Chi è veramente Kim Namjoon?

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La vita è un grosso cumulo di merda e di questo Kim Namjoon non dovrebbe neanche avere più i dubbi. È incazzato come pochi e matto e disperato come troppi, ormai. Alla fine, sì, di questi tempi che vuoi che sia la disperazione. Di questi tempi tutti vogliono morire poi se muoiono muoiono con il rimorso, con la voglia di tornare indietro e vivere partendo da zero. Questo è un altro discorso, però, e la vicenda di Namjoon è nettamente, o almeno dovrebbe essere, più interessante. Namjoon non ha mai pensato, non ha mai preso come ipotesi quella per cui la sua vita, prima o poi, avrebbe preso una piega tanto fatiscente, tanto tragica quanto comica. Namjoon cammina per la strada e con le sue gambe lunghe l'asfalta, la fa brillare; alto quant'è sorpassa i grattacieli e tutti sono così piccoli e miserabili e lui, nonostante sia più in alto, continua ad avere il morale sottoterra. Dall'inetto sfigato qual era da tempo immemore, da quando era ancora in fasce e sua madre gli solleticava il mento con l'indice e gli diceva: «Cucci cucci!» e lui rispondeva col suo silenzio, attonito, spiazzato. Coi suoi occhioni la guardava e si chiedeva in che famiglia fosse mai finito, che dopotutto così ritardato non poteva esserlo. Si vede che Italo Svevo si ispirava a lui ancor prima che egli nascesse per descrivere i suoi personaggi. Namjoon con l'incazzatura, gli spasmi in viso, l'angolo delle labbra pendulo verso il basso, verso una tristezza infima e scortese. Fatto di cattiveria e cazzotti da sferrare, si sente il padrone del mondo più sfigato e inutile del cosmo. Del tipo che tra tutti i pianeti esistenti doveva beccarsi proprio il più prosaico, proprio quello in cui Namjoon non può passeggiare sotto il sole perché un sole non c'è e se c'è è così vicino che ti scotti. Che, forse, a posare il piede sopra il terreno il terreno non lo si trova nemmeno e il piede finisce per aria e con lui tutto il corpo a cui è fisicamente legato. E l'ossigeno manco c'è in questo pianeta di merda, neanche dell'acqua o del cibo. Non c'è un'anima viva ma poi, che cazzo, Namjoon fluttua e si rassegna. Guarda le stelle e sputa, e lo sputo resta proprio a pochi millimetri dal suo viso. Namjoon ormai non ha nulla da perdere ma ecco che spunta Min Yoongi, fluttua anche lui e nuota nell'oceano immenso che è lo spazio fino ad arrivare a qualche spanna di distanza dal più giovane. Namjoon continua a non avere nulla da perdere perché, ragionandoci su, che cosa potrebbe mai essere Min Yoongi, per lui, se non un rompipalle? Namjoon ha una smorfia di disappunto ma neanche si sente più solo perché, immaginate la scena, uno stronzetto con cui litigare l'ha trovato pure ad anni luce dalla sua, ora amata, Terra.

Ogni venerdì sera è la stessa solfa. Zio Jong Spaccapietre Yong immerge l'indice destro prima in una e poi nell'altra narice, scava e va così a fondo da sfiorarsi con l'unghia quel poco di cervello che gli è rimasto. «Che volete farci» dice a tutti, «Ne ho perso metà nel secondo dopoguerra». Namjoon annuisce ogni volta perchè la storia è sempre la stessa. E quando dalla miniera Jong Spaccapietre Yong tira fuori il suo carico d'oro, la sua pietra preziosa di catarro la guarda soddisfatto, piccola sul suo polpastrello calloso. Poi si guarda insospettito intorno come se improvvisamente lo zio si fosse ricordato di essere circondato dalla sua unità familiare e, prima che qualcun altro oltre Namjoon possa vederlo, prende la mira e lancia lontano il suo malloppo. Con la stessa mano, accarezza i capelli tinti della moglie la quale, sorpresa da tale dimostrazione d'affetto, gli sorride dolcemente e lo zio, quasi a lusingarla, le dice: «Non ti merito». Non è l'unico a pensarlo. Namjoon, ogni venerdì, osserva la scena riprendersi sotto i suoi occhi e, ogni venerdì, è costretto a voltare il capo da qualsiasi altra parte per contrastare il conato di vomito imminente. Ma, ironia della sorte, Namjoon si volta e si ritrova faccia a faccia con il viso annoiato del suo coinquilino fuori di testa che, chissà perché, continua ad essere invitato a quelle cene senza alcun preavviso dalla donna di casa, nonché comandante del quartier generale: Mamma Kim. Maligna e assetata di denaro, con una bontà incompresa dentro il petto, lei appare come la proprietaria scrupolosa di una fazenda del Sud America. In mano ha sempre il suo quotidiano preferito, arrotalo e stretto tra le dita, ed è pronta ad usarlo contro chiunque, coprendo la mancanza di una frusta, adatta a completare il quadro idilliaco che la renderebbe a tutti gli effetti Dona Kim. È la sola a vedere in Min Yoongi, colui che s'annoia a quelle cene ed è così scroccone da costringersi a sorridere apertamente a chiunque, un ragazzo gentile. «Guarda, tesoro» gli dice, sotto lo sguardo attento e basito di Namjoon, «ti adotterei se potessi». E glielo dice sempre, ogni venerdì, dopo essersi pulita gli angoli della bocca con l'unico tovagliolo di tessuto posato sopra il tavolo. E Yoongi, ogni venerdì, si gira con aria beffarda verso Namjoon e gli mostra il dito medio. «Beccati questo, stronzo» gli ripete.

La questione è sempliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora