Pellicola

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L'atrio lussuoso era inondato dalla luce fredda di quella domenica mattina, uno scenario molto diverso da quello dell'ultima volta in cui Sherlock vi era stato, mentre ora se ne stava lì fermo, quasi aspettandosi che qualcuno comparisse ad accoglierlo. La casa di Mycroft era esattamente quanto ci si potesse aspettare da uno che prendeva il tè con la regina - di giorno, mentre di notte correva dietro al suo fratellino drogato con gli elicotteri e l'esercito, se si fosse rivelato necessario: grande, anche troppo, visto il numero di persone che vi abitava, piena di fronzoli privi di utilità alcuna.

Aveva sempre avuto le chiavi di casa di suo fratello ma, si sa, la memoria è selettiva, e la sua si rifiutava categoricamente di ricordargli il momento in cui lui gliele avesse date. Così Sherlock immaginava di averle trovate nella cassetta della posta, o averle magicamente rinvenute nella tasca del suo amato cappotto. E poi, lui aveva sempre preferito le entrate secondarie - come le finestre e, una volta, il camino - per tutte le volte in cui aveva dovuto per forza far visita a Mycroft per importanti questioni di stato, come mettere il sale nel contenitore dello zucchero e viceversa. Disattivare il sistema di sicurezza aveva sempre rappresentato una sfida stimolante per lui: Mycroft lo cambiava spesso, soprattutto dopo una sua incursione, rendendolo più complicato. Per chiunque quello sarebbe stato preso come un gesto di ostilità, ma Sherlock sapeva si trattasse di un invito del fratello a ritentare, una loro personale espressione di quella che si poteva chiamare competitività tra fratelli. Difficilmente Sherlock l'avrebbe ammesso, soprattutto di fronte a John e ai suoi amici drogati - e travestiti, ma non era stato semplice disattivarlo, in quell'ultima occasione. Ma era stato prima di Sherrinford, e di Lei. Il video manomesso e i quadri piangenti sembravano appartenere ad un'altra vita.

Stanco di attendere e arresosi al fatto che molto probabilmente nessuno sarebbe arrivato ad accoglierlo - la casa sembrava insolitamente dormiente - Sherlock avanzò lungo il corridoio che conduceva alla cucina. L'improvvisa comparsa di Mycroft lo bloccò. Era vestito di tutto punto, come al solito, ma sembrava come essere rotolato in quei vestiti direttamente dal letto. Mancava il cipiglio severo con cui era solito guardare dall'alto tutto e tutti. Quando se lo ritrovò di fronte, Sherlock lo vide cercare istintivamente qualcosa al livello della vita, l'ombrello probabilmente, che in quel momento non aveva. La sua mano si chiuse sul vuoto. Per una frazione di secondo, Sherlock incrociò il suo sguardo, prima di abbassarlo impercettibilmente appena più in basso, sugli zigomi. Raramente si erano guardati negli occhi. Il loro rapporto era intessuto di sguardi sfuggenti e battute sarcastiche, a tratti crudeli. Ma mai oltre il limite. A Baker Street, Sherlock aveva creduto che Mycroft gli avesse detto tutto, ma quella era la prima volta che lo vedeva da quando aveva scoperto di quell'ultimo tassello, che lui aveva taciuto fino all'ultimo, e che era venuto a galla nel più tragico dei momenti, mentre John annegava a Musgrave. Mycroft gli aveva mentito fino alla fine. Il fratello lo guardò come se l'avesse detto ad alta voce. Perché loro due erano da sempre esseri unici - o almeno era quello che Sherlock aveva creduto per molto tempo. Due titani in un mondo di pesci rossi, due mostri uguali.

- Vedo che sei riuscito a ripulire i quadri

Dopo lo shock inziale, Mycroft aveva ripreso completamente il controllo di sé.

- Ho fatto del mio meglio.

- Lo so. Sigaretta?

- Sigaretta.



* * *


L'unica luce veniva dal proiettore alle loro spalle, passandoci appena sopra per finire sulla tela. Le tende nel teatro erano state tirate per permettere una visione migliore delle immagini che vi scorrevano. Sherlock pigiò il primo mozzicone di sigaretta sul posacenere rudimentale, ma ce n'erano molti altri che avevano l'aria di esser lì da giorni.

- Lo sai che è pacchiano tutto questo, vero?

Mycroft gli rispose uscendo dal suo solito registro lessicale. - Chiudi il becco.

Vicino al posacenere c'era un barattolo di miele la cui marca sembrava fuori produzione, e una caraffa piena con del tè che non fumava più.

Mycroft era già alla terza sigaretta. - Ne avevi fatto una copia, allora.

- Naturalmente - confermò Sherlock senza staccare gli occhi dalla proiezione.

- Molto sentimentale - commentò Mycroft.

- Volevo solo essere gentile.

Come suo fratello, quando era giunto alla conclusione che Sherlock non avrebbe potuto vivere senza John, ma senza di lui certamente sì. Aveva fatto male i suoi calcoli, Mycroft Holmes; e Sherlock aveva pensato che in fondo, se un tale pensiero esisteva nella testa di suo fratello, la colpa era anche sua.

- È bellissima, Musgrave. Credo di ricordarmela ora.

Tutti gli angoli della casa, i dettagli che aveva rimosso perché vedevano sua sorella come protagonista, gli ritornavano alla mente. Mycroft espirò, e dei cerchi perfetti di fumo si formarono nell'aria galleggiando sopra di loro, cosa che gli fece guadagnare un'occhiata ammirata da parte di Sherlock, una di quelle che credeva non avrebbe più ricevuto dopo quella notte. Poi, dopo molto tempo, si trovarono d'accordo su qualcosa. - Bellissima.

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