Il passo di Alex si confonde con l'agglomerato umido della strada, concitandosi nel precoce buio invernale. Costeggia il cancello di un parco, sfiora un cappotto che gli sfila accanto assorto nel flusso del proprio argine. Espira condensa in un pensiero, rannicchiando più a fondo le mani nelle tasche. Le gambe procedono spedite, quasi con un'efficienza indipendente verso il mondo esterno.Il fremito di un messaggio lo attraversa prima nel suo presagio, dritto in testa. Alex estrae il telefono, conoscendo l'indulgenza della città, del suo inesorabile connettersi isolato, delle bolle sulla sua superficie, senza far torto.
Entro le sei porta qualcosa che non siano gli oreo.
Ride da solo, immaginando come possa sembrare da fuori, quella noce di burro sciolta nel freddo che lascia il suo alone di amido bollente. Quella sera tutto é magico, tutto é nuovo, e non c'è un motivo, tutto è regalato.
Che cos'hai contro gli oreo.
La scenografia di casa sua é una meta, stellata da un anelito purissimo, da un sollievo di desiderio.
Tutto é una concessione dolce, che si materializza piacevole sotto le sue mani. C'è la tv accesa e i termosifoni che friggono.
Alex lascia le chiavi all'ingresso ma ha questa urgenza, di addentrarsi nella visione che lo aspetta, che stasera lo trova troppo fragile, troppo scavato per essere imperfetta.«Quindi?» La voce di Genn lo raggiunge prima che lui possa varcare la cucina, la sua mobilitazione, il tavolo appena pulito con la spugna lucido d'acqua ma ingombro di pacchetti di carta, di tovaglioli sporchi di zucchero. Al centro una grande terrina arancione, il cui contenuto semiliquido Genn rimesta con un lungo cucchiaio di legno. La sua espressione é tragicamente concentrata.
In piedi su uno sgabello al suo fianco, Emmy tiene un uovo nella coppa delle due mani, come se avesse vita.«Papà, senti che è morbido» illustra, deliziato.
«Guarda che é pericoloso lí!» ribatte Alex, senza evitarsi di sorridere riconoscente che ogni tassello combaci anche oggi, specialmente oggi.Leva la giacca, come in una pubblicità della cioccolata calda.
Emmy si è seduto sul bancone, dove Genn l'ha messo. Dà a suo figlio una barretta incartata di blu e argento traslucida, gli parla cospiratorio all'orecchio sottovoce, lo fa scoppiare in una risatina eccitatissima. «Guarda mamma, papà ha detto metti questo» dichiara ad alta voce, porgendo a sua volta la barretta.
Genn sorride a entrambi, scuote la testa.
«Siete tutti matti...»Scarta l'oreo, lo sbriciola per metterlo nell'impasto, tutti i frammenti incastonati come pistacchi nella crema dorata che ne vengono gradualmente inghiottiti.
Mentre Emmy passa le mani dalle uova alla farina, Alex scivola alle spalle di Genn, che ha ripreso a scuotere con il mattarello, coglie il suo bacino in quest'attimo vulnerabile, lo cattura sotto le proprie braccia come se fosse il corpo fremente ed elusivo di un coleottero.«Hai ancora questa maglietta... É del periodo delle audizioni, quasi...»
«Prima delle audizioni, sì... Finchè mi va.» Genn bisbiglia di falsa modestia, abbassa il mento. Alex sposta il naso sul suo collo, in un sentimento riempitivo, completo, assodato.
Per ravvivarlo basta quel poco, un lembo di pudore che spunta a caso, una traccia olfattiva mescolata nel calore del forno arroventato.Forse è questo sposarsi, sapere di avere tutto pronto e non sconvolgerlo mai, a volte per pigrizia, a volte per sopravvivere.
Emmy non li secca, sta sulle sue.
Gli piacciono i genitori, però poi gli piace avere un'aiuola per se stesso, transitoria, di avanscoperta, più silenziosa, dove è sempre come se incontrasse tutto per la prima volta, alla ricerca di se stesso a prescindere dal corso della vita in cui scorre, di qualcosa che sia solo suo, di un pensiero altro, di un margine.
Ha l'ingenuità bianca di un foglio vuoto con una punta di matita mirata contro. Questa limpidezza che non si schiera già dal lato a cui la sensibilità lo destinerebbe, allo stipite della porta.E Alex trova anche lì un loro fantasma, la ritrosia vulnerabile -smitizzata dall'abitudine, dalle chiacchiere, dal logorio delle cose che si sono consumate tentando di lavarsi per l'ennesima volta... Che è rimasta lì come un respiro intrappolato, il sangue l'ha riaffiorata in superficie, tra l'impalcatura fragile delle ossa che hanno assemblato. E Alex percepisce l'importanza di proteggere quel solco scoperto, prima che cerchi di coprirsi da solo, di riempirsi di sabbia.
Forse, se avessero strisciato meglio tra le ombre, a quest'ora avrebbero avuto più fortuna a barcamenarsi tra i cammuffamenti e le rivelazioni, tra i tozzi di viltà e di vergogna. Forse ci sarebbero più persone dalla loro parte... Però è finita, ed è finita con quella fila di dentini piccoli, piccolissimi, come chicchi di riso, e quei capelli, che fanno diventare matti, che non stanno su nè giù, che sono diventati i più belli del mondo da quando non sono più solo di Alex, bensì la minuta fiorescenza di una cute nuova.Il loro dolce all'oreo ha una crosta dura, mezza annerita, è pesante che ci vogliono tre giorni per digerirlo, ed è la migliore sberla di burro e cioccolato che esista. Emmy la spezzetta meticoloso con le dita, Genn gli insegue la bocca con il tovagliolo per pulirla.
«Dì di cosa avevi paura ieri notte, quando sei venuto nel lettone» ordina Genn, «così risolviamo.»
A Emmy il rossore si distingue subito, un'affluenza di imbarazzo fortissimo. «Niente.»
«Non è vero niente! Se non lo dici tu lo dico io.»Lo si vede proprio costernato dal doverlo ammettere, lo sguardo affossato sotto al tavolo. «I mostri del film del cinema...»
«Troppo piccolo per andare al cinema. L'avevo detto» ciangotta Genn.
«Sei venuto nel lettone perchè ti sono venuti in mente?» prosegue Alex, ignorandolo.
«Perchè c'erano dei rumori come se stessero per venire da me» ammette Emmy, che odia mostrarsi così a chi che è così intelligente e forte.
«Non devi avere paura. Sei l'amore di papà tuo e ci pensa lui ai mostri del film, che non entrino in camera tua.»
«E come fai?» brontola, tra l'ammirazione, lo scetticismo e la lagnanza dell'abbandono del lettone.
«Glielo dico» ribatte tranquillamente
Alex, disinvolto. Genn torna alla carica.
«Il volume era troppo alto al cinema. Non era pronto e basta. Secondo me, eh, se la mia opinione conta.»Alex si spazientisce di far finta di nulla. «Secondo te avrebbe anche dovuto fare un anno in più di asilo. Tu te lo terresti nel lettone fino ai trent'anni.»
«Giuro di no» ride Genn, ondeggiando e accostandoglisi un po', «sai che non è vero...»
Alex lo contempla, senza baciarlo. «Sei tante cose adesso, ma sei sempre uno sciocco sblurg. Non diminuisce mai, questa cosa.»
«Bene.»
«Bene.»Emmy raccoglie pezzi di binari di plastica sotto i loro piedi, sorride segreto, di una consapevolezza interrata, che in quel presente lui vive già con qualcosa, una certezza, una premonizione, una lungimiranza, sfatta e comoda come il divano di una cantina per le prove.
Questa è l'ultima parte della mpreg e anche l'ultima storia che pubblicherò.È stato bellissimo avere la possibilità di condividere queste storie con voi, grazie per averle lette, stellinate e seguite!
Un abbraccio
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Falling Down
FanfictionAlex gli prende le spalle e lo fa alzare in piedi, dolcemente. «Io ti amo, ti amo così tanto,» sussurra. «Non ti ho mai amato così tanto.» Mai così tanto in un momento in cui sei così tanto poco amabile, lo sguardo torvo, il cuore chiuso, una crisi...