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IL FANTASMA DI VERONICA CYBO E LA STORIA DI UN’ATROCE VENDETTA
Lo chiamavano “sesso debole”, lo chiamavano “gentil sesso”; oggi le donne hanno vinto la lotta contro i pregiudizi che le discriminavano e sono ritenute ( non da tutti a dire il vero) allo stesso livello degli uomini.
L’emancipazione femminile è iniziata poco più di mezzo secolo fa, ma prima di allora nascere donna era un doppio problema:
– un problema per la nascitura perché era destinata a cedere il passo ai fratelli maschi, ad essere costretta a lavori umili in casa, a non poter ricevere un’istruzione adeguata, ad essere “venduta” come dote a uomini non voluti per i vantaggi familiari, ad essere sempre e comunque considerata poco più che un’animale da compagnia;
– un problema per i genitori ( le madri molte volte ragionavano al pari dei padri) perché si cercava un figlio maschio portatore del blasone di famiglia, perché una femmina non poteva e non doveva essere erede dei beni, perché non era pensabile, specialmente nelle famiglie di alto rango, che una donna si occupasse di politica e dei problemi sociali, perché, come scriveva Pirandello in una sua novella, era meglio che morisse la propria donna che il proprio asino dato che senza asino l’uomo non poteva lavorare mentre la donna era solo una bocca in più da sfamare…
Ci sono stati però casi storici di donne che non solo hanno saputo crearsi ampi spazi politici e nell’alta società, ma che addirittura hanno tessuto le trame delle loro famiglie, divenendo temute e pericolose più di molti uomini. Ovviamente questo accadeva quasi sempre in famiglie molto influenti, ma quelle donne erano la dimostrazione che la femminilità non è solo sottomissione e complicità, ma può diventare molto, molto pericolosa se provocata.
Un caso storico molto ben documentato è quello di Veronica Cybo, una “gentil donna” che seppe suscitare il terrore e lo sgomento in tutta la nobiltà di Firenze nel XVII secolo.
Veronica Cybo nacque il 10 dicembre del 1611. Era figlia del duca Carlo I Cybo-Malaspina e Brigida di Gannettino Spinola, due famiglie già molto potenti e temute in tutto il nord Italia. Le cronache del tempo non si concentrano mai sul suo aspetto fisico e ciò lascia pensare che non fosse proprio bellissima, ma in compenso si parla più volte del suo carattere duro e altezzoso, come si addiceva d’altronde alla figlia di un duca.
La vita di Veronica fu decisa sin da piccola, anche grazie alla mediazione di Maddalena d’Austria, vedova del granduca Cosimo II dei Medici: a soli 15 anni fu data in sposa a Jacopo Salviati, consigliere del granduca di Toscana Ferdinando II.
In questo caso pare che fu l’uomo ad essere obbligato al matrimonio, per via delle parentele con addirittura il papato e dell’enorme influenza della famiglia Cybo, al punto da decidere le tasse sul territorio.
Jacopo, a differenza di Veronica, era considerato era un uomo affascinante, potente e vanitoso, sempre circondato da amici di alto rango e invidiato da molti in tutta l’aristocrazia del tempo. Conscio del suo carisma era solito intrattenersi con molte fanciulle in cerca di marito e ciò fu sin dall’inizio un motivo di litigi con la moglie.
La coppia si stabilì a Firenze ed il matrimonio fu subito un fallimento: Veronica era ritenuta poco attraente e Jacopo, abituato a ottenere l’attenzione di tutte la belle donne che voleva, iniziò a frequentare con i suoi amici le “buche”, locali notturni frequentati solo da uomini assimilabili a case chiuse.
In una di quelle buche, in Borgo Pinti, Jacopo conobbe Caterina Brogi, una 22enne figlia di un tintore ritenuta bellissima in tutta Firenze. I due si innamorarono ed entrambi iniziarono a trascurare il proprio consorte: la giovane Caterina, al pari di Jacopo, era stata obbligata a sposare il ricco ma bruttissimo Giustino Canacci, di oltre 50 anni più vecchio.
Caterina e Jacopo si frequentarono sempre più spesso e presto la loro relazione giunse alle orecchie di Veronica Cybo. A fomentare la gelosia della donna fu anche Fiorenza Alemanni, una fedele amica di Veronica, che durante il vespro nella chiesa di San Pier Maggiore indicò alla duchessa l’amante di Jacopo. Alla fine della funzione Veronica affrontò la bella Caterina che, per nulla spaventata, la derise sfacciatamente davanti a tutti.
Accecata dall’odio per quell’umiliazione pubblica, Veronica decise di eliminare la rivale.
Assoldò un figlio di Giustino Canacci, Bartolomeo, che con la complicità dei fratelli Francesco e Giovanni, fu felice di eliminare la matrigna con la quale aveva avuto diversi scontri verbali.
La notte di Capodanno tra il 1633 e il 1634 Bartolomeo e i suoi fratelli entrarono nella casa di Caterina, la uccisero e fecero scempio della giovane nonostante fosse visibilmente incinta; poi la fecero a pezzi e quella notte sparsero i suoi resti per tutta Firenze. La testa di Caterina venne fatta trovare il giorno dopo a Jacopo in un paniere che ( usanza di quei tempi) era pieno di biancheria ricamata donata dalla moglie al marito in occasione del capodanno.
Sconvolto del macabro ritrovamento, Jacopo Salviati si rivolse direttamente al Granduca affinchè gli assassini venissero processati e condannati, ma l’unico a rimetterci la testa fu Bartolomeo, che venne giustiziato in pubblica piazza. I fratelli vennero assolti e, nonostante Veronica Cybo venne ritenuta la mandante dell’omicidio, il Granduca la graziò (grazie alle pressioni della famiglia) esiliandola a Villa San Cerbone, che all’epoca era una residenza dei Salviati. Tempo dopo venne trasferita a Roma in Palazzo Salviati, dove mori il 10 settembre del 1691, a 80 anni.
Oggi all’Ospedale di Serristori (che un tempo fu la Villa di S. Cerbone), c’è una lapide che commemora questa fosca vicenda e sono in molti a sostenere che l’anima inquieta della Duchessa di San Giuliano si manifesti in quella che un tempo fu la sua dimora.
Si dice che il fantasma di Veronica Cybo si manifesti nei mesi estivi e nelle festività di Natale, in particolar modo nei corridoi degli uffici amministrativi. All’interno della struttura il personale afferma che il fantasma si fa percepire con folate di freddo, rumori lungo le pareti, sussurri e una nebbiolina biancastra che a volte assume i contorni umani
Tra le testimonianze molte sono degli stessi infermieri, che più volte hanno affermato di essere stati strattonati per la giacca do schiaffeggiati nei pressi delle sale operatorie.
Nel 2000 in una stanza appena imbiancata negli uffici dell’ospedale, vennero ritrovate impronte di scarpette su tutti i muri, nonostante fosse stata chiusa a chiave la sera prima dallo stesso muratore.
L’ultima testimonianza risale all’ottobre del 2010 ed è raccontata da un’infermiera di cardiologia che ha visto in cima alle scale che portano agli uffici una donna vestita di bianco. Chiedendosi se la donna fosse in cerca di aiuto, l’infermiera ha fatto due passi indietro per tornare sul posto ma, con grande sorpresa vide che la donna non c’èra più; era sparita senza scendere né salire le scale.
Su quel preciso punto, nell’angolo del muro, è comparsa l’impronta di una mano che nei giorni seguenti è stata chiaramente visibile a tutti. Poi il custode ha pensato bene di cancellarla.

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