Mark Thompson

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Mark non si poteva definire distrutto dalla notizia della morte di Kathleen. Ne era amareggiato, dispiaciuto, spaventato ma niente poteva distruggerlo più della sua vita stessa.
Una persona esterna avrebbe descritto la sua vita come una condotta di azioni ripetute quotidianamente, ripetitiva e forse un po noiosa ma non devastante. Beh si potrebbe allora dire che quella persona descriverebbe lo strato più accettabile e normale della sua vita. Quello per cui sarebbe stato descritto,ancora, come Mark Thompson, un ragazzo semplice, niente di più di qualsiasi altro ragazzo del mondo.
Sbagliato.
Mark era consapevole di essere di più, molto di più di qualsiasi altro ragazzo al mondo. Purtroppo non ne andava fiero, non poteva, perché era un essere di più negativo. Era a conoscenza della potenza della sua mente, dell'onnipotenza che aveva su di lui, del controllo totale del suo cuore. Ne era spaventato. La sua mente prendeva sempre decisioni fin troppo corrette per un essere umano. Egli non possedeva istinto, coscienza o risentimento. Riusciva a stento a provare le emozioni basilari come felicità (poco frequentemente), tristezza, rabbia. Era una sottospecie di automa, di replicante, come quelli di blade runner. Si sentiva oppresso da dentro, come in un'armatura che a malapena lo faceva respirare. Peccato che l'armatura in questione non lo difendeva ma lo attaccava.
Per questo oltre all'armatura doveva indossare una maschera, si sentiva una metafora umana e questo lo distruggeva ancora di più.
Ma aveva sentito la maschera cedere, fare una crepa quando aveva visto il senzatetto morire. Aveva sentito la sua mente riprendere il controllo facendogli provare attrazione per la morte. Mostrandogli il suo obbiettivo, la fine, la morte.
Ogni giorno che passava sentiva la sua maschera cedere e il desiderio di morte salire.
Stava ancora fissando il giornale senza leggerlo quando il ronzio del campanello risuonò nell'entrata del suo appartamento. Sospirò, quasi non dandogli importanza e tornò a fissare il giornale. Al secondo ronzio, si alzò infilando le sue vecchie pantofole ai piedi e avviandosi lentamente e con noncuranza verso la porta. Con un leggero movimento del polso abbassò la maniglia e aprì la porta. Si trovò di fronte un ragazzo obeso, basso e sudaticcio, indossava una maglietta verde troppo piccola che lasciava uscire un rotolo di ciccia. Aveva un'espressione disperata dipinta sulla faccia grassoccia. Egli fu il primo a parlare, chiedendo il permesso di entrare. Senza pensarci, Mark si scansò poggiando la schiena contro la parete e il ragazzo si fece strada nel piccolo appartamento.
Senza chiedere si accomodò sul divano al centro della stanza e si limitò a guardare l'uomo che lo aveva accolto in casa. Rispose alle poche domande che Mark gli pose. Entrambi si comportavano in modo strano, lo sentivano entrambi, ma continuavano a far finta di conoscersi da tempo. Entrambi si sentivano capiti per la prima volta.
Andava bene così.

Alloraa, il capitolo non é finito ma ci ho messo 3 ore per scrivere questa parte perché non ho molta ispirazione oggi per questa storia, ma ho deciso di pubblicarla comunque dato che una ragazza mi ha chiesto di aggiornare :3
Tra poco pubblico il primo capitolo di Learn to Live, se vi va passate a leggerla, mi farebbe molto piacere

Vittoria

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 03, 2018 ⏰

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