CAMBIAMENTI - 1

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È vero, dovevo aspettarmelo che prima o poi sarebbe successo. Che prima o poi anche lui, come mia madre, se ne sarebbe andato. Ma fa male lo stesso, fa male da morire.

Ti rimane quel vuoto al petto che non sai come colmare, che non sai calmare. E tutte quelle volte che pensi che lui c'è stato... e che non ci sarà più.

Ammetto che mi promisi di non piangere al suo funerale. Ma quando il prete pronunciò il suo nome, non riuscii più a trattenere il bruciore alla gola e scoppiai in un pianto isterico.

Ma purtroppo, quella volta, a quel funerale, non c'era mio padre a stringermi. C'era David, che per me era come uno zio. Quando ero piccola veniva spesso a casa nostra e mi riempiva ogni volta di regali e coccole. Ero, come diceva lui, <<la figlia femmina che non ho mai avuto>>.

Mio padre è cresciuto in un orfanotrofio, quindi né io né lui abbiamo conosciuto i suoi genitori.

Non che io abbia passato tanto tempo con i miei nonni materni. Li ho visti solo al funerale di mia madre.

Quando scoprirono che era rimasta incinta di un ragazzo che loro non accettavano -per aggiunta fuori dal matrimonio- non la definirono più loro figlia.

Adesso sono qui, nella macchina di David, per la prima volta in un silenzio imbarazzante.

Al contrario di me, David parla tantissimo. Ho perso l'attenzione talmente tante volte che avrò sentito si o no una cinquantina di parole.

Quando rincomincia a parlare, però, decido di ascoltare per la prima volta quello che dice. <<ti assicuro che Sam ti piacerà, è un ragazzino forte>>. Forzo un sorriso.

<<Beh, è tuo figlio, deve essere per forza forte.>>

Arriviamo e scendiamo dalla macchina. In realtà, é sceso solo lui. Io sono ancora in macchina, ferma. Sospiro.

Sì, mi piacerà questa nuova casa. Samuel, se non erro, mi è stato descritto come un dodicenne biondo e molto logorroico. Mi ricorda qualcuno. Il padre ripeteva che era simpaticissimo, che <<ti divertirai con loro>>. Anche se, vista la mia poca attenzione, non ho capito cosa intendesse con "loro".

Mi ricordo che quando ero piccola giocavo con un bambino, ma non ricordo come e perché non l'ho più visto quando ho iniziato ad avere una decina di anni.

David apre lo sportello e mi fa alzare. Mi abbraccia subito dopo. Abbiamo qualcosa in comune: condividiamo lo stesso dolore. Io ho perso mio padre, lui il suo migliore amico.

<<So che fa male, che ti senti solo un enorme vuoto al petto, ma sappi che ti voglio bene. Quando vuoi, noi ci siamo. Appena te la senti, entra pure.>> Dice, stringendomi tra le braccia.

Dopo un po' mi stacco e cammino verso la casa davanti a me. Diavolo, non avevo visto quanto è grande.

David apre il cancello, mentre nell'altra mano tiene uno dei bagagli a mano. Entro in casa e trovo subito Anne, sua moglie, ad aspettarmi. Di fianco c'è Sam, sorridente.

Saluto entrambi e mi avvicino a Sam. E' molto educato, come i genitori. Però David aveva ragione, parla tanto. Ad un certo punto, David lo interrompe.

<<vuoi vedere la tua stanza?>> Mi domanda. Sam mi propone di accompagnarmi. Guardo David e capisce il mio bisogno di spazio vitale.

<<Grazie Sam, ma non è necessario.>> Dice, girandosi verso di me. <<Vuoi che ti aiuti a portare i bagagli?>> Rido. Tale padre, tale figlio.

Anne lo fulmina con lo sguardo. <<Poi dici a tuo figlio? Tesoro, la tua stanza è sul secondo piano, sempre dritta, è la terza stanza a sinistra. Se non ti dovesse piacere avvertimi, provvederò a trovarne una più carina.>> Ma quanto cavolo è grande questa casa?

Ringrazio per le informazioni e salgo le scale. Sento Samuel dire qualcosa come <<Adesso inizierà a chiamarvi mamma e papà?>> Un tuffo al cuore, quasi scoppio a piangere sulle scale. David ed Anne sono come degli zii per me, ma non rimpiazzeranno mai i miei genitori.

Arrivo alla mia stanza. Prima di aprire la porta esito, dovrò forse bussare? No, è la mia camera. Apro la porta e sbarro gli occhi.

C'è un ragazzo, sul letto. E si sta...

...masturbando.

My fucking step brother. || Jamie Campbell BowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora