ERRORI- 2

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Subito lui prende un cuscino e si copre. <<Bussare ti fa schifo?!>> Mi urla. Porca troia, ho sbagliato stanza.

<<Pensavo che questa fosse la mia camera!>> Rispondo con lo stesso tono. Che enorme figura di merda. Mi troverò bene in questa casa, sisi. 

Si porta le mani fra i capelli biondi, facendo un enorme sospiro. <<E tu saresti?>> Mi chiede, calmandosi.

<<Alexandra.>> Rispondo. Mi punisco subito dopo per aver detto il mio nome: adesso che sa come mi chiamo, ma non sa comunque chi sono. E invece mi stupisce.

<<Ah... la figlia di Mark. Mi dispiace che sia morto.>> Molto interessante, devo dire. 

<<Al funerale non c'eri.>> Dico con disprezzo.

<<Non mi piacciono i funerali, sono passato solo quando se ne erano tutti andati.>>  Cambio discorso, detesto parlare di mio padre in questo modo.

<<E tu saresti?>> Gli chiedo. Lo vedo stupito. 

<<Stai scherzando?>> Mi dice. <<Mio padre non ti ha parlato di suo figlio, sul serio?>>  Ah.

Avrei dovuto prestare più attenzione a quello che ti diceva. Evidentemente ho ascoltato solo quando mi parlava di Sam. 

Non mi ricordavo di due figli. Io mi ricordavo di uno.... Lui. Ma ho dato per scontato che il bambino che ricordavo fosse Sam. Che stupida! E' impossibile, Samuel è troppo piccolo, perché non ci ho pensato prima?

<<Il mio nome è Jamie, comunque.>> Jamie. Ricordo quel nome. E ricordo anche quel viso. I lineamenti della mandibola non erano così calcati, ma il colore degli occhi è lo stesso. Anche quello dei capelli, seppur adesso un biondo po' più scuro, è quasi lo stesso.

<<Bene. La mia stanza, allora, quale è?>> Gli chiedo. 

<<Ti ci accompagno.>> Si alza e, davanti a me, si tira su i pantaloni, allacciandoli. Mi giro da un'altra parte, per non guardare. <<So che vorresti guardarmi, puoi farlo.>> Mio dio, che fastidio. 

<<Stai zitto o là sotto non rimarrà niente da essere guardato.>> Strozza una risata. Mi passa vicino, superando me e la porta su cui ero appoggiata. Arriva fino davanti ad una porta, quella davanti la sua stanza, e si ferma. 

<<E dopo tanta fatica, tanti sforzi e tanto sentiero percorso, fu così che i nostri ero->> Il suo tono infantile mi innervosisce molto. Solo io posso parlare in questo modo. Non avevo mai trovato una persona sarcastica come me.

<<Ti ho chiesto di accompagnarmi alla mia stanza, non di mostrarmi il tuo mancato talento da narratore.>> Gli dico, entrando.

<<Ricordati di bussare. Questa volta sei stata fortunata, ti è capitato un bellissimo ragazzo che si stava..>> Ci pensa un attimo e si blocca, cambiando probabilmente involontariamente discorso. <<Ah, giusto. Vado a continuare quello che stavo facendo. Ciao ciao nuova sorellina.>> Mi fa l'occhiolino e torna in camera sua. Che stronzo. Io entro nella mia stanza e provo a dimenticare quello che è appena successo.

Sbuffo e apro la porta della stanza. Già lo odio. Poggio sotto il letto le valigie e mi abbandono sopra le coperte. Non ce la faccio a non pensare a mio padre e sento dentro di me un dolore al petto. Provo in tutti i modi a fermarmi, a portare i pensieri verso un'altra parte. Ma, purtroppo, mio padre è sempre lì presente. 

Inizio a piangere. Una lacrima tira l'altra e la mente mi porta a pensare a tutti  quei pochi momenti felici passati con mia madre e mio padre. Io sulle spalle di mio padre e mia madre che lo teneva per mano. Di quel quadretto felice, adesso, sono rimasta solo io. 

Continuo a piangere e a piangere, fino a quando gli occhi iniziano a bruciare e a chiudersi. La testa mi scoppia ed è così che cado nelle braccia del sonno. 

Vedo mio padre, una cinquantina di metri davanti a me. E' lì, lo vedo. Corro il più veloce possibile e sento il cuore esplodere di gioia, con il battito cardiaco al massimo. Mi fermo quando sono a pochi metri da lui. Se allungassi una mano lo toccherei. Ma non ci arrivo. Non riesco a fare un altro passo in avanti. Non riesco a muovere le braccia. Non riesco a fare niente. Dentro di me mi dimeno il più possibile, ma sono bloccata.

Inizio a piangere. E' lì, davanti a me. E' davanti a me ma non posso toccarlo. Ad un certo punto vedo qualcosa, un essere interamente nero, avvicinarsi a lui. Lo prende per li braccio. Io provo in tutti i modi ad avvicinarmi a lui, ma non posso fare nulla. Lo vedo andare via, strattonato da quella cosa

Continuo a piangere e sento il mio respiro diventare sempre più veloce. Tremo e sento il cuore esplodere. 

Apro gli occhi e vedo una chioma bionda e mi ritrovo al caldo, non più su delle coperte bagnate di lacrime.


My fucking step brother. || Jamie Campbell BowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora