Prologo

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Il mio nome è Asaka, Asaka Mukami.
Quando ero piccola venivo spesso presa in giro a causa del mio carattere debole e per il mio strano aspetto.
Nessuno mi si avvicinava se non per buttarmi per terra o tirarmi qualche schiaffo.
Ero sola e soffrivo molto, non avevo amici e nessuno si preoccupava delle mie condizioni, soltanto mia madre.
Lei era una donna bellissima, aveva dei lunghi capelli neri e indossava sempre abiti bianchi, aveva come un ossessione per quel colore.
Aveva un bellissimo nome, si chiamava Morgana.
Dopo essersi separata da mio padre era spesso stressata e confusa, ero molto piccola e non potevo fare nulla per lei se non restarle accanto il più possibile.
L'unica cosa che la faceva rilassare e la tranquillizzava erano le rose bianche che si trovavano nel nostro giardino, avevano un odore buonissimo e spesso le piaceva mettermele tra i capelli.
Essendo figlia unica e non avendo più un padre eravamo sempre molto unite, lo siamo sempre state.
Ci dicevamo tutto, lei era come una sorella maggiore per me.
Col passare degli anni la mia situazione a scuola si era completamente sistemata ed ero riuscita a farmi degli amici.
Quando tutto sembrava andare per il verso giusto però, all'età di dodici anni, iniziai a svenire di continuo.
In quel periodo mia madre si preoccupò tantissimo, non trovava normale il fatto che io mi sentissi sempre così debole e iniziassi a svenire di punto in bianco, così mi portò in ospedale.
Dopo una settimana di controlli e esami del sangue i medici non riuscivano a capire cosa realmente avessi.
Secondo loro non c'era niente di anomalo e i miei svenimenti potevano essere considerati come cali di zuccheri continui.
La dottoressa che mi visitava ogni giorno continuava a ripetere che avevo un sangue particolare e diverso da quello che avevano in corpo gli altri.
Anni fa non sono mai riuscita a capire quella frase, ma dall'anno scorso ripensando a quelle parole compresi tutto quanto.
Dopo aver compiuto i miei 14 anni mia madre si ammalò di una grave malattia e morì qualche mese dopo.
Senza di lei ero disperata, non avevo idea di come poter riuscire a sopravvivere.
Non potendo stare con le domestiche venni affidata a mio padre, lo stesso uomo che era sparito per anni non preoccupandosi minimamente di come potessimo stare io e mia madre.
Ero disgustata da lui, tanto da non volerlo più riconoscere come padre.
Da quel momento lo riconoscevo solo con il nome di Christopher.
Andai a vivere con lui e la sua nuova compagna, ma per me fu come vivere nell'inferno.
In quella casa era un continuo litigare.
Io piangevo in continuazione, non ero praticamente mai insieme a Christopher ed Elena, la loro compagnia mi faceva solamente soffrire.
Questi ultimi anni li passai in camera mia sdraiata sul letto ad ascoltare la mia solita musica.
Era l'unico modo che avevo per rilassarmi e stare tranquilla, senza pensare a nulla e alla gente che avevo intorno.
Vivendo ormai da sola il mio carattere era cambiato, non ero più quella di una volta.
Ero diventata una ragazza forte, ero riuscita ad eliminare tutta la mia timidezza e le mie debolezze, per la prima volta mi sono sentita bene.
Esattamente 14 mesi fa ebbi una crisi.
Vidi mio padre picchiare e tentare di stuprare Elena, quella che ormai era diventata sua compagna e futura moglie.
Mi faceva sempre più schifo e non riuscivo a sopportare il fatto di continuare a vivere lì.
Lui non si era accorto di me che ero dietro di lui ad osservarlo.
Senza pensarci due volte corsi in cucina a prendere una bottiglia di vino per poi colpirlo alla testa.
Elena era terrorizzata e aveva le lacrime agli occhi, mi ringraziò stringendomi in un abbraccio.
Mi sentivo in dovere di aiutarla, probabilmente conoscendo quel verme quella non era stata la prima volta che tentava di stuprarla.
Spesso tornava a casa in piena notte, passava le sue serate a bere, era diventato un alcolizzato.
Di me e di quella povera donna non gliene fregava un cazzo.
È sempre stato un uomo di merda.
Quella sera feci le mie valige e scappai da quell'inferno.
Non avevo altri parenti da cui andare a stare, ero completamente sola.
Camminai all'incirca un ora, fuori era buio e io iniziavo a morire di fame.
Mi fermai nei boschi per mangiare le cose che avevo preso dalla cucina della villa.
D'un tratto sentii dei rumori, sembravano essere degli animali, forse dei lupi.
Ero stata una cretina ad incamminarmi nei boschi in piena notte, ma me ne resi conto troppo tardi.
Pestai un ramo e caddi all'indietro rotolando giù da un dirupo.
Lì persi i sensi.
Quando riaprii gli occhi mi trovavo in una hall.
Intorno a me si trovavano quattro ragazzi.
Era stato uno di loro a salvarmi la vita, il suo nome era Kou.
Avevano tutti un aria strana, ma non riuscivo a capire cosa fosse.
Solo qualche attimo dopo capii che erano dei vampiri.
All'inizio ero spaventata ma col tempo mi abituai all'idea.
Kou diceva che c'era una ragione sul perché mi aveva salvata, diceva che mi trovava carina e che secondo lui il mio sangue lo avrebbe soddisfatto abbastanza.
Attualmente vivo con i fratelli Mukami.
Tra tutti lui è l'unico che beve il mio sangue più degli altri.
Ogni morso che mi danno mi provoca dolore, ma questo non mi importa.
Mi hanno ospitata in casa loro nonostante io non fossi nessuno, mi hanno dato importanza, non me la sento di rifiutarmi per un po' di sangue.
Sono stata male e ho sofferto troppo spesso in passato, in confronto i loro canini non mi provocano alcun dolore.
Le prime volte mi trattavano come una preda, affondando in continuazione i loro denti sulla mia pelle, ma adesso è diverso.
Dopo il secondo mese sono riuscita a integrarmi completamente nella famiglia.
Ora non vengo più trattata come una preda, ma come una sorella.
Capita raramente che vengano da me a chiedermi di bere il mio sangue, ma quando lo fanno glielo concedo senza farmi problemi.
Una persona normale trovandosi davanti a questa situazione sarebbe già fuggita via in lacrime spaventata, ma io non riesco a farlo.
A loro devo tutto, sono la mia nuova famiglia e non intendo abbandonarli mai.
Le mie mattinate le passo aiutando Yuma a coltivare verdure, lui adora farlo e spesso questa cosa mi fa sorridere.
Tutto questo mi ricorda mia madre, lei sembrava che con le rose ci parlasse, nonostante tutto continua a mancarmi.
Qualche volta Azusa invece mi invita nella sua camera, adora farmi vedere i suoi tesori, passa il suo tempo ad affilarli e spesso gli do una mano.
Anche lui non ha avuto un bel passato, per questo mi sento molto simile a lui e capisco come si sente.
Azusa crede che il dolore fisico sia il piacere più grande, dice che lo fa sentire vivo e crede che dia uno scopo alla sua vita in qualche modo.
A causa della sua infanzia si sente indesiderato e inutile tranne quando soffre.
Molte volte mi chiede di fargli del male, di ferirlo con uno dei suoi tesori.
Una volta mi ha detto "Se non lo fai, allora mi odi" e non avrei mai voluto che lo pensasse, sono stata odiata da troppe persone in passato, almeno dalla mia nuova famiglia ci tengo ad essere accettata e amata.
Ruki invece è l'unico con cui faccio fatica a mantenere in piedi una conversazione che duri più di cinque minuti.
È diverso dai suoi fratelli, fa fatica ad esternare le sue emozioni.
Col tempo ho imparato a conoscerlo, so che anche se non lo da a vedere se mi succedesse qualcosa di grave impazzirebbe.
I Mukami bisogna saperli prendere.
Ho sviluppato un legame diverso con ognuno di loro, mi sono affezionata abbastanza velocemente.
Fortunatamente sanno controllare la loro sete e come ho detto prima sono rare le volte in cui mi chiedono di bere.
Quando si tratta del mio sangue Kou diventa estremamente geloso, dice che deve essere l'unico a potermi mordere.
Con un anno di ritardo Ruki ha deciso di iscrivermi alla loro scuola, l'unica cosa che mi secca è che si tratta di una scuola serale.
Comincerò domani.
Da quello che ho capito c'è solo una regola da rispettare: evitare i Sakamaki.
Ruki non ha aggiunto altro.
Ma una cosa non mi è chiara, chi saranno i Sakamaki?

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