Traccia 1

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A volte si arriva ad un momento di sovraccarico in cui ci si sente soffocati da quell'aria che dovrebbe farci respirare, ci si sente affondare in un abisso profondo. Quel momento in cui vedi le tue sicurezze alla deriva, spiaggiate insieme ai tuoi sogni di bambina, quello è il momento in cui bisogna decidere. Decidere non è mai, mai, una cosa semplice: la tensione riscalda il sangue ed un groppo d'ansia si stanzia alla bocca dello stomaco.
Nella nostra vita ci siamo sempre ritrovati davanti ad una scelta, e nonostante possa o meno essere piacevole (come scegliere tra il ristorante cinese o quello messicano) ci sono spesso decisioni su cui bisogna versare qualche pianto; non è facile, è semplicemente inevitabile.
Oggi sono qui per parlarvi di una mia scelta fatta dopo insopportabile dolore e lacerante rimorso. Di cosa sto parlando? Del "male minore".
Se cercassimo su internet la definizione di questa espressione troveremmo: "soluzione per nulla soddisfacente che si sceglie di attuare perché presenta i riscontri meno negativi". Avete capito, no? Non ti viene in tasca nulla di buono in ogni caso, però con il "male minore" eviti un cataclisma.
Il mio male minore, la decisione per nulla soddisfacente che ho dovuto prendere, è stata quella di amarmi. Sembra sarcastico, e dirlo in questo modo suona per giunta confuso, ma io vi assicuro che il mio male minore è amare me stessa.
Amare sé stessi non è scontato, eppure io ho scelto di farlo. Ho scelto di amarmi quando sono arrogante e dovrei imparare a migliorarmi, ho scelto di amarmi anche se spesso dico le cose sbagliate, ho scelto di amarmi nonostante a volte faccia molti casini, ho scelto di amarmi quando l'immagine che si riflette allo specchio non ha nulla di ciò che vorrei, quando le mie cosce sono troppo grasse, la mia vita troppo larga, ed il mio seno non è nel sogno erotico di nessuno. Ho scelto di amarmi quando nessun altro lo fa, quando sembra difficile farlo anche a me.
Questo però non sembra il male minore, affatto; sembra più un bene maggiore, potreste pensare. Ebbene, vi racconterò una storia.
Ci sono due ragazzi, legati da un affetto incredibile, un'unione apparentemente indistruttibile, addirittura intimidatoria verso gli altri da quanto vasta. Vi avviso, non è una storia a lieto fine; ma non è stata colpa loro, si volevano bene, erano semplicemente troppo incompatibili.
Lui amava in silenzio, non lo diceva mai e lo dimostrava raramente. Lei invece amava in modo maestoso, avrebbe fatto di tutto per la felicità del ragazzo, anche rinunciare a sé stessa. Quel ragazzo si nutriva delle continue attenzioni di quella ragazza, perché lei per lui c'era, c'era sempre. E la ragazza sapeva che sarebbe andata così, lo sapeva così tanto che aveva smesso di chiedere attenzioni, aveva smesso di pretendere amore, perché sapeva bene che lui non avrebbe potuto offrirgliene; eppure continuava ad esserci per lui, perché nonostante lui non dimostrasse mai quanto ci tenesse alla ragazza, ella sapeva bene che senza lei lui sarebbe rimasto solo. La faceva sentire importante. Il solo fatto di avere la concessione di amarlo per lei era più di qualsiasi cosa le servisse, e lo amava sì, ma non in modo convenzionale.
L'aveva amato un po' come il sole ama la terra: prova sempre a darle luce e a farla sentire al sicuro. Così la terra si perse attorno a distrazioni, (come la luna e l'universo), e mai dette particolare importanza al sole; solo in quel momento i suoi mari entrarono in tempesta e le sue terre si scossero.
Insomma, mise lui sempre al primo posto. E non vi dico il suo dolore nel vedere che la cosa non era ricambiata: lui non la metteva al primo posto, né al secondo né al terzo e neanche al quarto. E questo prescindeva dall'affetto che le riservava.
Passarono i mesi, ed il ragazzo si abituò alle continue attenzioni della ragazza. Ormai lei era una costante dovuta, una sicurezza che c'era aldilà di cosa lui facesse o non facesse per averla. Ed è qui che la ragazza si ribella. E' stancante esserci sempre per una persona e nel momento del bisogno ritrovarsi da sola, ve lo assicuro. La cosa che più la faceva arrabbiare era che lui l'amava davvero, e su questo signori non ci sono mai stati dubbi. Talmente ubriaco d'attenzioni da dimenticarsi che alcune cose le meriti, altre ti vengo donate. Ma tanto egoismo regnava in lui quanto è stata la possibilità di perderle. Come una sbronza al sabato sera, che ti senti potente, ma alla fine non sei niente. Lei avrebbe voluto averlo, ma ebbe solo se stessa, rendendosi l'unica forza della sua vita.
Ormai è inutile nasconderlo, sappiamo tutti a chi mi riferisco quando parlo della ragazza. Presente all'appello, la prima della fila tra le anime un po' perse e spaesate.
Quindi io mi riferisco a te, te che non leggerai mai questo testo, te che vorrei sapere dove sei, con chi, e sei stai bene; ma non posso farlo. Ho bisogno di dirti una cosa, e magari per una volta concederai al tuo cuore di farti provare qualcosa.
Mi hai colpito con così tanta potenza che ancora lo sento nelle ossa il tuo abbandono, e m'ubriaco di attenzioni altrui, che con te non c'entrano nulla. Sputo fumo tanto denso quanto la tua mancanza, e la sera lascio sempre un cuscino libero, aspettando solo che tu ci vada a posare la testa.
Ridicola, mi dicono. Pare inutile ai loro occhi questa lotta contro me stessa, questa logorante speranza che tu tornerai che fa a pugni con la certezza che ormai è tutto finito.
Sapevi benissimo cosa avresti causato al mio povero cuore trattandolo in questo modo, ma egoismo e presunzione pungono, m'accoltello più io senza te che il ricordo della tua presenza. Ridicola, mi dicono. Quale follia avrò mai compiuto per farmi dare della pazza?  Innamorarsi è così malato? Io sono un po' malata di te, perché cresce dentro di me il tuo pensiero e mi lacera ogni giorno. Innamorata, altro che ridicola. Loro non possono capire.
T'amo fino alla morte, fino alla vita, fino ai margini di ciò che è reale, fino al confine che separa il possibile dalla leggenda. Ti amo fino a lacerarmi le labbra, t'avrei guardato fino ad essermi sgretolata gli occhi, finché non mi si fosse spento il cuore. Ti ho desiderato come nessuno ha mai desiderato qualcuno, così tanto che neanche Manzoni avrebbe potuto scriverlo, così tanto che nessun poema riuscirebbe mai a racchiuderlo. T'ho avuto e sono riuscita a toccare il cielo. Ora che non ci sei più continuo ad amarti. A volerti più di quanto una Lucia abbia desiderato il suo Renzo. Ma devo iniziare a pensare a me stessa.
Vi racconto come finisce la storia, siccome l'ho lasciata in sospeso. La ragazza mise un punto alla loro relazione. Solo il destino sa se dopo quel punto si andrà a capo o se è proprio finito il libro, se è tutto da buttare in un angolo sporco e da rileggere ogni tre o quattro anni, se ci sono da bruciare la pagine o da lasciare aperto per un nuovo capitolo. Questo probabilmente nessuno lo saprà finché non avverrà.
Ebbene, ecco il mio male minore. Io ho scelto di smettere di amare lui, per iniziare ad amare me stessa. E fa male da morire signori, brucia al petto, ti blocca il respiro.
Ma è una decisione che occorre prendere, ed io ho deciso.

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