;labirinto di nuvole

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Capisco.
Un vocabolo, un intercalare che stroncava con costanza un argomento ed il battito accelerato del mio cuore.
Era doloroso dannazione, sentirsi ripetere quel capisco con tale irruenza e freddezza da farmi scomporre e mozzare il fiato e l'eccitazione.

Ti conobbi durante un'estate fin troppo calda per i miei gusti, una delle più torbide che abbia mai vissuto.
Avevo iniziato ad odiarti, con tutto me stesso volevo respingere ciò che già dal tuo primo sguardo riuscivi a scaturirmi: una forte scossa elettrica sotto pelle riconducibile al cuore che palpitava impazzito, agli occhi che sfarfallavano stranamente gioiosi e il formarsi di un ambiguo bisogno di essere accarezzato.

Eri come il costante sole d'estate, torrido, che si poggiava sull'epidermide e ti baciava con erotismo lasciandoti scottato ed inerme.

Dio, cosa mi provocavi Changbin, tu ed i tuoi sguardi fugaci ed indecifrabili.

Avrei pagato anche miliardi di monete d'oro per sapere cosa diamine passasse per la tua mente, se io, almeno una volta ci stanziavo.

Mi pensavi Seo Changbin? Perché io lo facevo, ogni santissimo secondo della mia vita.
Stavo bruciando la mia estate, la mia giovinezza perdendomi nel pensiero del mio amore verso di te.
Perverso, distante, spossante.
Analizzavo il tuo corpo come Policreto studiava la natura per il suo canone anatomico.

Si, ti studiavo, ogni tuo comportamento, la tua voce.

Oh, la tua voce.
Per me era melodia pura, un suono così roco e potente che mi frastornava i cinque sensi e mi lasciava sbigottito, senza fiato.

Era estate e nella tua voce si percepivano i rimasugli di un thè freddo bevuto a bordo piscina, o forse un lecca-lecca alla fragola e vaniglia gustato sotto l'ombra di un cipresso folto di foglie verdastre.

"Felix, cosa fai?".

Perdo tempo ad amarti alla follia, avrei voluto rispondere.

"Guardo il mare", rispondevo distaccato, svogliato.

Chissà se hai mai notato quanto cercassi di trattenere il rossore sulle mie guance, o come coprivo i miei occhi con degli occhiali da sole per non lasciar trasparire la mia lussuria, il mio desiderio di poter usufruire delle tue labbra, della tua pelle, del tuo dannatissimo fiato sul mio collo e della tua voce che mi sussurrava frasi d'amore e piccanti nelle orecchie.

"Capisco".

Il solito.
Lo stomachevole e somigliante capisco.
Era routine, spiazzarmi con le tue parole fredde contrastanti con il caldo che mi prosciugava le forze.

YOUTH - changlixDove le storie prendono vita. Scoprilo ora