Lucciole impazzite sulla schiena dell'uomo solitario:
Stasera il fuoco lo scalda.
E.*
Ogni volta che lo incontro m'affligge.
Ha la barba, il barbone, quattro cani sporchi al seguito, stracci e buste logore. Chissà a cosa pensa, chissà con chi parla. Ce l'ha ancora la voce? Le sue corde vocali sono come quelle di una chitarra da accordare? Ma è da scordare un uomo simile? Ha lasciato famiglia e casa, bollette e spese, abitudini. O l 'hanno mandato via?Vive per strada. Canidi i suoi simili. Se ne sta in quelle terre di nessuno, vicino a una casupola abbandonata proprio al centro del paese: il suo rifugio. Fa freddo, molto freddo e ha raccattato cartoni e giornali. Qualcuno li ha usati, qualcuno li ha letti e gettati come cartacce inutili, come materiale buono nemmeno ad esser riciclato. Come lui... Il barbone.
Ha acceso un fuoco ed esso divora e brucia tutto come un leone che affamato, divora la preda. Un fuoco imbizzarrito, arrabbiato che si scuote in una danza da dannati, sbattuti da forti folate.
Il vento lo sferza e fa volare scintille in ogni dove. Fontanelle ardenti, tizzoni che volando, irati, si gettano come una pioggia di lapilli sulla schiena, la sua schiena gobba, inclinata e incrinata dalle sofferenze.
Ho paura.
Se bruciasse anche lui sotto quei fiotti incandescenti? Temo che quella piccola fornace lo risucchi bramosa di assaggiar le sue carni arrostite, ho il terrore che lui si lasci cadere e ceda alla lanterna della pazzia eterna.
E mentre aspetto in auto che Zack esca dal tabaccaio, la fiammata che ha scaraventato tutte quelle lucciole spaventate su un corpo gracile e martoriato, si addomestica in un attimo e tutto l'ardore svanisce velocemente, tanto quanto in fretta è sfociato allargando il suo volume ai bordi della casetta abbandonata.
Eccolo al buio, al gelo, di nuovo. Solo ed esposto agli spilli che il freddo dei cinque gradi sotto zero gli conficca, uno ad uno nelle carni.
Zack mi raggiunge e chiude lo sportello portando una ventata siberiana che sento passare e lasciare un leggero strato di sé sul mio viso. Si strofina le mani infreddolite e mi fissa.
"Che hai?"
Ha già il naso rosso, per mezzo minuto di contatto con l'ambiente al di fuori dell'abitacolo riscaldato. Figuriamoci lui... Guardo nuovamente l'uomo e penso a cosa possa significare vivere così, ghiacciato dal gelo di un clima invernale rigido come non mai e dal mancato focolaio di una famiglia persa.
"Portami via di qui", dico quasi sottovoce.
Mio fratello mi fissa e dai suoi occhi è palese una nota di perplessità, ma non chiede cosa mi sia preso, mette in moto ed evitando di proferir qualsiasi parola, ci allontaniamo.
Presto il barbone sparisce dalla mia vista e forse anche dal mio cuore, almeno fino a quando non lo rivedrò. Mi assale allora il ricordo di mezz'ora prima, nello studio di Richard. Mi viene una strana fitta intercostale al solo rivivere mentalmente quegli istanti. Mi bruciano gli occhi, pizzicano come quando, un tempo, piangevo le mie lacrime come chiunque.
Ingoio il dolore in una bolla d'aria e guardo fuori dal finestrino, mentre le immagini di alberi spogli e pietrificati scorrono veloci per sparire dalla mia visuale. Forse un giorno tutto finirà o forse no, intanto, arrivata a casa cerco di cancellare le impronte digitali di Richard sia dai miei abiti che dalla mia testa.
L'acqua scotta, ma non ne percepisco il calore, so che è così perché riempio l'intero bagno di vapore. Ora, mentre il getto ridisegna le curve del mio corpo, allento la tensione trattenuta e permetto che sia sciacquata via per finire dove deve stare: nelle fogne.
Qual è il grado di dolore che possiamo sopportare? Mi sono ritrovata tante volte a dire 'Non ce la faccio più!', eppure sono ancora qui, sono ancora viva. Un bagno nel fuoco sarebbe purificatore come il forno fusorio di un argentiere che separa il metallo prezioso dalle scorie?
Scivolando lentamente finisco a terra, nel piatto doccia. L'acqua, anch'essa come tante scintille, mi puntella di chiodi che penetrano nelle mie membra e alleviano la sofferenza interna. Chissà se anche l'uomo solitario ha percepito così quelle lucciole incandescenti impazzite... Probabilmente non gli interessava nulla di bruciare o morire. O forse quelle schegge di fuoco gli hanno fatto provare ancora cosa vuol dire esser vivi.
Schizzo fuori dalla doccia e mi asciugo i capelli alla meglio. Mi infilo nuda sotto le lenzuola. Son loro le amanti che adoro di più. Mi accarezzano senza farmi male, mi abbracciano senza chiedere nulla in cambio. Ed è così che alla fine sopraggiunge il sonno, pensando al mio amore stupido riservato a cose inanimate, più che alle persone.
La notte sarà lunga se alle 20:00 sono già a letto, ma ne ho bisogno adesso.
Voglio solo dormire... solo dormire...
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M Y A
Short StoryQuella sera non c'erano stelle, né a puntellare il cielo, né ad accendere la luce che da sempre portavo in me. Il nero, solo il nero assoluto, dentro e fuori. Forse fu proprio quel giorno che iniziai a perderla: l'anima. No, no... Un'anima ce l'ave...