Terza visita

136 14 5
                                    

Dopo aver passato altre due ore a chiacchierare del più e del meno ed aver risposto a l'ennesimo interrogatorio su cose a cui non ho idea di cosa rispondere, suona il campanello.

"Chi è?".

"La zia".

L'altra.

Apro la porta.

"Chi era?", chiede la nonna.

"La zia", rispondo con calma.

"Arriva proprio ora che andate via, che peccato, non ti vede mai".

"Dispiace anche a me, ma lei arriva sempre a quest'ora ed è la stessa ora a cui andiamo via noi".

Da circa due anni. Veniamoci incontro, no?! – ma non dico niente.

Entra la zia. La salutiamo. Restiamo mezz'ora sulla porta della cucina, pronte ad andar via, vestite di tutto punto. I saluti, nella mia famiglia, sono piuttosto impegnativi.

Consistono nel chiedere, solo ed unicamente sulla soglia di casa, di cosa abbiamo parlato tutto il pomeriggio.

"Forse ti voleva dire qualcosa", dice come se fosse la cosa più normale del mondo "certo, addirittura qualcosa come mettere il caffè! È preoccupante, è un atto fisico, siamo sicuri che sia papà?".

"Zia, non gli ho chiesto i documenti", dico sorridendo.

"Scema", risponde ridacchiando "comunque è strano".

Stanotte dormirò sicuramente meglio, grazie. Sospiro.

"Va bene, dai, vediamo se succede altro".

"Quando succede fammelo sapere".

"Se", tento.

"Quando", sbuca mia nonna dal nulla.

"Quando!", sospiro esasperata.

Per intendersi, stiamo parlando della mia nonna e della mia zia paterne. Paterne. Pensavo fosse giusto specificarlo.

"Dai, andiamo che devo fare la cena allo zio!", interviene l'altra zia, ora in modalità frettolosa.

"Ci sentiamo domani", dice l'altra zia.

Ci sentiamo domani, a volte consiste in due settimane di silenzio, ma dà l'idea di presenza costante e poi è affettuoso e quindi a noi piace.

Baci e abbracci. Altri quaranta minuti di chiacchiere e poi sono sotto casa. Devo ammettere che tutte le volte che sto con mia nonna e le mie zie, poi sorrido per giorni. Mi fa proprio bene e poi mi sento meno sola. Insomma, siamo molto unita come famiglia, lo siamo sempre stata, quindi il fatto di non avere più genitori mi lascia un senso di vuoto, anche se non è una sensazione costante, no.

È come se ogni tanto ti guardassi intorno e mancasse qualcosa. Lo cerchi dappertutto, ma sai che non c'è più. Il fatto è che, cercandolo, ti sembra di averlo ancora. Per questo quando sto con la nonna e le mie zie, sto bene. Mi sembra di averlo ancora.

Apro la porta e saluto tutti, ma arrivano solo i gatti. Quello pigro e quella pazza. Non so quale preferisca, so solo che sono costantemente appiccicati alla mia persona.

In realtà non mi disturba più di tanto, ma di solito sono un po' burbera, quindi cerco di non dar loro troppa soddisfazione.

Mantengo alta la reputazione, insomma. Se c'è qualcosa che il padrino ci ha insegnato, è che se si perde il rispetto, è l'anarchia.

Mi tolgo la miriade di anelli d'argento, senza i quali non esco mai, il mio inutile orologio (il tempo è un'idea) e mi tolgo le scarpe, perché ci dovrebbe essere una legge che impedisca di portarle.

Profumo di CaffèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora