Io non ho paura;

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Premessa: questa storia è suddivisa in tre parti. La prima è ambientata durante i saluti post-mietitura di Johanna, che precedono i suoi primi Hunger Games. La seconda è ambientata durante il salvataggio dei prigionieri da parte di Boggs e compagnia ne "Il Canto della Rivolta". La terza, infine, è ambientata in un ipotetico futuro post-Il Canto della Rivolta, tre o quattro anni dopo l’epilogo.

Premessa n°2:
 le citazioni in corsivo sul lato destro della pagina sono tratte dal libro Io non ho paura, di Niccolò Ammaniti.

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«Io non ho paura di niente, — ho sussurrato per

farmi coraggio, ma le gambe mi cedevano e una voce

nel cervello mi urlava di non andare»

 

Io non ho paura.

Johanna Mason tamburellò con nervosismo le dita sul tavolo, guardando dritto di fronte a sé. Il cuore le martellava con violenza nel petto percuotendolo come faceva lei con gli alberi, quando aveva in mano la sua ascia. Suo padre Grimshaw aveva lo sguardo annebbiato dall’alcool misto al dolore che affrontava ogni giorno sin dalla morte della moglie. Non guardò nemmeno negli occhi Johanna, si limitò a rimanere seduto, fissandosi le mani callose e respirando in maniera rumorosa – il bastone che gli faceva da supporto per sostenere la gamba malandata giaceva abbandonato sul pavimento. Johanna fissò il padre con insistenza per qualche secondo, sperando di attirare la sua attenzione.

Gli diede un colpo sulla spalla e poi un secondo, più forte, supplicandolo in silenzio di reagire o di darsi per lo meno un contegno. Di guardarla, se non altro. Di dirle addio. Si arrese, non riuscendo a trattenere uno sbuffo infastidito. Si voltò in direzione di Sloane, non sentendosi ancora pronta ad affrontare il pianto di Sawyer. Sua sorella aveva le braccia conserte e lo sguardo fermo, ma i suoi occhi erano umidi di lacrime. Abbracciò Johanna e si aggrappò a lei a punto tale da farle male.Johanna si morse il labbro. Sloane non  l’aveva mai stretta così a lungo: nessuno l’aveva mai fatto. Sua sorella si separò da lei e la squadrò con attenzione. Le sfiorò una guancia con la mano destra, ma non disse nulla.  D’altronde, l’unico a riempire i silenzi in quella famiglia era sempre stato Sawyer. Lui o il tintinnio delle bottiglie che rotolavano a terra quando Grimshaw si accasciava mezzo addormentato sul pavimento.

Johanna si decise finalmente a voltarsi verso il fratello minore. Sawyer si fissava la punta delle scarpe con occhi sbarrati, la mano destra ancora avvolta attorno al suo origami a forma di pino: tremava. Per quanto riuscisse a ricordare, Johanna non l’aveva mai visto così spaventato. Di tanto in tanto l’aveva visto piangere, ma di nascosto, al riparo fra i suoi boschi, mentre il rumore dell’ascia che si abbatteva sul legno copriva i suoi lamenti. E non aveva versato alcuna lacrima, mentre camminavano fianco a fianco verso lo spiazzo dove era stato allestito il palco, nonostante il terrore per la sua prima mietitura fosse evidente dal suo modo di incurvare le spalle, come se cercasse di nascondersi. In quel momento, però, tremava. Strizzò gli occhi e si asciugò le guance umide con un movimento brusco del polso.Johanna gli strinse con forza una spalla, sforzandosi di imprimere in quel gesto le parole di conforto che gli erano rimaste impigliate in gola.

Io non ho paura;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora