Spero che apprezziate questa one shot,è la prima che scrivo e non sono molto brava,ma mi farebbe piacere sapere che ne pensate :) Detto questo, buona lettura!
Buio. Puzza. Mormorii. Grida di bambini. E' l'inferno.
Non so dove ci stiano portando, alcuni dicono in un posto adatto a noi ebrei, altri in una fossa dove i tedeschi ci avrebbero bruciati vivi.
Tutti domandano, nessuno risponde.
Noto una madre che abbraccia piangendo la figlia, che avrà avuto si e no due anni e mezzo.
Mi si spezza il cuore a quella scena straziante; non oso immaginare ciò che ci avrebbe aspettati giunti a destinazione.
Siamo in quel vagone da giorni, stipati in cinquanta, schiacciati gli uni contro gli altri, una grande torre di Babele, puzza di sudore e freddo.
Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione.
Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi; ma doveva pur corrispondere a un luogo di questa terra.
Sento il treno rallentare, stridere durante la lenta frenata e le porte aprirsi, facendo entrare vento freddo e qualche fiocco di neve.
Venne tutto a un tratto lo scioglimento. La portiera fu aperta cn fragore, il buio echeggiò di ordini stranieri, e di quei barbarici latrati dei tedeschi quando comandano, che sembrano dar voce a una rabbia vecchia di secoli.
-*Schnell! Schnell!- urla un soldato armato di bastone spingendoci tutti verso l'esterno. (*veloce)
Inspiro profondamente e mi mischio con la folla: siamo appena arrivati ad Auschwitz.
Davanti a noi un grande cancello di ferro, vivamente illuminato, e una scritta incisa su di esso: Arbeit Macht Frei, il lavoro rende liberi, sussurra chi comprende il tedesco.
-E ora?- sussurra una donna dietro di me.
Cinque mesi, tre giorni e otto ore
Sono qui ad Auschwitz da ormai cinque mesi, ma sembra l'eternità. In questo periodo ho imparato che sono solo un numero, 542807, un Haftling, che non sono più capace di sognare e che ho perso la mia libertà.
Adesso faccio anche fatica a ricordare il mio nome, un tempo credo che mi chiamassero Leigh-Anne, anche se il mio vero nome ebreo è Leah. Fino al 1938 vivevo nel ghetto ebraico di Varsavia, andavo all'università e avevo bellissimi ricci neri.
Ora sono 542807, una novellina del campo e la mia cuccetta è la numero 46.
Almeno per adesso.
Spesso veniamo spostati in altri Block, costretti a perdere quel briciolo di amicizia che avevamo stretto coi nostri vicini e scaraventati in mezzo ad altre centinaia di volti sciupati, scarni e grigi.
Ognuno il riflesso dell'altro.
Non so dove siano mia madre e mia nonna, ma non le vedo dalla sera (o notte?) dell'arrivo, e mi mancano terribilmente.
Mi riconosceranno?
Sette mesi. nove giorni e quattro ore
Ieri mi hanno picchiato e tolto la razione giornaliera di pane solo perchè ho fatto una pausa durante il lavoro. E ora cosa farei per poter assaporare anche un po' di crosta indurita!
La zuppa distribuita di sera è un intruglio di acqua, e qualche altro liquido non commestibile, e non soddisfa la fame e la sete, e costringe ad andare al secchio almeno tre volte a notte.
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Imagine there's no heaven || little mix
FanficLeigh-Anne non comprendeva quella lingua così rabbiosa, ma sorrise quando Perrie pronunciò il suo numero. Era bellissima. Cercò di memorizzare il suo volto: quanto tempo avrebbe resistito in quell'inferno? --- iamnamelessvale 2013©