• Una Scommessa • I

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  – Naruto anche se dici di poter affrontare questa missione da solo, ho deciso che manderò con te almeno due shinobi

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– Naruto anche se dici di poter affrontare questa missione da solo, ho deciso che manderò con te almeno due shinobi.
Kakashi era seduto con la schiena dritta dietro la scrivania dell'Hokage e stava controllando i diversi rapporti poggiati sul legno. Molti shinobi erano impegnati in altre missioni e doveva sceglierne due abbastanza responsabili da evitare che Naruto agisse troppo impulsivamente.
– Shino Aburame e Ino Yamanaka magari.
Quello si portò le mani dietro la testa. – Non ne ho bisogno. Sarà una passeggiata!
Kakashi sospirò, sistemandosi il copricapo da Hokage. – Almeno porta Sasuke con te.
– Tsk, non ho bisogno di quel teme.
– Credo che però lui ne abbia bisogno. Dovete imparare entrambi a svolgere missioni con un team, anche se siete molto forti, le cose possono comunque andare male. Soprattutto, Sasuke dovrebbe iniziare ad accettare anche missioni con gli altri.
Naruto sospirò, ritenendo il discorso di Kakashi esagerato. Da quando Sasuke era tornato dal suo viaggio di redenzione, le cose erano cambiate. Il villaggio lo vedeva come un eroe della guerra ed era stato perdonato per i suoi crimini, non da tutti, questo era certo. Infatti lo stesso non si poteva dire dei piani alti. Il vero problema, però, era l'atteggiamento diffidente di Sasuke. Era tornato, ma spesso sembrava non fare parte di Konoha. Dopo tutto il dolore e l'odio, in lui si era creato un forte distacco. Passava fin troppo tempo da solo, come se fosse in una bolla. Sembrava un orologio rotto, una lancetta che continuava a scattare avanti e poi subito indietro.
– Va bene, stasera vado a dirglielo.
Kakashi annuì. – Però avvertirò anche Ino e Shino. Hai letto le informazioni, no? Confrontati anche con Sasuke.
Naruto si congedò ed uscì dal palazzo dell'Hokage. Si stiracchiò di fronte all'immagine del crepuscolo; aveva sempre il potere di renderlo sonnolento. Soppresse uno sbadiglio, dando ascolto invece al languorino che si agitava nello stomaco. Passò a comprare alcuni ingredienti, mentre un gruppo di genin lo salutò calorosamente. Agitò la mano verso di loro, allontanandosi. Cominciò a balzare da un tetto a un altro, intravedendo ai confini le ville degli Uchiha in tutto il loro prestigio.
Si fermò sotto l'arcata, titubante. Entrare in quel quartiere gli creava sempre una certa inquietudine. Era così silenzioso, così vuoto da gelare il sangue. Sasuke era l'unico frequentatore di quelle vie e di sicuro non era sano quel suo modo totale di isolarsi. A volte sembrava che la solitudine gli si fosse attaccata come un morbo. In lui non c'era alcuna voglia di reagire.
Calciò un ciottolo, rimuginando sul passato, mentre le case vuote lo osservavano.
In qualche modo, anch'io soffro.
Gli tornò in mente la frase che gli aveva rivolto subito dopo il loro scontro, così dolorante, stanco, eppure felice. Ormai nessuno lo guardava più con odio, con diffidenza. Il villaggio lo amava, il mondo lo amava. Inneggiavano a lui come l'eroe e Naruto era davvero felice di aver protetto tutti.
Però Sasuke ancora soffriva e questo ogni volta era una pugnalata al petto. Se solo Sasuke avesse provato a reagire, ma sembrava privato dell'elemento più importante: uno scopo.
Fin dai suoi otto anni aveva rincorso la vendetta come unico e cieco obiettivo e da quando era tornato non sapeva bene che cosa farsene di tutto quel potere che aveva guadagnato, sacrificando così tanto di sé stesso.
Entrò nel vialetto della villa, percorrendo il sentiero ghiaioso. Si fermò davanti allo shoji chiuso, sotto il portico del tetto a pagoda; infilò le mani sudate in tasca. Continuava a recarsi lì, a sorridere a Sasuke come se fosse tutto al suo posto. Non avrebbe mai scommesso molto sulla sua pazienza e tolleranza, invece si era riscoperto monaco; era davvero un monaco e un abilissimo bugiardo, perché continuava a frequentare Sasuke con tranquillità, nonostante quel dolore fitto al petto.
Bussò alla lussuosa villa Uchiha.
Cercò di frenare l'eccitazione e il dolore che lo pervadevano ogni volta che doveva vedere Sasuke. Non vi riuscì, come sempre. Parlare con lui, punzecchiarsi e guardarlo sorridere era sempre un piacere che la compagnia degli altri nel bene o nel male non poteva eguagliare.
Un tempo era anche molto più espansivo nei modi di fare, ma si era ripromesso di non importunarlo più in alcun modo con i suoi sentimenti. D'altronde Sasuke era stato molto schietto a riguardo.
– Sasuke muovi il tuo culo e vieni qui ad aprirmi, so che sei in casa!
Avvertì il chakra caldo e tranquillo del suo amico che reagiva. Non un rumore volò dal di là della porta, d'altronde Sasuke non smetteva mai di essere un ninja, neanche da solo in casa.
Il padrone dell'abitazione aprì in modo seccato lo shoji. – Dobe che cosa ti urli?
Indossava abiti comodi blu scuro, come quando era piccolo ed era a piedi nudi. Il viso pallido e familiare aveva come sempre la capacità mimica e facciale di un sasso.
– Ho comprato da mangiare. Ceniamo assieme?
– Non se è ramen, ci tengo a vivere ancora un po' – mormorò, incrociando le braccia.
– Teme, mangio ramen da tutta la vita e sto benissimo.
– Beh, tu hai quello stupido animale che ti cura.
Uchiha... prima di morire concedimi di divorarlo, Naruto, ringhiò il Kyuubi dentro di lui.
Naruto sospirò. Si tolse le scarpe ed entrò, richiudendo il pannello scorrevole.
– Devo parlarti di una missione. Kakashi sensei dice che è rischiosa, quindi trova saggio portarti con me. Anche se non credo che esista al momento un ninja capace di contrastarmi – dichiarò sornione.
Sasuke prese la busta degli ingredienti dalle sue mani, stando bene attento a non entrare in contatto con le sue dita. Al che lo condusse in cucina. – Esiste eccome e sono io, innanzitutto. Inoltre con il cervello che ti ritrovi, tenderti una trappola è facile come rubare le caramelle a un bambino. Se continui a sottovalutare i tuoi avversari, finirai male.
Naruto si sedette e scrutò meglio l'amico. Sasuke si mise subito ai fornelli, legandosi in vita un grembiule scolorito. Il collo pallido era inclinato a controllare la cottura, mentre gli occhi erano cerchiati da occhiaie.
– Sasuke, stai dormendo vero? Mi sembri stanco.
Quello lo guardò male. – Non sei mia madre, Naruto.
– Teme! Sei il solito maleducato, e io che mi preoccupo pure.
Rimasero in silenzio. Sedere in quella cucina era molto opprimente per Naruto. Così silenziosa, così vuota. Poteva immaginare Sasuke circondato dalla sua famiglia a tavola, Itachi che gli faceva un buffetto, la madre che sorrideva. Tutto quello era così... triste.
– Sasuke, sai, pensavo che noi due potremmo anche andare a vivere insieme.
Quello si voltò lentamente, a disagio. – Cosa?
Naruto mise le mani in avanti. – Ehi, non fraintendere! Però sai, viviamo entrambi da soli e risparmieremmo sulle bollette e su molte altre cose. E poi... – e poi non saremmo più soli.
Si pentì subito di averlo chiesto. Era ovvio che Sasuke si facesse strane idee, d'altronde era a conoscenza dei sentimenti che Naruto aveva nutrito per lui in passato e che nutriva tutt'ora, anche se tentava quotidianamente di sopprimerli.
L'amico aveva appena finito di occuparsi della carne, stava preparando il brodo del ramen dentro un tegame sul fuoco. Era affascinante guardarlo aggiungere all'acqua i vari ingredienti, la soia, il miso e tutti gli altri. Si chiedeva dove avesse imparato.
Naruto si alzò, sapendo che la parte semplice di cuocere i noodles e le uova toccava a lui. Il silenzio di Sasuke lo stava innervosendo molto.
Questo tolse il brodo dal fuoco, che sfrigolò quando una goccia d'acqua scivolò fra le fiamme. – Finiremmo per scannarci sicuramente.
Naruto nascose con abilità la delusione, concentrandosi sulla cottura. Forse non con molta abilità.
– Già, hai ragione.
Restarono in silenzio per qualche minuto, continuando a cucinare.
– Di sicuro non potremmo vivere a casa tua, è un buco – considerò poi Sasuke, unendo la carne al brodo e tagliando il tortino Naruto.
L'ospite sgranò gli occhi e soppresse quella fitta di felicità al petto. – Davvero?
Finirono di versare il ramen nelle scodelle e si sedettero. Sasuke non apprezzava granché quel piatto, ma l'ultima volta avevano mangiato qualcosa che piaceva a lui, così si era piegato.
Sbuffò al tono sorpreso dell'amico. – Stavo solo ipotizzando. Vivere con te sarebbe un inferno, però effettivamente avrebbe un certo senso pratico – rifletté.
– E i vantaggi sarebbero enormi!
– Il disordine non è un vantaggio e tu non hai la minima disciplina a riguardo.
Naruto prese le bacchette. – Ma tu puoi insegnarmi. Quando mi ci metto, posso riuscire in tutto. Anche nell'ordine, forse ci metto un po' a imparare, ma poi non mi ferma più nessuno – dichiarò con serietà.
Sasuke tentò di nascondere quel moto di familiarità che sentiva partire dal petto. Una sensazione che provava solo con Naruto, come se si sentisse in presenza di un familiare e non di un semplice amico.
– Allora stasera lavi tu i piatti.
Naruto annuì con serietà. – Ma solo perché lo voglio eh, non prendo ordini da te.
– Parlami della missione invece di blaterare.
Naruto cercò di ricordare i dettagli, in mezzo a tutti i bla bla che ricordava la sua mente.
– Un gruppo di ninja organizzati che continuano a inneggiare al progetto di Madara. A quanto pare si sono infuriati di essere stati risvegliati dallo Tsukuyomi.
– Come si fa a rimpiangere un'illusione? – meditò con disprezzo Sasuke.
– Beh noi non sappiamo com'era.
– In ogni caso che diavolo vogliono? Non è più possibile ricreare lo Tsukuyomi infinito.
Naruto divorò il suo ramen. – Penso che il loro intento sia un altro. Pare che ci sia qualcuno che li fomenti, hanno attaccato uno dei Cercoteri. Non so, in ogni caso dicono che visto che ci sono di mezzo i bijuu, sono il più adatto a intervenire.
– Domani lo scopriremo e li sistemeremo.
– Facciamo di nuovo quella cosa combinata del Kyuubi e di Susanoo? – domandò eccitato Naruto.
Sasuke lo guardò con sufficienza. – Sei proprio un idiota. Non sprecherò tutto quel chakra per farti divertire.
– Quanto sei noioso! Tanto ti ho chiamato con me soltanto perché Kakashi me lo ha imposto.
Uchiha si tirò indietro, sollevando un bicchierino di sakè e portandoselo alle labbra con un sorriso. Aveva completamente ripulito il piatto, come Naruto. Il primo era composto mentre mangiava, mentre l'altro divorava come se non mangiasse da mesi. Tuttavia entrambi si abbuffavano molto a ogni pasto.
– Allora pensaci da solo. Ho una missione che sto rimandando da un po', potrei fare altro, invece che badarti continuamente.
Gli occhi azzurri del suo migliore amico lampeggiarono di sfida. – Come ti pare. Facciamo a chi porta a termine prima la missione, eh, teme?
– Naruto non...
– Ti tiri indietro? Tipico di te – frecciò l'eroe, concedendosi un sorrisino detestabile.
Sasuke gli passò un bicchierino con un gesto secco e li fecero scontrare. – Ci sto.

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