PRONTI! PARTENZA! PANICO!

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CIAO.
mi chiamo David Perez, e sono un ragazzo di prima superiore. Non ancora almeno, dato che siamo agli albori di Luglio.

Incominciamo subito a capire che diavoleria sono io: quattordicenne di origini messicane residente in Italia, a Milano; capelli corti di color nero; naso aquilino; carnagione scura e occhi verdi; una spece di ragazzo nerd appassionato di film della Marvel e della DC; oserei dire molto associale; negato in amore;  figlio unico, per il momento.
Immagino tu stia pensando:"Mah, con gli occhi verdi, non è poi così male". Bella battuta, e adesso ti spiego perché.
In questo preciso istante,  mi trovo con un sentimento d'imbarazzo, il battito cardiaco in aumento, sensazioni nello stomaco, una folla che mi osserva incuriosito, un sole cocente che mi brucia i capelli e un'impronta rosea sul volto.
Di sicuro ti starai chiedendo cosa io vada farneticando.
Ebbene,  te lo voglio spiegare,  partendo dall'inizio.

Se sei in terza media, dovresti sapere che dopo i primi giorni di giugno, finisce la scuola, e con essa, anche un capitolo piccolo ma importante della tua vita, farcito di note, gite, compagni, bravate, amicizie, inimicizie e amori. Potrai dire addio a quel posto che per molti-e anche per me- è stato un carcere, e iniziare a goderti o a rifarti una vita sociale.
Ah, no! Che sbadato che sono! Il cosiddetto Ministero della Repubblica Istruzione, all'Alba dei tempi, quando ne tu ne io eravamo in progetto di nascere, ha istituito una cosa che noi comunemente chiamiamo L' Esame di Terza Media, quando avevamo già organizzato di andare a Riccione il giorno dopo, per goderci questa vita.
Ricordo che l'ultimo giorno, a scuola si è potuto fare solo tre cose, ma non erano poi così male: ANARCHIA, ANARCHIA, ANARCHIA:
C'era chi aveva portato della pizza, chi delle bevande, chi uno stereo con dei CD, e vi posso giurare che
Un ragazzo di una classe vicino alla mia aveva portato un pentolaccia.
Conoscevo il ragazzo della pentolaccia; si chiama Markus Fich, un ragazzo di origini russo-americane, coi capelli ricci e biondi, occhi azzurri e una pelle chiarissima. I miei compagni lo sopranominarono Mezzabandiera, per la sua doppia nazionalità, e a me questa cosa non andava molto a genio, ma l'ultimo giorno si é più felici e gentili,e per questo lo chiamavano semplicemente Mark. Un vero miracolo.
Peccato che gli avevano preso la cintura e lo avevano costretto a correre. Ciliegina sulla torta: i professori delle varie classi si erano accordati nel fare un'incontro nell'aula docenti per dieci minuti , quindi non potevano reagire.
Quelli che lo prendano in giro erano Diego,  Mario e Claudio, miei compagni di classe abituati a fare gli strafottenti con la prina persona che  gli capitasse a tiro, e io ero una delle loro prede preferite.
Nessuno intervenne, non perché erano in tre, ma perché erano ragazzi che si sono fatti bocciare assieme tre volte consecutive, come se avessero formato una sorta di fratellanza o patto di sangue tra essi,  e anche perché passavano quasi tutti i pomeriggi in palestra, dove facevano box. Almeno erano capaci di socializzare con altre persone. E credo tu possa dedurre che i loro genitori siano ricchi da farti schifo: madri con collane d'oro puro con diqmanti da ventiquattro carati incastonati,  televisione gigantesca quanto la loro ignoranza e telefono più grosso dei loro cervelli.
Io guardai disgustato la scena, poi intervenni:《Hey,  coglioni! Facile prendersela con un primino! Poi in tre; i miei complimenti.》
Mi pentii subito di quello che avevo fatto. La gente smise diridere, parlare o fare i video, e mi ritrovai co gli sguardi di centoventi ragazzi addosso.
Non m'importava se maltrattavano un ragazzo. Non se lo facevano uno alla volta. E poi, volevo fare in modo che l'ultimo giorno di scuola fosse almeno normale per qualcuno.
《Se vuoi prendere il suo posto, México, vai pure》mi disse Diego. Aveva la sua divisa da calcio, con un ciondolo a forma di zanna. Aveva i capello, ma stranamente non ha gli occhi verdi,  bensì marroni.
《Dai Diego, lascialo stare, che tanto lo sappiano che non passerà l'anno》gli disse Claudio.
《Se pensi questo di me, allora mi chiedo cosa tu ci faccia in questa scuola quando dovresti essere alle superiori da unpaio di anni. Ma Allora mi chiedo cosa cavolo fai ancora qua?》 Risposi . 《Dimenticavo, ci siete anche voi due rimbecilliti, che insieme a lui formate il trio degli "strafottenti che non hanmo voglia di avere un lavoro e si decidono a fare i sanguigna con i propri genitori》.
Fu in quel preciso istante Claudio  mi venne incontro e mi prese dalla felpa e mi alzò.
《Siamo in classe da tre anni e sembra che tu non abbia acora capito le leggi che noi imponiamo. Diego, Mario, mi serve aiuto per educarlo!》 Si accingeva a tirarmi un pugno; ci sarebbe riuscito,  se non fosse per i professori, che stavano ritornando nell'atrio; mi rimise a terra.
《Sei sculato come nessun altro, ma ricorda bene le mie parole e leggi le mie labbra: io saldo sempre i conti con i tipi come te, e un giorno toccherà a te pagare il tuo; perciò preparati, Mexico》
Ammetto che forse me ho esagerato,  ma credimi che avresti fatto lo stesso.

Oltre a quell'inconveniente, è andato tutto per il meglio.
Devo ammettere che quella giornata mangiai più del cenone della vigilia,  di Natale e  di capodanno messi insieme.
Arrivarono gli ultimi minuti, e tutti si dicevano addio, gli amici si scambiarono i numeri-se non lo hanno fatto in precedenza- e le coppie si baciavano, come se stessero andando in guerra. Io dicevo addio ai secondini e ai primini, soprattutto a Matteo, che era di un anno più piccolo di me. Aveva il vizio di tingersi i capelli di un colore diverso una volta al mese, ma per restare elegante, veniva sempre con il gillet, credendo di essere più accettabile per noi. Per fortuna si è deciso a essere normale l'ultimo giorno, e quindi si tinse di nero i capelli, si mise una felpa e dei jeans.
《Pensi di andartene senza salutare, México?》mi disse appena ci vedemmo.
《Volevo, ma poi saresti ci saresti rimastomale, Vomito di Unicorno.》risposi.
《Dunque,  finisce tutto così? Tutte quelle cavolate e poi addio, come se nulla fosse mai successo?》.
《Lo dici come se mi dovessi trasferire. 》
《In effetti, è proprio così: andrai in un'altra scuola, con una nuova classe, nuovi compagni e soprattutto,  nuove compagne, mentre a ne tocca rimanere qua》
《Sai che è molto probabile che io venga bocciato.》
《Ma se vieni promosso' te ne andrai e ti rifarei una vita.》.
Non seppi rispondere. Non potei. Non riuscì. Infondo, in quest'anno mi ero ripromesso di dare il meglio di me, e per mia sfortuna, i professori avevano accennato ad un miglioramento in me, anche se ero, e sono tuttora, negato per lo studio.
Non fraintendermi: volevo essere promosso, perché detestavo il posto in cui studiavo;  volevo andarmene, cancellare il mio passato e riscattarmi.
Ma dall'altro lato,   Matteo era amico mio. L'unco che mi ero riuscito a fare in quella scuola e l'unico che era capace di farmi ridere.
Alla fine, con aria serena e tranquilla, aggiunse:《sai cosa? Forse il Fato, Dio, Shiva, gli Shinigami o qualsiasi altra entità astratta, vuole questo, e noi non possiamo opporci al loro volere.》.
Fu in quel preciso istante che iniziò il conto alla rovescia.
Allora tornai in me, e negli ultimi secondi che mi rimanevano, mi rivolsi a Matteo, dicendogli:《Vada come vada, sappi che è stato un onore essere amico tuo.》.
Invano. Lui non c'era più.
TRE!
DUE!
UNO!
Sentii il suono della campanella, e io rimasi qualche momento paralizzato, con una sensazione di vuoto in me, mentre tutti correvano, saltavano e urlavano per la fine di quel periodo. Soli io, su molti, rimasi fermo, con il  presentimento che quella sarebbe stata l'ultima volta che vedevo quell'edificio.

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