La Giovane eremita e il Falco

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Viola finì di caricare i bagagli sulla sua piccola utilitaria argento e si volse a salutare il padre, che l'aveva raggiunta sul cancello di casa. Mario, suo padre, era molto contrariato dalla sua partenza, tanto contrariato che non l'aveva neppure aiutata a caricare i bagagli sull'auto.
- Fa buon viaggio. – le disse, arreso alla sua partenza, dandole tre baci sulle guance: - E mi raccomando, ogni tanto scendi in paese per chiamarmi. -
Viola annuì rassicurandolo per la centesima volta: - Non ti preoccupare pa'. Mi farò sentire, te lo prometto. E presterò sempre attenzione, sai che so come comportarmi lassù. –
Era domenica mattina, tanto presto che nessuno nell'intero vicinato si era ancora azzardato a mettere un solo piede fuori dall'uscio, abbandonando il caldo abbraccio delle coperte. Faceva molto freddo per essere ottobre, ma il sole che si era alzato da poco prometteva un'ottima giornata.
- Testona e sconsiderata, quanto tua madre. – sospirò Mario vinto, - Su questo non c'è dubbio, hai preso da lei. -
La ragazza gli sorrise, così come faceva ogni qualcosa il padre le raccontava qualcosa di sua madre. Serbava così pochi ricordi di lei.
- La baita è così isolata, e tu ci vuoi andare da sola! – finì di brontolare Mario.
- Ci vado proprio perché ho bisogno di stare sola, pa'. –
Mario sbuffò, ma infine si rassegnò nuovamente all'idea di vedere sua figlia partire.
- Va, allora, e fermati a mangiare mentre sali. - le raccomandò: - È una bella scarpinata fino
alla baita e se non hai un po' di calorie da bruciare, sicuro che poi ti verrà uno dei tuoi soliti giramenti di testa. Capito? -
Gli occhi ametista di Viola brillarono per un attimo quasi intimoriti, ma tornarono subito divertiti mentre gli mostrava il contenuto delle tasche del suo giubbotto: tre tavolette di cioccolata, due sacchettini di mandorle e una barretta di frutta disidratata.
- E nello zaino ho i panini e l'acqua. – aggiunse con enfasi.
- Presi fiammiferi e il combustibile di scorta? - la interrogò suo padre.
- Sì. –
- Gli antibiotici? –
- Certo. –
- Guanti, sciarpe e calzettoni? -
Viola pesto un piede a terra. – Ho preso tutto il necessario, papà. Smettila di preoccuparti. - Mario alzò le mani in segno di resa e Viola s'infilò nell'abitacolo della macchina.
– Ciao pa', - lo salutò abbassando il finestrino, - ci vediamo tra un mese. -
Mario la guardò partire e poi ritornò in casa dove sua moglie Nadia e sua figlia Linda
dormivano ancora. Nadia non era la madre di Viola, ma la sua seconda moglie. La madre di Viola, Elena, l'aveva lasciato vedovo in giovane età. Quel mattino per lui non pensare ad Elena era stato pressoché impossibile: Viola diventava sempre più simile alla madre. Non solo nei gesti o nel timbro della voce, la loro bambina possedeva lo stesso temperamento impavido di Elena. Nemmeno l'idea di esporsi alla prolungata solitudine in una baita sperduta tra le montagne la intimoriva, anzi, lei stessa aveva deciso di isolarsi per qualche tempo dal resto del mondo. In cerca di pace e di quiete. Per studiare, gli aveva detto.

Viola, al volante della sua macchina, esultò vedendo comparire al fianco della strada un grande cartello di legno che dava il benvenuto in paese. Quello era il paese più alto di tutta valle, abbarbicato in cima a gallerie e tornanti, ai piedi delle cime della montagna. Da lì in poi non c'erano più paesini né strade, si poteva salire solo a piedi. Alcuni piccoli fuoristrada o le moto da cross, riuscivano a percorrere i sentieri per qualche altro chilometro, dimezzando la strada da fare a piedi fino alla baita, ma a Viola aspettava tutto il cammino per intero. Con il suo passo, non sarebbe salita in meno di tre ore.
Erano solo le otto e mezzo di mattina, quando parcheggiò in un piazzale ai piedi dei principali sentieri che salivano su per le montagne. Il riparo che veniva offerto alle auto era piuttosto spartano, ma di certo in montagna non poteva chiedere un parcheggio sotterraneo di quattro piani. Quando spense il motore scese dalla macchina traendo una profonda boccata d'aria fresca. Si stiracchiò pigramente, indolenzita dalla lunga guida e si accinse a scaricare lo zaino. L'aria di montagna aveva qualcosa di elettrizzante e la mise ancor più di buon umore mentre sostituiva le scarpe da ginnastica con gli scarponi.

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