Capitolo 3

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Mi sedetti vicino a un fiume,
sotto un albero, attirando l'attenzione di uno scoiattolo albino bisognoso d'affetto, forse anche nel mondo animale i diversi vengono esclusi.
Gli accarezzai il capo con un dito e sembrò sorridere, con un altro il piccolo pancino bianco e peloso.

All'improvviso scappò, per gli schiamazzi di qualche bambino probabilmente.

Alzai il viso al cielo con l'espressione di chi ha scommesso tutto, si è buttato fidandosi ciecamente ed ha perso, tutto.
Sospirai.
Andavo avanti così, alternando momenti di spensieratezza a pensieri di suicidio.
Mi alzai sicuro di dover trovar qualcosa da fare se non volevo finire affogato in quel fiume, con i piedi legati a qualcosa di più pesante di me.

Seguii il primo pezzo di un sentiero, poi deviai a destra su un piccolo percorso di ciottoli e svoltai a sinistra dove si apriva un prato verde scuro.
Lo tagliai fino a una zona tranquilla, senza gente che faceva jogging o giocava a frisbee oppure oziava allegramente.

Era un bella radura fiorita, con margherite bianche e calendule di tutti i colori, inoltre era protetta da alberi fitti che isolavano la zona dal sentiero principale e da alte siepi.
Il cielo si stava aprendo, dipingendo coi suoi raggi la bellezza di quel posto.

Tra quel paradiso c'era una ragazza, speravo di esser solo in realtà.

Aveva un piccolo tornio in legno tra le gambe, probabilmente di costruzione casalinga, e le mani umide mentre modellava con l'argilla un sottile tronco d'albero con una folta chioma, più larga che alta.

Fui incuriosito dalla scena e mi avvicinai a quella ragazza fuori dall'ordinario, ci guardammo negli occhi.
In un tacito consenso mi sedetti affianco a lei.
La guardai per oltre un'ora in completo silenzio.
Ero ammaliato dai movimenti coi quali riusciva a plasmare una materia così grezza in qualcosa di così reale, come se fosse un piccolo bonsai di ciliegio.

Quando il tornio finalmente si arrestò lei tirò fuori dallo zainetto un astuccio metallico, prese un pennello a punta sottile, una boccetta con della tempera color verde foglia e tinteggiò le foglie della scultura, migliorandola sempre più.

Quando si convinse che non poteva migliorarla ancora, si fermò, la guardò per qualche minuto in varie angolazioni e si sdraiò soddisfatta ai piedi del tornio.
Pensai che fosse un'ottima idea sgranchirmi la schiena sdraiandomi anch'io, finendo uno affianco all'altra.

-"Come ti chiami?" le chiesi.
-"Arya, e tu?"
-"James, molto piacere."
-"Dopo avermi osservata tutto questo tempo dovresti proprio dirmi cosa ne pensi."
-"Beh è strano."
-"È così affascinante la stranezza, non trovi? Cosa ci ammalia più di ciò che non comprendiamo?"
-"Non ci avevo mai pensato.." le risposi a metà tra l'interessato e lo spaventato, "..tu sei strana." aggiunsi istintivamente.
-"Ti ha ammaliato più la scultura o il mio discorso?".
-"Sì assolutamente, sei strana forte".
Ridemmo.
-"Colori sempre solo metà scultura?"
-"Sì, l'occhio superficiale almeno si focalizza sulla parte più bella esteticamente mentre l'occhio più sapiente può cogliere l'opera per ciò che vuole esprimere, senza che si perda su dettagli insignificanti."
-"Ed ecco il perché del colore acceso, domanda strana per scultrici strane: perché dipingi le tue sculture?"
-"Sei un tipetto curioso eh?"
-"Di solito mi importa poco di tutto."
-"Perché?"

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Purtroppo i prossimi capitoli tarderanno ad arrivare, continuerò le pubblicazioni il prima possibile, continuate a seguirmi!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 28, 2018 ⏰

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