Seconda visita

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Dopo essere tornata a letto e aver dormito per circa sette ore, vengo svegliata dal suono del telefono.

"Pronto", sbotto senza guardare chi stia chiamando.

"Marta, sono la zia, ti ho svegliato?".

Zia?!

Oddio, ma che ore sono?

Sono consapevole di avere la voce di un viados brasiliano e di essere sveglia come un cactus. Mi concentro.

"Certo che no!", dico con voce squillante. Dovevo fare l'attrice.

"Senti amore, ti ho chiamato perché pensavo di andare dalla nonna".

NONNA! Caffè notturno molesto, consiglio, perfetto.

"Certo! Per me va bene, non ho fissato niente".

Ma che ore sono?

"Perfetto, senti, va bene se passo verso le tre e mezzo? Ce la fai?".

Guardo l'orologio.

Sono le tre.

"Certo, mi stavo già preparando", mento sorridendo al niente.

Il gatto mi fissa con disgusto.

"Bene, allora io mi preparo, mi vesto, mi fermo a prendere qualcosa per la nonna, perché gli prendo sempre qualcosa, ma non so cosa prendergli", continua a parlare, mentre io guardo inebetita dentro l'armadio, sperando che una maglietta mi salti addosso, perché dentro la mente ho il vuoto cosmico, il mio buongusto ancora sta dormendo al caldo. È rimasto lì, sotto le coperte. Insieme a tutto il resto delle mie facoltà mentali.

"...quindi pensavo di portargli dei biscotti. Magari ci fermiamo al bar, quello vicino a casa tua, che pensi?".

"Va bene, certo".

Guardo ancora dentro l'armadio, fulminando le magliette.

E dai, una di voi si sacrifichi!

"Allora ti chiamo quando parto".

"Ok zia, a fra poco".

Riattacco e sospiro, riuscendo a riappropriami della mia lucidità. Parzialmente.

Prendo una maglietta. Osservo il colore. Per dieci secondi non riesco a tenere a mente quale sia. Blu. Bene. Blu. Va bene. Blu. Metto a fuoco.

Blu.

Jeans chiari, calzini a righe, golf blu con cappuccio, scarpe bianche con lacci viola. Intimo e trucco.

BAM! La mia mente si è improvvisamente svegliata. Nel giro di quindici minuti sono vestita, truccata, sto maledicendo chi mi sveglia la notte ad ore improbabili e sto mettendo su la macchina del caffè, mentre lancio un'occhiata all'orologio di cucina. Non che serva ad una mazza. È rosso, con un gatto stilizzato e quattro numeri. Nel mezzo, il vuoto.

Un regalo di mia nonna.

Il tempo è un'idea – ha detto – quindi non c'è un tempo esatto, no?!

Sì, ma c'è una differenza fra le tre e quindici e le quattro e quindici, nonna. Sarà che il tempo è un'idea, ma c'è un limite all'elasticità temporale. Almeno nella comune mentalità umana.

Non che la comune mentalità umana ci abbia mai sfiorato più di tanto, ma insomma, sempre al mondo stiamo, magari potremmo anche stare nel mondo, ogni tanto. Non ci sciupiamo mica!

Ad ogni modo, riesco a bere il caffè, più che altro a trangugiarlo, quando squilla il cellulare.

"Sono sotto", trilla mia zia contenta.

Profumo di CaffèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora