Il giorno seguente venni svegliata di buon’ora. La colazione in camera era abbondantissima come al solito e, non appena ebbi finito, mi vestii velocemente per poter scendere nel grande salone del palazzo. Come ogni giorno della settimana, Curcio, il mio insegnante, mi attendeva per la solita lezione. Il lunedì era la giornata di astrologia, la mia materia preferita.
Curcio era davvero appassionato all’insegnamento e alle materie che ogni giorno era impegnato ad espormi. Il suo classico intercalare, alla fine di ogni frase che diceva era “Non lo trovi anche tu bellissimo?”. Bello, bellissimo, meraviglioso, stupendo: tutte parole che ripeteva continuamente, mostrandomi quanto amasse il mestiere che faceva. A me faceva sorridere quel suo entusiasmo, quella sua gioia di vivere e di lavorare. Mi piaceva starlo ad ascoltare ed il suo metodo mi coinvolgeva al massimo. Continuavo a riempirlo di domande e curiosità e rispondermi lo rendeva entusiasta.
Dopo due lunghe ore di lezione a parlare della storia della Stella Polare decise di darmi una pausa per potermi riposare; nel frattempo lui avrebbe cercato fra i suoi libri la risposta ad una domanda che gli avevo posto che lo aveva incuriosito in modo particolare. Mi affacciai alla finestra, per prendere una boccata d’aria. La giornata era bellissima. In giardino Placido, il nostro giardiniere, era occupato a controllare i boccioli di rosa, uno ad uno. Quell’uomo svolgeva ogni giorno il proprio lavoro in maniera minuziosa, e i risultati erano evidenti agli occhi di tutti. Il nostro giardino era, per me, come un paradiso in terra. Fiori profumati ovunque, erba fresca sempre perfetta, farfalle colorate ed uccellini canterini. Il giardiniere notò la mia presenza e mi salutò con una mano. Gli sorrisi e ricambiai il saluto.
Da quella mia postazione riuscivo a scorgere anche la strada oltre il nostro giardino. Notai un ragazzotto che faceva su e giù di fronte alle nostre mura. Sembrava stesse cercando qualcosa, o aspettando qualcuno. Le fattezze mi erano sconosciute, ma, dopotutto, ero anche molto lontana per poterlo scorgere bene. Non gli diedi molta importanza: in fondo il palazzo era un continuo via vai di mercanti e di servitù.
“Allora, Celeste, ricominciamo?” mi chiese Curcio, impaziente di ricominciare. Distogliendo lo sguardo dalla strada annuii e mi posizionai nuovamente al mio posto.
Quando Curcio finalmente chiuse tutti i suoi libri capii che era finalmente arrivata l’ora di pranzo. Come al suo solito mi ringraziò per l’attenzione che avevo mostrato durante la lezione e confermò la sua presenza nel giorno seguente. Anton, il maggiordomo, lo accompagnò fino alla sua carrozza e, affacciata dalla finestra, lo seguii con lo sguardo finché non svanì del tutto dalla mia visuale. Senza prestarci troppa attenzione, lasciai cadere gli occhi nell’angolo della strada dove, poche ore prima, si trovava quello strano ragazzo. Ovviamente non c’era più. “Signorina Celeste, il pranzo è servito” annunciò Anton appena tornò nella stanza. Lasciai la finestra e lo seguii fino in stanza da pranzo.
I miei genitori erano già sistemati ai loro posti, entrambi seduti a capo della lunga tavolata, uno di fronte all’altro. Mi accolsero con un cenno del capo, che ricambiai. Appena mi sedetti iniziarono la loro preghiera di ringraziamento per il pranzo. Li seguii a ruota, pur controvoglia. Anton e altri due camerieri portarono immediatamente le portate in tavola e svanirono in cucina, in attesa che avessimo finito la prima portata.
“Cara, hai sentito le ultime notizie?” pronunciò mio padre, portandosi il tovagliolo alla bocca. “No, caro. Oggi non ho ancora visto le amiche del club, non ho avuto modo di informarmi. Cosa è successo?” chiese mia madre, senza alzare nemmeno lo sguardo. Io, dal canto mio, ero assolutamente disinteressata ai loro discorsi. Se anche avessi avuto un certo interesse sulla faccenda non avrei comunque potuto dire la mia, quindi semplicemente continuavo a mangiare senza prestare troppa attenzione alle loro chiacchiere. “Doña Hermosa di Chauchina è morta: mi hanno detto che si è gettata nel fiume. Fonti certe mi hanno informato che si sia suicidata perché aveva perduto la sua purezza con un forestiero, e tutto a pochi giorni dal suo matrimonio con Don Diego Hortega” continuò mio padre. Dal tono di voce sembrava davvero molto compiaciuto. “E’ davvero vergognoso. I giovani di oggi non sanno più dov’è il pudore. E’ sicuramente colpa dei genitori che non le hanno insegnato i valori della società in cui viviamo. Che vergogna, davvero. Immagino che quei due patiranno le pene dell’inferno, con tutto ciò che dirà loro la gente”. Mia madre sembrava veramente sconvolta dalla notizia. Probabilmente questa sarebbe stata la notizia del giorno, del giorno dopo e del mese intero. Mi venne quasi da ridere alla sua reazione, e mi nascosi dietro al tovagliolo per non essere vista. “Ringraziamo Dio per le nostre infinite doti da genitori che ci hanno permesso di educare in maniera impeccabile nostra figlia. Celeste non sarebbe mai in grado di fare una cosa simile. Ha ereditato tutto il mio buonsenso” continuavano a parlarne come se io non fossi lì. Dalle loro parole sembrava come se io fossi un animale ben ammaestrato a fare il suo dovere. “L’avevo detto io a Don Diego che avrebbe dovuto chiedere la mano a nostra figlia, e non alla figlia di Don Luis” commentò mio padre, infine. Ero sconvolta. Finii in pochi istanti di mangiare e, senza aspettare che Anton mi servisse la seconda portata, mi alzai e mi diressi verso la mia stanza, fingendo un malore improvviso.
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¿Cuàntos dìas empleàis en cada mujer que amàis?
Historical Fiction1544, ultimi anni del regno di Carlo I di Spagna. Don Juan Tenorio si trova nel bel mezzo della sfida contro Don Luis Mejia: chi sarà in grado di conquistare più donne e di uccidere più uomini sarà il vincitore. Doña Celeste è una giovane nobile inn...