Guarda dove vai - Cap 2

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Sensazione di pace, silenzio e serenità. Margheritine e tulipani mi circondano. Un campo colorato si estende in ogni direzione. Come fosse mare, io non ne vedo la fine. Sento il cinguettare degli uccellini, che intonano una melodia familiare. Inspiro profondamente, lascio che l'aria mi riempia i polmoni. Mi stendo supina, chiudo gli occhi e mi sento..."felice!". Pian piano, inizio a sentire freddo alla testa, l'erba umida mi sta bagnando i capelli ed inizio a sentire uno strano odore. Non più profumo di fiori, ma un odore acre che mi stordisce i sensi. Di sottecchi mi accorgo di non avere più lunghi fili d'erba sotto di me. Di scatto mi metto a sedere e mi accorgo del cambiamento. Non sono più circondata da margherite colorate, bensì da erbacce che vanno via via marcendo. Incredula, a quel punto, mi alzo per andare via e, guardandomi indietro, mi accorgo che nel punto in cui ero stesa c'era, adesso, una sagoma rettangolare. Il terreno era stato smosso da poco. Ero stesa su una tomba.

Dicono che un sogno duri circa sette secondi. Secondo Freud, il sogno sarebbe la realizzazione allucinatoria, durante il sonno, di un desiderio inappagato durante la vita diurna. Ne deduco, quindi, di avere un innappagato desiderio di morte. " che novità" sbuffo ironicamente. Il telefono segna due chiamate perse di Elisa. Decido di igorarle, ma il display si illumina di nuovo. Parte la mia infernale suoneria ed io, a questo punto, non ho più scelta. - Buongiorno Principessa! - esordisco con voce roca e grave. - Dal tuo buongiorno alla Benigni, deduco che tu ti sia appena svegliata e che sia di buon umore. Mi fa piacere, ma vorrei ricordarti dell'appuntamento che sono riuscita a procurarti! - Elisa è così, sa sempre cosa gli altri debbano fare e mai cosa, invece, vogliano. Nella totale mancanza di educazione, io ho già smesso di ascoltarla. Tenendo il telefono, col la spalla sinistra, schiacciato all'orecchio, ho già messo su il caffè. - Eva! Mi ascolti? - l'acuto della mia amica mi distrae, impedendomi di scansare lo spigolo del mobile, che inevitabilmente mi colpisce il fianco. - Cazzo! Si, si ti ascolto, sono solo andata a sbattere. - le dico, mentendo spudoratamente. Lei se ne accorge e, infastidita, conclude la telefonata dandomi appuntamento per pranzare insieme. L'odore di caffè riempie, poco a poco la stanza. -Santa bevanda! - esclamo ad alta voce. - Dall'odore sembra venuto bene...- una voce maschile mi coglie totalmente di sorpresa. Per lo spavento mi irrigidisco e mi giro di scatto.    Un ragazzo semi nudo, dall'aria familiare, mi scruta interrogativo. - sei un fascio di nervi. Forse il caffè non è quello che ti serve...- La sua allusione mi stuzzica, seriamente, quando si avvicina per prendere una tazzina dal pensile alto, incastrandomi tra il mobile ed il suo fisico statuario. Da questa privilegiata posizione, istintivamente, inspiro con tutte le forze. Odora ancora del mio letto. - Forse dovresti tornare a casa, o andare a lavoro, o qualsiasi altra cosa, purchè tu vada via. Ho da fare oggi- Pronuncio questa frase guardandolo dritto negli occhi, bocca contro bocca. Mi conosce, sa che nulla mi farebbe cambiare idea. Mi conosce e non se la prende. Mi conosce e mi bacia, quasi teneramente, e mi sorride. - Ti tiri fuori dai giochi sempre troppo presto. Un giorno imparerò anche io a dirti no- Mi bacia sulla fronte e va a rivestirsi. Pochi minuti dopo è fuori da casa mia, ed io mi sento meno tesa. Le persone, in genere, mi fanno un cattivo effetto. Mi rendono nervosa, insofferente e stronza. Ci sono poche eccezioni: il sesso ed Elisa, di tutto il resto io non mi occupo più.   Appena giro l'angolo, vedo Elisa seduta sulla panchina di fronte al locale. Istintivamente le sorrido. Lei mi fa proprio questo effetto, mi fa sentire tranquilla, come se potessi smettere di guardarmi le spalle. Fiducia. Elisa non ha mai fatto nulla che potesse ferirmi. In questi dieci anni l'ho vista più volte mettere se stessa da parte, per aiutarmi o semplicemente rendermi felice. È entrata nella mia vita silenziosamente, e l'ho vista affannarsi per raggiungermi, comprendermi ed amarmi. Lo ha fatto abbattendo i miei muri e la mia diffidenza. Alla fine, mio malgrado, ho ceduto. Credo di non conoscere nessun altro che ami con tanta forza. L'assurdità è che, se lo si chiede a lei, sono io la roccia tra le due. - Eva, se continui così, finirai davvero male. - Mi rimprovera mentre attraversiamo la strada. - Si, lo so, credimi. È che ho dormito pochissimo, stanotte e...- non riesco a finire la frase. -Eva! Ancora Andrea?- mi chiede semi-sconvolta. - Perchè dai per scontato che abbia visto Andrea stanotte?- Fingere di essere offesa mi riesce particolarmente bene, ma con Elisa non c'è storia. Mi guarda con quegli occhi indagatori, li strizza rendendoli due fessure malefiche. Sostengo il suo sguardo, finchè non esplodo in una fragorosa risata.  -Dovresti smettere. È più di un anno che usi Andrea come fosse un antistress. Io non lo conosco, ma credo che dovresti smettere.- canzona lei. - Di fare cosa? - chiedo stizzita. - Di usare le persone, di tanto in tanto, quando la solitudine diventa asfissiante - continua lei. - Elisa, io ho te, basti e avanzi. Credimi. -Le dico regalandole il migliore dei miei sorrisi. Lei si rabbuia velocemente. L'aria inìzia a diventare pesante.

POV ELISA

Con Eva è sempre così, appena le cose diventano pesanti, inizia a mostrare evidenti sintomi di insofferenza. Le sue dita affusolate iniziano a tamburellare, frenetiche, sul tavolo. Sposta lo sguardo prima al tavolo alla nostra destra, poi inizia a cercare la via di fuga, l'uscita d'emergenza. Arriva il cameriere per prendere la nostra ordinazione, interrompendo i miei pensieri, ma non la disperata ricerca di Eva. Ordina distrattamente la prima cosa che le viene proposta, così come faccio io. Quando incrocia il mio sguardo, fisso su di lei, mi sorride sforzandosi, incrociando poi le braccia al petto. Io resto in silenzio, metto insieme le idee cercando le parole giuste per dirle cosa penso. - Ho aspettato Eva, che passasse il senso di colpa, che il dolore si alleviasse, che tu sfogassi la rabbia e la frustrazione... e poi il tempo. Mi ripeto da anni che ci vuole tempo per queste cose, e nel frattempo resto a guardare, ci sono solo quando sei tu a volerlo. - faccio una lunga pausa inspirando profondamente. - Non va così, Eva. - Le dico guardandola tremare per quel fastidioso tic alla gamba. Quando è nervosa, inizia a tremarle la gamba destra, come fossero una serie infinita di spasmi che si susseguono velocemente. Lei non mi risponde, e questo mi infastidisce in un modo assurdo. -Eva, effettivamente, chi se ne fotte! Mi stai di fronte, a braccia conserte, con quello sguardo annoiato, come se stessi dicendo un mare di stronzate. Fai come ti pare. Quando ci arriverai da sola, magari me lo fai sapere.- Sbotto ad alta voce, esagero. In momenti come questi riesco a identificare le fasi che raggiunge il suo cervello, a cui corrisponde un'espressione diversa e inequivocabile. Lieve ma percettibile movimento del sopraccio sinistro; acuto inarcamento di entrambe le sopraccia; Esplosione di un ghigno raccapricciante. Prende un lungo respiro e finalmente mi parla. - credo che andrò via, adesso. Mi pare evidente che tu oggi ti senta particolarmente predisposta per questa sorta di buonismo psicologico. Evitiamo.- Si alza e si avvia all'uscita lasciandomi, assolutamente, sbigottita.

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Esco di corsa, cammino veloce, il fiato corto e  tanti, troppi  pensieri per una testa sola. Elisa non capisce, pensa stupidamente che il tempo sani le ferite. Il tempo è solo un concetto inutile. Se si è felici il tempo corre, se c'è solitudine sembra fermo Una cosa tanto volubile, ed io non voglio dipenderne. La verità è che io non ho bisogno di concetti incostanti. Voglio solo restare in pace, fuori dal mondo, prendendo da esso solo quello che mi serve, quando e se mi serve. Non voglio niente.

Il suono assordante, di un clacson impazzito, mi riporta alla realtà. Un'auto sterza per non prendermi in pieno, ma mi colpisce il braccio con lo specchietto destro. L'urto mi fa perdere l'equilibrio, facendomi cadere. I miei glutei accusano il colpo, e l'auto corre via. - Sei ferita? È tutto a posto?- una voce affannata mi chiede alle spalle. Due mani forti mi afferrano dalle ascelle, mi sollevano di peso. Mi giro, ancora frastornata, ed incontro il suo sguardo. Non c'è preoccupazione in questi occhi, nè apprensione.  Solo l'attesa svogliata di chi, tra l'altro, sembra andare di fretta...

NDA

Salve a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

Ovviamente aspetto le vostre recensioni per sapere cosa ne pensate.

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