Capitolo 1.
Jonathan Michigan lavora a Tokio come Capitano in una stazione di polizia, ma è anche il Capitano in quella di un piccolo paese poco lontano da lì. Era ammirato e rispettato da tutti, che fossero colleghi di lavoro o meno: i lunghi capelli argentati e gli occhi scarlatti gli davano un aria pericolosa quasi fosse un demone salito dagli inferi per portare scompiglio sulla terra, ma non era così. Lui era solo dannatamente bello e sia uomini che donne si innamoravano solo al primo sguardo. Jonathan, però, era fedele solo al suo lavoro e non gli interessava uscire con uomini o donne che fossero, o almeno era quello che pensava solo poche ore prima di arrivare a casa.
Jonathan era rimasto fino a tardi a lavorare sul rapporto di alcuni arresti fatti in nottata, avevano catturato alcuni ladri che arrotondavano i loro guadagni spacciando droga, e aveva terminato appena in tempo per prendere la metropolitana e tornare a casa, si stava praticamente addormentando in piedi, ma spalancò gli occhi dalla sorpresa quando davanti al cancello della sua abitazione trovò un ragazzo davvero strano: il giovane aveva capelli corti color fuoco, indossava una specie di mezza maglietta legata ai fianchi da delle cinture in pelle e sulla sua schiena c'erano delle ali nere come la pece. Indossava dei pantaloni e degli scarponi di pelle nera borchiati ai lati. In un primo momento il poliziotto pensò: Devo essermi addormentato non può essere reale, ma tanto vale dare un occhiata da vicino. Lentamente si avvicinò a quello strano ragazzo e lo osservò meglio, doveva ammettere almeno con sé stesso che era piuttosto carino per essere quello che era, solo quando per caso o si potrebbe dire per curiosità toccò l'ala destra del ragazzo si accorse di una specie di liquido appiccicoso, quando la tolse da lì notò di averla completamente sporca di sangue e pensò: Cosa diavolo ci fa qui se è ferito? Dove sono i suoi compagni? Si guardò intorno e non vedendo nessuno scosse la testa, si tolse la giacca e la mise sopra le spalle del ragazzo coprendo come meglio poteva quelle ali tanto fatiscenti. Prese il giovane dai capelli di fuoco in braccio e lo portò verso casa sua, e meno male che teneva sempre le chiavi a portata di mano ed era abbastanza forte da sorreggere il ragazzo senza doverlo rimettere a terra. Appena la porta fu aperta, e ne varco la soglia se la richiuse alle spalle e salì al piano di sopra, avrebbe macchiato le candide coperte con il sangue di quello strano ragazzo, ma doveva fare qualcosa per aiutarlo. Così appena entrò nella sua stanza senza svegliarlo in alcun modo lo distese sul letto, gli tolse gli abiti per farlo restare più comodo. Aveva trovato qualche difficoltà a togliergli quella specie di maglietta che indossava senza fargli ancora più male.
Adesso aveva solo un problema: lui non era un veterinario e non poteva fare nulla per le ali del ragazzo a meno che non avesse chiesto alla sua ex-ragazza di aiutarlo, così sospirando prese il cellulare dalla tasca e chiamò la donna, mettendo l'oggetto in vivavoce.
Subito una voce femminile rispose al telefono dicendo: «Jonathan, che diavolo vuoi?» l'uomo non si stupì per niente del tono di voce della donna e rispose a sua volta: «Sarah, ho trovato un... un uccello ferito sta perdendo molto sangue dalle ali e non so come aiutarlo, hai qualche consiglio?» la donna rispose un po' meno scontrosa: «Quanto sono profonde le ferite?» Jonathan, posò la mano sull'ala del ragazzo e fece scorrere un dito sulla ferita per poi dirle: «Circa tre centimetri...» Sarah rimase interdetta da quella notizia era abbastanza grave come ferita e aveva bisogno di essere suturata velocemente così chiese a Jonathan: «Hai dei punti di sutura nella valigetta del pronto soccorso?» l'uomo ci frugò dentro per un attimo ed esclamò: «Trovati! Cosa devo fare adesso?» Sarah allora riprese il discorso: «Devi applicarli lungo tutta la ferita e poi metterci sopra delle bende» l'uomo iniziò ad applicare i punti senza svegliare il ragazzo, se si fosse agitato avrebbe peggiorato la situazione e non era il caso, solo mezz'ora dopo disse: «Ho finito!» la donna allora riprese il suo tono irritato: «Bene, hai finito e io torno al mio lavoro» poco prima che chiudesse la chiamata Jonathan disse: «Grazie dell'aiuto» la chiamata terminò e lo sguardo dell'uomo si posò sul volto del ragazzo, non resistendo oltre gli spostò una ciocca di capelli e in quello stesso momento il ragazzo aprì gli occhi, vedendolo si mise seduto di scatto gemendo di dolore per le fitte dolorose che gli avevano attraversato le ali. Jonathan vedendolo in difficoltà disse: «Stai fermo. Ti ho appena medicato le ali, avevi delle ferite troppo profonde e ti stavi dissanguando. Non vorrai mica che si riaprano?» il ragazzo posò i suoi occhi dorati sull'uomo che aveva davanti e chiese: «Chi sei tu?» l'uomo sorrise e rispose: «Questo dovrei chiedertelo io. Mi chiamo Jonathan Michigan, tu chi sei?» il demone sorrise incerto: «Io mi chiamo Malphas. Credo di doverti ringraziare per l'aiuto» Jonathan, notando un po' l'imbarazzo dello strano ragazzo si domandò: Possibile che non abbia mai avuto a che fare con degli esseri umani e non sappia cosa fare o cosa dire in certe situazioni?
Malphas che riusciva a leggere più o meno le sensazioni delle persone accanto a lui disse: «Sono un demone e non so come vadano di preciso certe cose. Voglio imparare, però...» Jonathan lo osservò per un attimo poi gli sorse un altro dubbio e gli chiese: «Sono stati altri come te a farti quelle ferite?» il giovane demone abbassò lo sguardo annuendo leggermente, il poliziotto non poté far altro che dirgli: «Se non hai un posto dove stare questa casa è abbastanza grande per tutti e due. Potresti restare qui per tutto il tempo che vuoi...» sorpreso da tanta gentilezza il demone arrossì leggermente imbarazzato: «Grazie, c'è qualcosa che posso fare per ricambiare l'ospitalità?» Jonathan si limitò a dirgli: «Per ora devi solo riprenderti dalle ferite, non devi fare nient'altro» un leggero sorriso comparve sul volto del demone che annuì deciso, la cosa fece piacere al poliziotto, era strano si trovava a contato con una realtà del quale aveva letto solo nei libri e non ne aveva paura, anzi ne era incuriosito e voleva sommergere di domande il ragazzo, però, quello non era il momento, avrebbero avuto tempo per parlare più avanti. Il demone, infatti, era crollato di nuovo tra le coperte addormentandosi di colpo, l'unica cosa che restò da fare al poliziotto fu coprirlo e lasciarlo riposare.
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Il mio amore demoniaco
FantasyJonathan Michigan lavora a Tokio come Capitano in una stazione di polizia, ma è anche il Capitano in quella di un piccolo paese poco lontano da lì. Era ammirato e rispettato da tutti, che fossero colleghi di lavoro o meno: i lunghi capelli argentati...