Pensieri su un uomo che era

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Era una torrida serata di fine estate, mia cugina compiva gli anni e la mia famiglia venne invitata alla festa di compleanno. Ci trovammo ad una fiera di paese, mia zia era già pronta al tavolo mentre una figura maschile, lì accanto a lei, si aggiustava il colletto della camicia. Salutata mia zia e quella smorfiosa di mia cugina, quest'uomo si fece avanti e ci strinse calorosamente la mano. A quanto sapevo era il nuovo uscente di mia zia, una cosa piuttosto inaspettata per quel periodo. Lei si trovava nel bel mezzo di una depressione acuta da settimane e vederla sorridere dopo giorni era una gran bella cosa. Forse non lo sapeva, ma quell'uomo giocava un ruolo fondamentale in quel periodo per tenere a galla il morale di quella donna. Ordinati i piatti, nell'attesa parlammo del più e del meno, ma soprattutto di quella nuova figura che si stava facendo avanti come possibile conoscente a lungo termine. Una persona in giacca e cravatta in un'afosa sagra di campagna, era fuori posto come un igloo a Bombay, ma con il lavoro forse il tempo di cambiarsi non era abbastanza quel giorno. Cercava di essere disinvolto e curava le parole con molta attenzione, cercando di distrarci con le sue esperienze lavorative dal suo viso paonazzo causato dal caldo e forse anche dalla birra accanto a lui su quel tavolo appiccicoso. Appena rotto il ghiaccio la cena venne servita e i convenevoli si trasformarono in una chiacchierata come tante, avevo già assimilato quella figura ad una brava persona . Il suo humor era da istituto tecnico, scuola frequentata da me e da lui, anche se in anni diversi. Nel mentre della cena, cercavo di catturare i dettagli del momento: i miei genitori erano giustamente curiosi sul passato di quell'uomo, mio fratello si concentrava sul cibo e si fingeva partecipe con sorrisi complici, mia zia badava a mia cugina e ogni volta che guardava quell'uomo, un timido sorriso le riempiva le labbra. Fu in questo modo che il tempo passò, facendo calare lentamente la sera, quando i raggi solari lasciano spazio ai LED delle lampade. Arrivò la millefoglie per la mia cuginetta, adornata dalla candela e accompagnata dal canto di "tanti auguri", registrato da più telefoni possibili. Divisa la torta, l'uomo ordinò lo spumante, che venne consumato tra una risata e l'altra. Era un tipo a posto, cordiale e disposto a raccontare aggiungendo anche il più imbarazzante dettaglio. Lui come mia zia era divorziato ma con due figlie a carico. Anche se non aveva fratelli o sorelle quel diavolo di mia cugina vale per quattro bimbi irritanti, ma con lui pareva smorzarsi e annacquare tutta quella voglia di essere dispettosa. Consumata quella lauta cena, era ora di fare due passi e i discorsi si abbassarono a semplici chiacchiere ed opinioni sui fatti quotidiani in totale intimità. Fu così che passammo il resto della serata io e "quelli grandi" mentre la mia cuginetta si sfogava sulle giostre e sui trampolini. Ma prima o poi il momento di tornare a casa arriva, e così fu anche quella volta. Cominciò a puntarsi sul fatto che arrivare a casa dei miei nonni era un viaggio piuttosto lungo e conveniva che almeno io e mio fratello dormissimo a casa sua, aggiunse che non sarebbe stato un problema la colazione e il Wi-Fi. Rise di gusto, mostrando sicurezza. I miei insistettero e così per quella volta ci sorbimmo il lungo viaggio per un letto comodo. Prima di partire io e lui ci scambiammo le stesse parole:"Alla prossima, ci vediamo presto!" una frase che si dice tante volte ma a cui ci si pensa poco.

Perché mi punto su quella frase? Perché quell'uomo è un uomo che fu. Ora penserete: "Perché lo chiami così? Un uomo che fu?". Lo ha reso un uomo che fu, un'emorragia cerebrale, poche settimane dopo il nostro incontro.

Diede la notizia a casa mia madre, mentre mi occupavo delle faccende quotidiane. Diede la notizia ed un intenso brivido gelido mi percorse la schiena fino ad arrivarmi alla testa, credevo di sudare freddo. "Perché? Perché lui? Perché adesso?" pensai, mentre si alzavano un turbine sempre più malinconico di immagini e fantasie, di lui che andava a cena dai miei nonni, che passava un pomeriggio in spiaggia, assieme ai miei e a mia zia, con sua figlia. Cose che non accadranno mai e che sapendolo, mi si stringe il petto. Mi aveva dato un'ottima impressione e avrei voluto conoscerlo meglio, perlomeno vederlo una seconda volta. Mi sento in debito, irrimediabilmente in debito: come potevo pensare di incontrare ancora quell'uomo? Gli avevo detto che ci saremmo rivisti, come se fosse stata una promessa. E questa promessa è stata infranta da quando quell'uomo divenne un uomo che fu. Ora mi voglio rivolgere un attimo a te, che non so dove tu sia ora e forse non lo saprò mai. So che non è colpa tua, che non hai deciso la tua sorte e che è stata improvvisa, ma ricordarsi di un "arrivederci" dato con leggerezza che si trasforma in un "addio" è piuttosto infelice da accettare. Magari ti saresti rivelato un buono a nulla, un genio o un semplice uomo di mondo. Il fatto che non potrò saperlo mai più non mi da pace ogni volta che ci penso. Se solo avessi potuto sapere ciò che ti avrebbe reso un uomo che fu e quando, quella sera stessa ti avrei stretto la mano come si fa con chi affronterà un lungo viaggio, guardandolo dritto negli occhi e cercando di memorizzare ogni dettaglio dei tuoi occhi e ogni singola ruga della fronte, per ricordarlo il più possibile in attesa del ritorno. Il problema è che non tornerai mai dal tuo viaggio, partito con inaspettata urgenza a cui nessuno, nemmeno la tua probabile nuova compagna, poteva sottrarti. Spero solo che tu ti sia ricordato, anche prima di diventare un uomo che fu, di me e che io abbia voluto davvero vederti di nuovo. Spero anche che tu ti sia ricordato di me come un ragazzo, forse un lontano riflesso di com'eri tu qualche decina d'anni prima, dei miei occhi verdi e dei miei stupidi problemi con i professori. Ora con un enorme nodo alla gola, ti chiedo scusa per le cose sbagliate che avrei potuto fare e grazie per le cose che mi avresti potuto dire o che mi avresti dato, anche solo un letto dove riposarmi fino all'alba del giorno dopo. Dire straziante è dir poco se solo provo a pensare ad una frase da dedicarti, per finire un testo che non leggerai mai, ma che scrivo per tenerti nella memoria. Allora per concludere ti dirò che forse non è finita, che forse quel "arrivederci" è solo rimandato, a quando avrò molti più anni sulle spalle e quando diventerò anch'io un uomo che fu.

Alla prossima, ci vediamo presto...

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