Prologo

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Anno 50xx, Centro di ricerca avanzato. Studio dei Mezzo sangue..

-Signore il paziente t è sveglio. Pressione e battito regolare, nessun effetto collaterale..-
-Procedete con la conferenza..-
-Andiamo subito!-

Mi sono sempre sentito spento, vuoto. Come se non fossi in grado di muovermi. Però li vedevo, i bei prati verdi circondati da immense foreste e ricoperti da bellissimi fiori color lavanda; il cielo di un azzurro brillante e le nuvole che sembravano zucchero filato. Ero li fermo, come ogni giorno, a guardare altri come me azzuffarsi a vicenda. Fino a quando non aprì gli occhi..

-Signor Aiden.. signor Aiden..- Una voce interruppe i miei pensieri. Mi trovavo in una stanza bianca circondata da finestre trasparenti. Una giovane donna mi si sedeva davanti su una sedia molto futuristica.
-Si.. si.. ecco. Mi scusi.- Risposi quasi scocciato dal sentire quelle parole come se fossero familiari.
-Per oggi è tutto. Può tornare nel dormitorio. Domani parleremo di Alexander, si prepari..- La ragazza uscì dalla piccola stanzetta lasciandomi in testa quelle ultime parole.
Alexander, secondo loro, è un personaggio fittizio nella mia testa che ho creato per non sentirmi solo da quando era piccolo. Una sorta di amico che mi aiutava a sconfiggere mostri con archi e spade. Inizialmente credevo a questa storia: una sorta di campo estivo dove i figli degli Dei vivevano, proteggendolo sia dai mostri che da loro stessi. Si, avete capito bene. Dei! Ci siamo intesi: Poseidone, Zeus, Ade.
Mi alzai dalla sedia dirigendomi verso il dormitorio; un'enorme sala dove si affacciavano diverse stanze. Non so il motivo ma ho sempre reputato la mia stanza migliore delle altre: le pareti erano completamente ricoperte di disegni e poster, in più era l'unica stanza ad avere la finestra affacciata ad oriente e per questo mi era facile alzarmi la mattina e non dover finire nella stanza buia. Ironico no? Una delle punizioni di questo posto è essere chiusi in una stanza buia per 4 ore. L'unico problema è che le persone, qui dentro, se le farebbero volentieri altre 4 ore di dormita.
Mi buttai sul letto chiudendo gli occhi per 15 minuti fino al momento del test giornaliero. Si, in questo posto, si divertono a farci fare stupidi, e difficili, test per valutarci. Per quanto ne so, secondo loro, siamo speciali. E in parte sono d'accordo; se per "speciali" intendono ragazzi che non hanno ne un padre e ne una madre rinchiusi in un manicomio.
Mi alzai molto lentamente per poi andare a bussare alle altre stanze.
-Sveglia minchioni, non vi paro il culo un'altra volta.- Per quanto odiassi questo posto, non mi piaceva lavorare da solo ed è per questo che mi sono candidato come "Sveglia umana".
Arrivai primo nella sala dei test e piano piano la stanza iniziò a riempirsi, eravamo circa una quindicina di ragazzi, probabilmente tutti con un qualche disturbo comune. Non parlavamo mai del "motivo", per cui siamo sotto terapia, con gli altri pazienti. Ci metteva a disagio.
La Dottoressa iniziò a parlare:
-Questo test è molto semplice. Abbiamo stipulato un Identikit dei vostri "Amici Immaginari" dalle vostre descrizioni. Per superare la Sindrome di Peter Pan vi basterà semplicemente distruggere questi androidi dalle sembianze simili ai vostri amici.- Una volta concluso la Dottoressa uscì dalla sala lasciandoci soli, con gli umani di metallo.
Si sentì inizialmente un brusio, poi gli Androidi fecero il primo passo avvicinandosi con aria amichevole ai rispettivi "amici". La mossa sbagliata la facemmo noi. Io solo ero rimasto fermo a fissare l'androide mentre tutti gli altri ragazzi si erano accaniti sugli umani di metallo distruggendoli in mille pezzi. In quel momento mi passò in mente un ricordo, un pensiero o una visione. Non riuscivo a capire cosa fosse. Raffigurava una guerra. Possiamo dire; divisa in due fazioni: Gli uomini con armi da fuoco e quelli con armi medievali. Alexander, la persona che mi ero immaginato, accanto a me, su una collina. Io tenevo un arco nero e una faretra, mentre Alex teneva una spada. C'era anche da dire che gli outfit non erano proprio adatti allo scenario. Io indossavo una giacca verde con sotto una camicia a righe, bianca e rosa, sopra un paio di Jeans.
Alexander invece indossava qualcosa di molto più simile ad un'armatura da battaglia.
Lui si lanciò nella mischia iniziando a uccidere più persone con armi da fuoco. Io ero rimasto sulla collina, a scoccare le mie frecce in tutta tranquillità.

L'allarme del manicomio suonò; un ragazzo dai capelli neri e un'armatura pesante correva verso la nostra sala. Era seguito da un pinguino che si muoveva in modo buffo e due ragazzi che non avevo mai visto.
I vetri si frantumarono all'impatto del ragazzo lasciando libertà di scappare a tutti, io guardavo il ragazzo come se lo avessi già visto, come se lo ricordassi.
-Aiden. Aiden scappiamo.- Il ragazzo mi prese per il braccio e iniziò a correre. Solo in quel momento notai che le guardie di sicurezza ci stavano inseguendo tutte armate.
-Santa Chione quanto sei lento..- Dopo questa frase mi sentii sollevare finendo in spalla al ragazzo dai capelli neri. Tutto sembrava rallentarsi, tutto sembrava fermarsi. Poi il buio..


Camp Half-Blood ~Le cronache di Aiden~Where stories live. Discover now