7. Kate

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S

ono troppe le cose che non sopporto, e tra queste vi è l'essere interrotta durante la colazione. È il pasto più importante della giornata dopotutto. La mia colazione può decretare l'esito di una mia giornata.

Colazione ricca e abbondante: non ho voglia di prendere a pugni chiunque mi rivolga la parola.

Solo un caffè veloce: la rivincita degli zombie. Ovvero, potrei mangiare cervelli salati conditi con aceto.

A digiuno potrei iniziare a vedere chiunque come una minaccia alla pace del mondo.

La spiegazione credo sia da ricondurre al collegamento diretto che esiste tra il mio cervello e il mio stomaco. La nonna diceva sempre che quando si fa una buona colazione il mondo sembra un posto più bello. Non mi permetteva mai di lasciare casa, al mattino, se non mangiavo almeno quattro dei suoi pancakes. Mi mancano i pancakes della nonna, e mi manca la nonna!

Provo a ignorare il campanello che ha suonato a cinque millimetri tra il mio muffin con uovo in camicia e salsa olandese e le mie labbra, ma il tentativo è vano. L'intruso pigia senza sosta aspettandosi considerazione. Guardo la forchetta con il tuorlo che cola sul piatto, poi la lascio cadere spazientita.

Robert e Yvonne sono andati all'agenzia immobiliare portandosi dietro Sadie, non ricordo che la nonna abbia mai avuto un maggiordomo, perciò sono sola in casa.

Striscio i piedi fino alla porta mormorando uno sproloquio su quanto odi essere interrotta.

«Se è un acquirente che vuole vedere la casa ha proprio sbagliato orario», apro la porta trovandomi davanti un testimone di Geova con i capelli castani spruzzati di grigio sulle tempie, occhi azzurri e un completo firmato. «Abbiamo la nostra religione», chiudo e quello suona di nuovo. «Di quale fine del mondo è venuto a parlarmi? Perché quella del duemiladodici mi hanno detto fosse una bufala», dico poggiata alla porta.

«Buongiorno, sono l'avvocato Alexander Collins. Lei è la signorina Catherine Mars?», le labbra curvate in un sorriso, ma è chiaro che si sta trattiene dal ridere apertamente.

«Come fa a sapere il mio nome?», per sicurezza controllo il nome sulla targhetta del campanello. Vi è riportato solo quello della nonna: Esther Butler.

«Sono l'avvocato di suo nonno», chiarisce.

«Mio nonno?», sono poco impressionata.

«Esatto».

«Mio nonno è morto tredici anni fa, e i genitori di mio...», mi mordo il labbro e prendo un respiro. «I genitori di mio padre vivono in California, e mi creda, non sto loro molto simpatica. Perciò, a meno che nonno Mars non abbia deciso di farmi causa perché sono una pessima nipote, non capisco il motivo della sua visita», snocciolo veloce.

Spock, svegliatosi dal suo letargico sonno, decide che è arrivato il momento di fare il suo dovere di animale domestico così inizia ad abbaiare.

«Il cane mi chiama», annuncio e faccio per chiudere la porta, ma l'avvocato del diavolo la trattiene.

«È stata adottata all'età di cinque anni e sua madre è morta quando ne aveva undici. Quella che lei crede essere sua nonna, non era altri che la tata della sua defunta madre, Serena Waterhouse», mi guarda in volto aspettandosi una reazione.

Perché dovrei avere una reazione invece di restare immobile a fissarlo con la mandibola spalancata, lasciando seccare la lingua. Mi riscuoto sentendo sopraggiungere una paralisi facciale. La nonna mi diceva sempre che se soffia il vento quando fai una smorfia la faccia non ti ritorna più normale. Chissà perché ci credo ancora.

Quanto Dura Per Sempre? - Serie Marshmallow Vol. 1 -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora