Quando Liam apre gli occhi il suo sguardo incontra solo il buio. Oltre la patina di oscurità, il soffitto color crema lo osserva di rimando. Lui sbatte le palpebre. Sono pesanti, impastate dal sonno che gli bagna le folte ciglia scure, legandole tra loro in un viscoso abbraccio.
Non ricorda di essersi addormentato. È confuso, stordito dal torpore, e ha la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante - anche se, ora come ora, non saprebbe dire cosa. Forse sono soltanto i rimasugli di un sogno rimasti attaccati a un lembo della sua coscienza.
Sbuffa. Si passa una mano tra i capelli e si solleva, puntellandosi sui gomiti. Il suo letto è grande, una piazza e mezza di comodità avvolgente, e lui di solito lo invade per intero - braccia e gambe spalancate a formare una X, le lenzuola ammucchiate sul suo corpo in una montagna di stoffa, i cuscini abbandonati di traverso in un angolo. Adesso, invece, ne occupa un solo lato, quello che dà sulla finestra, e il materasso si curva in un lieve pendio proprio accanto alle sue gambe, rivelando la sagoma di un corpo disteso lì di fianco al suo.
Liam sbarra gli occhi. Adesso è sveglio, travolto da una scarica elettrica che mette all'erta anche i suoi sensi atrofizzati: avverte il brusio di un altro respiro, il battito di un secondo cuore che turba il silenzio. C'è qualcun altro, in quella stanza. Liam non ha bisogno di voltarsi per sapere che si tratta di Theo: devono essere crollati dopo la riunione della sera prima, quando Mason e Corey (gli ultimi membri del branco in città, insieme a loro due) se n'erano già andati.
Liam stringe le palpebre, serra la mandibola, piega il collo all'indietro. Mille maledizioni gli si rincorrono sulla punta della lingua, gli formicolano contro il palato, graffiano, minacciano di schiudergli la bocca e strisciare fuori senza il suo consenso. Lui si trattiene. Non vuole svegliarlo.
Non si sente a disagio perché sono da soli, questo ha smesso di turbarlo molto tempo prima. Hanno affrontato la morte, insieme, e insieme l'hanno sconfitta - una, due, dieci volte ancora, combattendo fianco a fianco come se l'avessero fatto da sempre. Hanno trascorso giorni interi l'uno accanto all'altro, a parlare di tutto e di niente, a giocare ai videogiochi, anche a litigare; ma adesso nell'aria c'è qualcosa di diverso, e la notte vibra, mossa da pensieri sfocati.
C'è qualcosa di troppo intimo nel modo in cui la luna li spia dalla finestra: la sua luce pallida dà forma a una realtà di madreperla, e tutto ciò che esiste sorge dalle tenebre come se ne squarciasse il manto. Poi c'è il silenzio, che trasforma anche il suono più lieve in un grido a stento trattenuto.
Liam si volta verso la chimera. Theo dorme disteso su un fianco, una mano infilata sotto al cuscino e l'altra abbandonata contro il ventre. Il suo petto si muove con lentezza, e Liam lo osserva con attenzione, per così tanto tempo che alla fine il movimento diventa parte di lui e sembra quasi dissolversi, tramutarsi in stasi.
Si muove? Respira ancora?
I suoi occhi lo ingannano, ma può ancora contare sulle sue orecchie. Torna a sdraiarsi, senza staccare le pupille dal corpo dell'altro. Lo percorre con lo sguardo, ricercando nella sua espressione rilassata il volto del demone che è stato un tempo: non trova che un ragazzo, quello a cui si è avvicinato negli ultimi mesi, quello a cui deve la vita - e il candore della sua coscienza.
Arrossisce, mentre si sente invadere da qualcosa di simile alla tenerezza.
«Per quanto ancora hai intenzione di guardarmi mentre dormo?», gli chiede Theo, assonnato.
Liam sussulta. Sente il sangue salirgli al viso sotto la spinta della vergogna.
«So di essere un bello spettacolo, ma...»
Liam vorrebbe contraddirlo, provocarlo con un commento sarcastico, e invece si ritrova a stringere le labbra e ad aggrottare le sopracciglia in una smorfia di fastidio. «Che diavolo ci fai ancora qui?»
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Puoi rimanere (Thiam)
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