solo nei film, oppure agli altri.
Abbandonò la colazione e si alzò a fatica, tornò in camera per accendere il cellulare, doveva chiamare Valentina per sapere se lei era a conoscenza di qualche dettaglio.
C'era qualcosa di così sbagliato in quei gesti da metterle addosso una brutta sensazione. Di solito era una persona abitudinaria, che adorava la routine delle piccole cose: prima la colazione, poi il momento di lavarsi, dopo ancora l'opera di scegliere i vestiti e, infine, rendersi umana agli occhi del mondo con un po' di trucco.
Invece aveva interrotto la colazione e aveva acceso il telefono per chiamare quello di Vale che, però, risultava occupato. Come faceva un telefono a essere occupato alle sette di mattina?
Si sedette sul letto, le mani tremavano e le gambe non reggevano più il suo peso, doveva respirare con calma, ma non riuscì a concretizzare il pensiero.
Il display si illuminò, portando il nome di Viola alla sua vista. Una foto sorridente, quei gesti di pochi secondi immortalati per sempre, perché le persone era bello ricordarle così.
«Vi, ciao, hai visto il tg stamattina?». La voce incerta e incredula. «Non... Non è possibile...»
«Nor...» la voce rotta dal pianto, un tono metallico dovuto al cellulare che le divideva.
«No!» urlò Nora disperata. Non era vero, non era vero, non era vero.
«Nora...» i singhiozzi potenti, così vicini da sembrare reali.
«Non è vero»
«Ho sentito i suoi genitori, sono stati contattati ieri sera».
Viola non aggiunse altro, forse perché non c'era altro da dire. Quel silenzio spiegava bene come si sentivano entrambe in quel momento, perché riempiva il dolore che stava prendendo posto nel petto.
Nora si stese a letto, scossa dai brividi nonostante la calura estiva. Tutto era sbagliato, quella mattina: i brividi, la sua routine, la sua vita che era andata a puttane. Tutto.
STAI LEGGENDO
Una camera nella penombra
ChickLit[COMPLETA] «Se dovessi morire, digli che l'ho amato». Una frase che si dice spesso - per scherzo - tra amici, per esorcizzare la paura di un viaggio o, magari, quella di essere dimenticati. E se invece non fosse più così ironica? Se il destino port...