Mi Aggrappo a Te.

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Premessa. Questa storia è ambientata dopo Il Canto Della Rivolta; Johanna vive con Gale al Distretto 2 da poco più di un anno.Joel è il figlioletto di Gale, avuto da una relazione di breve durata con un’altra donna.



 

Mi aggrappo a te.

La giostra di pensieri e sensi di colpa insistenti ha appena ripreso a girare, quando Gale distoglie lo sguardo dal televisore, sentendosi chiamare dalla stanza adiacente.

“Hawthorne!”
La voce di Johanna attira la sua attenzione, spingendolo a indugiare sul tasto stand-by del telecomando, prima di appoggiare l'oggetto sul tavolo. Gale dà le spalle allo schermo, ai volti esangui dei tributi e allo sguardo vivace del presentatore che ricorda di come siano passati già sette anni dalla fine della rivolta; chiude la porta della cucina e raggiunge il salotto. Lì trova Johanna stravaccata sul divano in una posa tutt’altro che femminile.
“Vieni a controllare che non caschi, altrimenti riprende a frignare” borbotta la donna, indicando con un cenno del capo i movimenti goffi di un bimbetto scalzo. Joel, che da qualche giorno sembra aver deciso di voler cominciare a muovere i primi passi da solo, sta cercando di raggiungere il divano. La donna lo osserva con estrema attenzione, per assicurarsi che non cada all’improvviso, ma sembra piuttosto restia ad avvicinarsi. Gale abbozza un sorrisetto divertito.

“Non morde, sai?” la rassicura, prendendo posto sul divano di fianco a lei. Johanna rotea gli occhi, intrecciando le dita dietro la nuca.

“No, però puzza e strilla come un pazzo quando se la fa sotto” obietta, sollevando le gambe per appoggiarle a quelle di Gale. “E se non morde è solo perché ha ancora pochi denti.”

“Anche tu puzzi e strilli come una pazza quando litighiamo e ti rifiuti di fare la doccia” ribatte lui, posandole le mani sulle cosce. “Però ti vengo vicino lo stesso.”

Johanna inarca un sopracciglio nella sua direzione.

“Non posso fare la doccia con te, quando mi fai incazzare” ribatte, scoccando un’occhiata guardinga al piccolo Joel, nel momento in cui lo sorprende a oscillare in maniera fin troppo traballante. Un secondo dopo Gale è già al suo fianco con le mani tese, pronto a sorreggerlo. “E se non faccio la doccia con te, non faccio proprio la doccia.”

Gale sorride, mettendo momentaneamente da parte i pensieri scomodi che gli arrovellano il cervello ormai da mesi. Forse da anni. Il suo sguardo torna ad incrociare quello del bambino, che gli sta venendo incontro con le mani sollevate e lo sguardo sorpreso, incuriosito da ciò che i suoi piedi lo stanno spingendo a compiere. Nei suoi occhi grigi – grigi come quelli del padre, dei suoi zii, della gente del Giacimento – Gale intravede già la punta di determinazione che non può mancare nello sguardo di un Hawthorne. Joel è ancora piccolo, ma sembra già avvertire il bisogno di farsi strada da solo in tutto, appoggiandosi esclusivamente alle proprie gambe, per quanto siano ancora esili e goffe.

“Coraggio, piccolo” lo incoraggia il padre, con un’espressione insolitamente distesa. Arretra di qualche passo, per lasciare che Joel si metta ulteriormente alla prova. “Ci sei quasi.”

Si appoggia al divano, avvertendo dopo poco la pressione delle braccia di Johanna attorno al suo collo e il corpo della donna premuto contro la sua schiena. Joel muove un paio di passi incerti verso il padre, tendendo le mani in avanti per aggrapparsi alle sue dita. Il suono in sordina delle esplosioni e delle urla che, per via del notiziario, hanno ripreso a tormentare la mente di Gale si seda di colpo, mentre l’uomo segue con lo sguardo i movimenti esitanti del figlio. Joel ha ormai quasi raggiunto le sue mani, quando si blocca all’improvviso, per contemplare ammirato il suo pubblico. Oscilla un po’, congiunge le dita, come se si stesse battendo le mani da solo e tende un braccio verso Johanna, che si lascia scivolare sul pavimento di fianco a Gale. Joel si affretta a muovere gli ultimi due passi, capitombolando proprio all’ultimo. Ride, nel sentirsi afferrare prontamente da due paia di mani diverse: si sente al sicuro, sorretto dalla presa ferma di suo padre e da quella energica di Johanna Mason.

“A quanto pare nemmeno lui mi teme” osserva la donna con un sopracciglio inarcato, appoggiando poi i gomiti al divano. Il mezzo sorriso divertito con cui lo dice assottiglia il fastidio tratteggiato sul suo volto. Si rivolge al bambino, che ha appoggiato le mani sul suo ginocchio, per non cadere. “Non è vero, bellissimo?”

Joel le sorride ed emette un gridolino eccitato, orgoglioso del suo piccolo trionfo. L’espressione di Gale torna a farsi divertita, quando il bambino gattona fino a lui, adagiandogli le mani contro il petto.

“Sei stato bravissimo” mormora infine con dolcezza, posandogli un bacio sui capelli. Gli occhi grigi del piccolo si scontrano con i suoi e il bambino farfuglia qualcosa di incomprensibile, prima di rialzarsi in piedi, ormai rilucente di determinazione.

Vacillando, Joel si aggrappa ai pantaloni di Johanna; Gale, invece, al sorriso di suo figlio.

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