Prologo

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In una nottataa afosa delle Terre centrali, in un luogo sconosciuto a molti, un sinistro silenzio aleggiò nell'aria quando alle porte aperte della città sconosciuta si presentò un ragazzino solo di aspetto. Il viso sfregiato da graffi, gli occhi stanchi e vuoti - quel tipo di occhi che non puoi riuscire a guardare per più di un paio di secondi per paura di avvicinartici troppo, a quel vuoto che sembra mangiare qualsiasi cosa sembri vivo - le gambe tremanti e doloranti, i capelli appiccicati al volto, sporcizia e trasandatezza erano le uniche parole che potevano descriverlo.
Il ragazzo con se non aveva niente se non uno scudo sulle spalle, legato sul busto per non farlo cadere, indossava vestiti sgualciti e strappati, di misure che sicuramente non appartenevano alla sua, sotto, la pelle abbronzata era segnata in parte da cicatrici chiare e da ferite non rimarginate. In mano teneva una lettera, nell'altra una spada.

Pian piano gli ambitanti di quella inesistente città si affollarono intorno al giovane che dopo poco ruppe quel silenzio teso.
«La Sangue di Drago, devo incontrarmi con la Sangue di Drago!».
Nessuno si mosse, nessuno disse niente.
Soltanto due persone, un uomo e una donna, si fecero avanti.
Alzarono due dita della mano destra e guardando negli occhi il giovane crearono una barrira, bloccandolo in un cerchio di terra, delimitato da un campo di forza, o meglio di magia, azzurra.
«Portatemi la donna in grado di domare i draghi» il piccolo uomo non si mosse, non fece intendere un atteggiamento violento, solo una grande insistenza.
Passarono interi minuti prima che si sentisse un rumore di passi sulla ghiaia.
Fu allora che la donna tanto desiderata si presentò dinnanzi al ragazzo.
Era alta, più alta della maggioranza delle donne e indossava un mantello nero il cui cappuccio, insieme al buio generale, impediva la visione del suo viso, tranne per qualche piccolo squarcio di pelle del mento e del naso.
Il mantello nero sembrava un indumento fin troppo pesante per una notte come quella, eppura la donna non mostrò segni di disagio nell'indossarlo.
Invece, alzò semplicemente la mano destra, anch'essa con solo l'indice e il medio alzati, per poi abbassarla bruscamente.
La barriera intorno al ragazzo si spezzò con lo stesso rumore del infrangersi del vetro.
«Ora andate pure, qua me la cavo io» parlò finalmente la donna con voce graffiata e piuttosto grave.
Gli abitanti della città a quelle parole riluttantamente, stancamente e felicemente si allontanarono.
Solo una ragazzina bionda e paffuta rimase indietro: continuava a fissare la scena con uno sguardo preoccupato.
«Non mi hai sentito mocciosa? Torna a casa» la giovane aggrottò le sopracciglia spesse e senza dire una parola iniziò a camminare.
La Sangue di Drago non aveva lasciato nemmeno per un secondo che il suo sguardo lasciasse la figura, potenzialmente pericolosa del giovane.
«Faas-Ru-Maar!» mentre quelle parole venivano pronunciate il ragazzo vide, o meglio sentì, un'incredibile forza attraversarlo e sentì il suo corpo esplodere ed essere in balia di un improvviso bisogno di scappare e fuggire da quel porto sicuro, nel quale aveva tanto fatico ad arrivare.
Ogni sua piccola porzione di pelle urlava e lo implorava di nascondersi e di lasciarsi sottomettere a quell'enorme potere.

Chiuse gli occhi.
"Ricordati della tua promessa" si ripeté in testa mentre stringeva sempre più la lettera in mano.
"Ricordati perché sei qui".
Si aggrappò a quei pensieri mentre cercava di contrastare il suo codardo desiderio.
E con la sua forza di volontà riuscì a fare un passo in avanti.
La donna fece un passo indietro, soddisfatta del risultato ottenuto.
«Seguimi, giovane uomo, abbiamo molto di cui parlare».
Il ragazzo allora riaprì gli occhi e scoprendo di riavere il controllo sul proprio corpo seguì la Sangue di Drago, su quella stradina di ghiaia.
Tenne lo sguardo basso, ma con la coda dell'occhio scorse le varie abitazioni, tutte molto simili.
Dall'entrata principale vi erano tre strade, due che delimitavano il confine delle mura e l'altra che proseguiva nella stessa direzione del grande porte che era riuscito ad aprire.
Su quella strada "principale" vi era una schiera di costruzioni: sulla destra ve ne era una dalla forma particolarmente allungata e ovaloide, sull'insegna in legno vi era dipinto una forma un po' deforme, che con molta probabilità doveva essere un vaso; subito dopo era seguito da un edificio squadrato e sviluppato in alto più che in largo.
Entrambi erano realizzati con pietre bianche, legno scuro e tetti troppo alti per essere visti, soprattutto a quell'ora della notte.
Sulla sinistra invece ve ne era una molto più imponente e tetra, di forma angolare e formata da una pietra più scura e grigiastra che aveva tutta l'aria di essere una torre di vedetta; essa era subito seguita da un'altra costruzione, molto simile alla seconda sulla destra, con l'unica differenza che essa fosse ad un unico piano.
Seguendo a passo spedito la donna passò sotto un portico in pietra grigia ed entrò in quella che pareva essere la strada che conduceva al cuore della città- o almeno così credette appena scorse in lontananza un grosso spiazzo circolare-.
Tuttavia la donna, mentre il suo mantello svolazzava lasciando intravedere i suoi stivali di cuoio molto sporchi, girò a destra, per una via stretta al fondo della quale vi era una casa.
La Sangue di Drago si fermò davanti alla porta e girandosi verso lo straniero la bussò.
Fu la stessa ragazza paffuta di prima ad aprirla ed esattamente come prima la sua espressione era corrucciata.
«Accendimi due candele bimba» parlò la donna entrando nella casa completamente buia.
Il ragazzo sentì un fruscio mentre entrava nell'abitazione, poi dalla sua sinistra la ragazza ricomparve con due candelieri, con sopra due candele già consumate per metà, che appoggiò sopra di un tavolino che si trovava molto più avanti del giovane, che fece dei passi verso dove la luce si trovava.
«Dammi la lettera giovane uomo».
Una mano comparve dall'oscurità, restando lontana abbastanza dalle fiammelle.
Il ragazzo le consegnò la lettera e il silenzio ricadde, solo una lenta e roca cantilenta quasi impercettibile faceva da sottofonda a quell'atmosfera lugubre.
Nulla era visibile in quella casa, le finestre erano state sigillate, impedendo alla luce lunare di filtrare all'interno dell'abitazione -che sorprendentemente non puzzava di chiuso-.
Improvvisamente la lettere comparve alla luce delle candele.
«Mark e Johannah, da quanto tempo» sussurrò la donna assorta nella lettura della breve lettera.
«Louis...».
Il ragazzo rimase immobile, con gli occhi fissi sull'unica certezza che aveva in quel momento, quella luce che rendeva reale ciò che stava vivendo.
«Ragazzo ti faccio le mie più sentite condoglianze per la tua famiglia, sono più che lieta di realizzare l'ultimo desiderio di tua madre» con quelle parole la donna si sporse un poco di più lasciando il giovane scorgere l'ombra di un viso dalla pelle apparentemente perfetta, con degli zigomi molto marcati e sporgenti.
«Posso sapere perché tutto questo mistero, Sangue di Drago?».
«Mistero dici? Non amo particolarmente la notte giovane uomo».
«E il volto? Posso vedere il volto della persona della quale mia madre si fida...va ciecamente?» disse, correggendo velocemente l'errore, con un improvviso groppo alla gola.
Nonostante i mesi passati era ancora un tasto estremamente dolente la morte dei suoi genitori.
La donna allora esaudì il desiderio del più piccolo, rivelando la sua identità davanti al calore di quelle piccole fiammelle: mostrò il suo viso, un viso tutto fuorché attraente, la mascella piccola ma profonda, il naso lungo e fino e le labbra quasi inesistenti e gli occhi, due palle dall'iride grigia, di una sfumatura di grigio quasi inesistente, rinchiuse in un taglio dell'occhio piccolo e minaccioso.
Quella donna, soltanto a guardarla in faccia, urlava potere e austerità da tutti i pori.
«Il mio nome è Sekméth, a molti nota come Sangue di Drago, domatrice di bestie mostruose, proveniente da Terre lontane e sconosciute a questo mondo emerso, portatrice di sventure a chiunque sia abbastanza stupido da mettersi contro di me e protezione agli alleati. Diciotto anni fa conobbi tua madre e tuo padre, Louis, e promisi loro che li avrei aiutati fintantoché ciò mi sarebbe stato possibile. A tal motivo ora, dopo diciotto anni, potrò mantenere la mia promessa fatta ai tuoi genitori.» annunciò con furore la donna.
«Mia madre» iniziò Louis cercando di ingoiare il nodo alla gola «mi ha detto che mi avresti allenato».
«E così sarà, da domattina tu ti unirai al gruppo di ragazzi che alleno, sarai ospite in questa dimora, sottostarai le mie regole e rimarrai qui fino a quando non sarai un vero uomo» la donna si mosse, posò una mano sulla spalla del giovane in segno di seguirla.
Egli lo fece, cercando di capire dove ella andasse ascoltanto il rumore dei suoi passi.
«Scale» disse lei semplicemente.
Lui colse al balzo l'avvertimento e alla cieca - letteralmente - cercò le scale con il piede destro.
Una volta trovate le salì e tenendosi attaccato al muro riuscì a prendere la seconda rampa di scale.
«Prima o poi ti ci abituerai, ci sono riusciti tutti dopotutto. Domani ti dovrai svegliare presto, a tal motivo ti consiglio di darti una mossa a prender sonno. Di stanze libere ce ne sono ancora tre, due sono su questo piano, preciso che in quella infondo non ci devi mai entrare, è la mia. L'altra invece è il sottotetto, ma non te lo consiglio, ha piovuto in questi giorni ed è ancora ricca di umidità».
Ci fu improvvisamente un silenzio amaro, di imbarazzo.
«Ti ringrazio per l'aiuto che mi stai dando».
«Dopo domani non mi ringrazierai più» disse lei.
«Bene, io vado a dormire, buonanotte».
«Buonanotte giovane uomo».

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